Veloce o lento, lo dice anche una canzone di Tiziano Ferro tra le hits in radio ultimamente.
Ascoltando questo ritornello mi è sorta una domanda:
il mondo del vino è lento o veloce?
Mi spiego meglio. Secondo un recente articolo di E-commerce Monitor, 50 millisecondi, neppure il tempo di un respiro, è il tempo sufficiente a un utente online per dare un giudizio.
Questo significa che in una frazione di secondo molto veloce si gioca la partita del tuo brand. Dunque, la logica conseguenza è che per risultare vincenti si debba definire al meglio la propria immagine e i valori del proprio business perché possano risultate chiari in modo immediato per il consumatore.
Questo ragionamento è certamente indiscutibile, così come sono molto utili i consigli di definire il proprio target in funzione delle strategie comunicative del brand, di definite una brand voice con una personalità specifica, unica e coerente. Tutti concetti che sentiamo ripetere ultimamente con insistenza, anche se ancora non ben applicati dalla maggior parte delle aziende del vino. 

Questa acuta analisi condotta da E-commerce Monitor naturalmente prende in considerazione tutti i settori merceologici in modo onnicomprensivo. Ora ci chiediamo: può questa essere applicato al mondo del vino? Un mondo che sicuramente, così come gli altri settori, non può più evitare le analisi di marketing che coinvolgono anche le neuroscienze, la psicologia comportamentale, ma che presenta delle peculiarità a sé, diverse da qualsiasi altro prodotto.
Ciò che è certo è che i brand del vino stanno percorrendo ancora una strada in salita in fatto di branding, rispetto ad altri settori merceologici come il fashion o l’industria elettronica.
Fino ad oggi, in cui la consapevolezza di certe dinamiche si sta facendo strada, sono stati eretti alti muri tra brand e consumatori.

Ritorniamo quindi all’introduzione. Vi starete chiedendo, cosa c’entra dunque la domanda iniziale: il mondo del vino è veloce o lento? O meglio si adatta a logiche di scelta veloci o lente?
Mi aiuto ricordando un illuminante teoria formulata dallo psicologo Daniel Kahneman, vincitore del Nobel per l’economia nel 2002, che differenzia il Fast Brain rispetto allo Slow Brain.
Mentre il cervello veloce è quella parte che ci consente di prendere decisioni in tempi brevi, formulare giudizi sulla base di pochi elementi, come ad esempio colore e forma della bottiglia, dell’etichetta, icone che ci richiamano o ricordano qualcosa di positivo… Al contrario il cervello lento è la componente più riflessiva, analitica e lenta nel formulare un’opinione.
Il mondo del vino a differenza di altri settori merceologici si trova esattamente a metà tra questi due processi decisionali.
Il nostro intento non è di certo di mettere delle regole, anche perché non c’è nulla di certo, ne tantomeno di duraturo. Proviamo però a definire tre elementi da non farsi sfuggire per provare a definire serie strategie di branding:

1 il consumatore ha una connessione molto fluttuante e poco fedele nei confronti del brand;

2 il mondo del vino si colloca nel crocevia tra le decisioni prese con il Fast Brain e quello comprese e meditate con il Slow Brain. Il vino segue le logiche di settori merceologici standard per quanto riguarda primo impatto e approccio (etichetta emozionale, packaging impattante, colori e icone attrattivi…), ma logiche a sé quando si entra nel profondo di questo prodotto (comprensione di varietà di uva, regione di provenienza, profilo degustato…). Mi spiego meglio: se io devo scegliere una bottiglia di vino piuttosto che un’altra a primo impatto tra gli scaffali di un’enoteca ovviamente il mio cervello seguirà la strada della scelta immediata data da elementi come emozione che mi suscita l’etichetta, packaging accattivante etc. Ma la scelta non si basa solo su questo: sarà determinante anche capire che vino è, da dove proviene, se lo conosco già, o magari anche i consigli dell’enotecario che mi spiega brevemente le caratteristiche gustative del vino… Insomma la decisione sarà la combinazione di questi due approcci decisionali, lento e veloce. 

3 ciò che piace a noi spesso non è ciò che piace al nostro target di consumatori. Dunque la strategia del brand non può prescindere la comprensione del target di riferimento;

Concludendo, capire cosa è veramente il brand risulta essere molto complesso, ma per dirla come l’ha definito Robert Joseph: “a brand is the most valuable piece of real estate in the world, a small part of someone’s brain”. Semplice no?