Se dovessimo limitarci al mare di comunicazione che in redazione stiamo ricevendo sia dall’ufficio stampa di VeronaFiere sia dalle aziende e Consorzi di tutela potremmo già scrivere un articolo a commento di questa 51a edizione di Vinitaly mettendo in risalto il grande successo della manifestazione e uno spirito di rinnovato ottimismo da parte delle aziende del vino italiano.
Tanto per intenderci i comunicati stampa che ci giungono da VeronaFiere ci parlano già di una nuova edizione di Vinitaly che porterà alla Fiera di Verona 2.000 nuovi buyer internazionali che vanno ad aggiungersi ai 28.000 dello scorso anno provenienti da ben 140 Nazioni. Fissati già 5.000 incontri b2b nelle agende degli operatori esteri selezionati dalle attività di incoming congiunte che vedono collaborare VeronaFiere con l’agenzia Ice (Italian Trade Agency), grazie al Piano straordinario di promozione del Made in Italy promosso da Mise e Mipaaf.
Se a questo aggiungiamo, e credeteci non stiamo esagerando, almeno una trentina di inviti al giorno che da circa due mesi stiamo ricevendo dalle tante aziende e Consorzi di tutela che parteciperanno alla 51° edizione di Vinitaly è indubbio che ci approcciamo alla storica kermesse veronese con grandi aspettative.
Non sentivamo quest’aria così euforica da quasi un decennio e questo ottimismo ci riporta a metà degli anni 2000 durante i quali a Vinitaly si celebrava lo straordinario successo del vino italiano e la crescita dei fatturati di gran parte delle nostre imprese.
Sembrava che questa ascesa non potesse mai arrestarsi fino al 2008/2009 quando la più grande crisi finanziaria dell’era moderna portò inevitabilmente anche il nostro settore vitivinicolo a vedere ridimensionato il suo sviluppo.
Pur non dando mai dati esaustivi, non è nella natura del vino italiano l’essere trasparenti sugli aspetti economico-finanziari, sono state molte le aziende vitivinicole italiane, dalla più grandi alle più piccole, che in questi ultimi anni ci hanno raccontato di un mercato molto più difficile, con una concorrenza internazionale molto più agguerrita e con un export sostanzialmente nelle mani di poche denominazioni, con il Prosecco in prima fila.
Oggi, se dovessimo limitarci ad un’analisi superficiale, frutto di questa euforia pre-Vinitaly, dovremmo parlare di crisi assolutamente superata, di grande desiderio delle aziende e delle denominazioni, anche quelle meno note, di mettersi in mostra e, soprattutto, di investimenti economici importanti sul fronte della comunicazione. Sono addirittura ritornate molte iniziative nel cosiddetto “fuorisalone”, con tutte le location per eventi (dalle Ville Venete ai ristoranti) della provincia di Verona totalmente prenotati già da inizio anno.
Impossibile, almeno dal nostro osservatorio, dare una spiegazione precisa a tutto ciò ma noi ci proviamo lo stesso perché ci piace stimolare riflessioni e confronti.
C’è un dato che ci sembra abbastanza condivisibile, a prescindere dall’osservatorio che si ha, e cioè che c’è una gran voglia di essere ottimisti, di recuperare un senso di positività dopo molti anni caratterizzati da più ombre che luci. E sì, perché per quanto si dicesse che il settore vitivinicolo, agroalimentare in generale, avesse subito meno gli effetti della crisi, è indubbio che il suo peso si fosse inevitabilmente fatto sentire anche in molte delle nostre aziende.
Quanto però questo sia da ascrivere più ad un desiderio del nostro sistema vitienologico e meno a reali dati di fatto questo è difficile da dire.
Il nostro lavoro ci porta molto più frequentemente nei territori più in difficoltà, nelle aziende meno strutturate, nelle denominazioni meno note e non possiamo negare che quello che osserviamo non è sempre così entusiasmante.
Sono ancora molte, infatti, le realtà produttive che sono alla ricerca di un posto al sole, per non parlare di quel mare di denominazioni che ricercano una reputazione non solo sui mercati internazionali ma si accontenterebbero di essere popolari anche in casa propria.
Non possiamo poi far finta che anche le ultime vicende legate alle difficoltà di gestione dell’ocm vino in Italia hanno comunque fatto emergere una dipendenza innegabile di molte nostre imprese ai fondi pubblici. Niente di male, per carità, è un diritto sacrosanto e una sana opportunità da cogliere ma ogni tanto ci poniamo la domanda di cosa succederebbe anche al nostro dorato mondo del vino senza i cofinanziamenti comunitari.
Per non parlare, poi, dei “poveri” Consorzi di tutela, quotidianamente oggetto di polemiche ed attacchi, non sempre del tutto giustificati.
Ma se tutto questo, almeno per i quattro giorni veronesi, viene dimenticato, noi non vogliamo apparire i guastafeste ma esortiamo la nostra filiera vitivinicola, per l’ennesima volta, a non aver paura a guardarsi dentro fino in fondo, senza reticenze.
E’ sicuramente meglio farlo con il sorriso in bocca e con la consapevolezza che abbiamo tante potenzialità ancora da esprimere e sfruttare. Ma questo non significa nascondere la testa sotto la sabbia e sperare che finito Vinitaly tutto si trasformerà d’incanto come nel più bel finale di una fiaba.

Vinitaly analisi di un successo preannunciato
I comunicati stampa di VeronaFiere che già parlano di numeri record, la miriade di inviti da parte delle aziende e dei Consorzi di tutela fa già parlare di grande successo dell’imminente 51a edizione di Vinitaly. Ma è tutto oro quel che luccica?