Non è certo che il marchese Massimo d’Azeglio abbia effettivamente pronunciato la famosa frase: “Fatta l’Italia, ora bisogna fare gli Italiani”, ma a noi piace pensarlo e parafrasando, oggi ci verrebbe da dire: “Fatto il vino italiano oggi bisogna fare gli imprenditori e i manager”.
Imprenditori, ma anche enologi, agronomi che sono stati bravissimi, in particolare dallo scandalo del metanolo in poi, a costruire un’identità vitienologica credibile al nostro sistema produttivo.
Eppure oggi, estremizzando ovviamente, ci troviamo con un ottimo prodotto in mano ma con una effettiva difficoltà a valorizzarlo (venderlo) in maniera adeguata sia sul mercato domestico che su quelli internazionali.
Quali sono le principali ragioni di queste difficoltà? Noi proviamo ad indicarne qualcuna senza, come sempre, la pretesa di avere il cosiddetto verbo incarnato.
La prima che ci permettiamo di evidenziare è la cronica difficoltà di accettare che il mondo è realmente cambiato e che l’impostazione attuale di molte imprese del vino italiano non è adeguata a tali mutazioni.
Su questo aspetto sono emerse, anche molte evidenze in numerose ricerche ed analisi ma, purtroppo, sono rimaste in gran parte inascoltate.
A tal proposito, ci viene in mente, visto che ci abbiamo partecipato direttamente, una ricerca svolta tra il 2008 e il 2009 in collaborazione tra L’Informatore Agrario (testata storica agricola italiana) e Vinitaly-VeronaFiere e condotta dal Centro per la formazione in economia e politica dello sviluppo rurale di Portici (Napoli), allora coordinato dal prof. Eugenio Pomarici, uno dei migliori economisti del vino italiani. La ricerca, condotta con il metodo Policy Delphi (attraverso una lunga serie di interviste ad un panel autorevole e rappresentativo di imprenditori del vino italiano e alcuni manager), aveva esplorato le tendenze future del mercato del vino e, al tempo stesso, aveva evidenziato le linee strategiche che il nostro sistema produttivo avrebbe dovuto adottare per rimanere competitivo nel futuro.
L’elemento trasversale che era emerso chiaramente dalle risposte di tutti gli intervistati, nei diversi temi affrontati (dall’internazionalizzazione alla comunicazione, dall’organizzazione aziendale ai rapporti con le istituzioni, ecc.) era la carenza di risorse umane in grado di integrare efficacemente la funzione imprenditoriale e quindi di offrire un supporto adeguato alla commercializzazione dei nostri vini sui mercati.
Oggi, a distanza di circa 8 anni, considerando anche la grave crisi economico-finanziaria che ha contraddistinto drammaticamente questo periodo, questa consapevolezza è oltremodo accresciuta.
Non c’è giorno che qualche imprenditore non ci evidenzi il suo disagio rispetto alla gestione attuale della sua impresa e delle diverse istanze che arrivano dai mercati.
Eppure, dobbiamo anche constatare, che non sempre a tale consapevolezza corrisponda una capacità di reazione adeguata.
Vi è una sorta di “attesa” come se un giorno le cose potessero tornare come prima.
Non solo, e questo ci preoccupa ulteriormente, nonostante una crescente consapevolezza dei limiti imprenditoriali attuali vi è una resistenza incredibile al cambiamento.
Molte, troppe volte parlando con imprenditori, ma anche manager che hanno goduto del positivo ventennio dei mercati del vino (quello dal 1986 al 2006 tanto per intenderci), vi è sì la percezione che le cose sono cambiate ma poi, quando si propongono alternative, cambi di rotta, adeguamenti strutturali le risposte sono troppo spesso di chiusura, di paura.
E non è un caso, che nonostante tutta questa rivoluzione in atto, tuttoggi si continua a registrare crescite negli investimenti tecnico-strutturali (quelli per la produzione) e pochissimi sul fronte risorse umane, analisi, formazione, ricerca.
Per questa ragione, anche nei numerosi percorsi formativi che organizziamo o ai quali partecipiamo come docenti, “spendiamo” una prima parte dei nostri interventi per “destrutturare” una serie di luoghi comuni, di speranze del passato, di impostazioni ormai obsolete.
La resistenza al cambiamento continua ad essere forte ma, fortunatamente, registriamo anche realtà che con coraggio e determinazione si stanno evolvendo, abbattendo paure e pregiudizi.
Dobbiamo enfatizzare maggiormente queste realtà, renderle più visibili al fine di spingere il nostro sistema vitivinicolo a progredire senza paure e a garantirsi un futuro ancora competitivo.