Grazie al nostro piccolo osservatorio permanente in Canada, e più precisamente a Vancouver, la bella città della British Columbia, stiamo da circa tre anni monitorando anche l’importanza del packaging, dell’etichetta in modo particolare, nelle evoluzioni delle vendite nei liquor store privati.
Il nostro corrispondente Roberto Nicolli collabora con alcuni retailer privati, tra cui il più importante è Everything Wine, una piccola ma prestigiosa rete di wine shop con un assortimento di oltre 4.000 etichette di vini internazionali.
A Roberto abbiamo chiesto, alla luce della sua attività di supporto alle vendite nei negozi di questa catena, quanto incide il packaging nelle scelte dei clienti.
‘Il packaging – spiega Roberto Nicolli – è molto più importante di quanto si possa immaginare e sono molte le realtà produttive che si sono rese conto di questo ma devo ammettere che quelle più in “ritardo” sono quelle italiane’.

Perché le aziende italiane sarebbero più restie ad accettare la sfida di etichette più originali e adatte al mercato canadese?
Penso che il vino in Italia tuttoggi rappresenti qualcosa di “sacro”, dove la tradizione ha ancora un’importanza notevole e non è semplice per molte aziende italiane adattarsi a consumatori che quasi sempre non hanno i nostri riferimenti culturali. Per noi spesso realizzare etichette originali, che non abbiano precisi riferimenti vitivinicoli, territoriali rappresenta una sorta di tradimento all’anima autentica del vino. Ma questo però spesso pregiudica l’appeal di molti vini italiani negli scaffali di molti store canadesi. Affidarsi “solamente” ai riferimenti territoriali e del vitigno non sempre consente alle aziende italiane di poter essere riconosciute sugli scaffali, soprattutto se si tratta di denominazioni meno note o di vitigni poco conosciuti.

Quali i Paesi produttori più innovativi e originali in termini di etichetta?
La Spagna sicuramente si sta distinguendo in questa direzione lanciando linee di prodotti dai packaging decisamente originali, talvolta anche “trasgressivi” che sicuramente rompono le regole classiche dell’immagine del vino. Tutto questo si inserisce, in generale, nella politica aggressiva dei vini spagnoli anche sul fronte dei prezzi. Ma in generale quasi tutti i vini del cosiddetto nuovo mondo, dalla California all’Okanagan, dal Cile all’Argentina sono quelli che più facilmente propongono etichette fuori dall’usuale.

Quali sono i modelli più originali nei quali ti sei imbattuto in questi anni?
Sono moltissimi, dalle etichette “animalier” che vogliono probabilmente attrarre i consumatori di vino appassionati anche di animali, cani e gatti in primis, alle etichette dedicate alla psicanalisi con precisi riferimenti a Freud. Ma anche, più recentemente, ad etichette dove sono immortalati i volti dei produttori o di collaboratori dell’azienda, ovviamente anche questa spagnola.

Quali i consigli che dai su questo fronte ai produttori italiani?
Innanzitutto di essere curiosi quando vanno in giro per il mondo e di entrare anche nei wine shop per capire quali sono le tendenze anche in termini di packaging, etichette in primis. Non significa che devono copiare ma devono rendersi conto che i riferimenti culturali in alcuni Paesi sono molto diversi dai nostri. Non devono aver paura che adattare la propria immagine ad alcuni target di riferimento internazionali significa necessariamente perdere la propria identità, la propria reputazione. Non significa nemmeno essere originali a tutti i costi ma sicuramente è importante che vi sia maggiore apertura a valutare possibili adattamenti o modifiche.