Sono segnali contrastanti quelli che ci arrivano dagli Usa in questi giorni. Da un lato, infatti, veniamo rassicurati dai dati Nielsen che riportano le vendite di vino nel canale off-premise (gdo) nelle sette settimane trascorse dalla dichiarazione della pandemia da parte dell’Oms l’11 marzo scorso, che evidenziano un aumento del 34% rispetto lo stesso periodo di un anno fa.
Il calo è dettato, in particolare, dalla chiusura del canale horeca e dei punti di vendita aziendali e ha coinvolto, in particolare, la tipologia dei vini da tavola scesa del 7% (42 miliardi di dollari), mentre gli spumanti sono rimasti sostanzialmente invariati (2,1 miliardi di dollari).
Anche le importazioni sono diminuite del 3% registrando in questo periodo 1,6 miliardi di dollari.
Anche questa perdita dei vini domestici è da ascrivere alla chiusura del canale horeca anche negli Usa. Sul fronte gdo, infatti, le vendite dei vini da tavola e degli spumanti statunitensi hanno registrato aumenti del 26% superando il miliardo di dollari nella quattro settimane terminate il 18 aprile scorso.
La premiumizzazione, fortunatamente, sembra stia riuscendo a sopravvivere alla pandemia.
Come era prevedibile le spedizioni Direct-to-consumer (DtC) sono aumentate del 15% ad aprile rispetto a un anno fa, secondo Wines Vines Analytics / Sovos ShipCompliant, per un totale di oltre 372 milioni di dollari. I volumi hanno evidenziato una crescita ancora più rapida, aumentando di un sorprendente 45% a un massimo storico di 943.326 casse. Il prezzo medio però dei vini spediti risultato in calo del 21% rispetto a d un anno fa (32,91 per bottiglia).
Un dato che fa capire bene come anche gli Stati Uniti stiano pagando un prezzo altissimo a causa di questa pandemia che speriamo presto allenti la sua morsa.
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