La Eastman Kodak Company è la nota azienda statunitense nata nel 1988 e specializzata nella produzione di pellicole cinematografiche e apparecchiature per immagini e per la stampa.
Il Betamax è stato il primo sistema di videoregistrazione a nastro magnetico prodotto da Sony e pensato per l’uso domestico.
Kodak e Betamax rappresentano perfettamente le amare conseguenze derivanti, rispettivamente, dal non essere capaci di stare al passo con i tempi e dal non saper comunicare bene il proprio prodotto.
Kodak era il marchio di riferimento per la fotografia tradizionale (macchine fotografiche e stampa delle immagini) fino a quando non hanno iniziato a prendere piede le fotocamere digitali. La multinazionale americana non ha valutato l’innovazione della nuova tecnologia digitale e, rifiutandosi di assecondare il cambiamento, ha dichiarato il fallimento il 19 gennaio 2012.
Analogamente, Sony vantava il primo sistema di videoregistrazione ad uso domestico che avrebbe potuto annientare la concorrente VHS in termini di qualità.
Cos’è andato storto? VHS ha creato una furba leva di marketing focalizzata sulla possibilità da parte dei clienti di noleggiare e/o acquistare pellicole grazie alle alleanze strette con alcuni esponenti dell’industria del cinema. Il risultato è stato chiaro a tutti: nel gennaio 2003 Sony ha interrotto la produzione di videoregistratori Betamax.
Cosa accomuna Kodak e Betamax al mondo del vino?
La quota di consumo del vino aumenta tra gli over 55 e diminuisce in tutte le fasce demografiche al di sotto. Il New York Times ha cercato di spiegare il motivo di questo fenomeno in un articolo del 31 gennaio 2023, scritto da Eric Asimov, dal titolo “The American Wine Industry has an old people problem”. L’articolo in questione ha spiegato che “secondo il report della Silicon Valley Bank, i produttori di vino e gli inserzionisti stanno perdendo i giovani consumatori perché rispettivamente falliscono nel produrre vini che rientrino nel loro budget e non riescono a raggiungere le nuove generazioni con campagne di marketing targettizzate”.
Daniel Hooper – co-fondatore e chief creative office presso YesMore Creative, agenzia specializzata nel marketing delle bevande – ha voluto analizzare la questione, spostando il focus sul mercato inglese.
Secondo Hooper, la stessa situazione analizzata dal NYT si riflette anche nel Regno Unito: il report di Wine Intelligence UK – Wine Landscape ha dichiarato che l’unica crescita nella quota di consumo di vino vista nel 2022 è quella relativa alla schiera di boomer sopra i 55 anni d’età, dimostrando come il regolare consumatore di vino nel Regno Unito stia diventando sempre più anziano.
Per quanto in Italia non esista un osservatorio come quello della Silicon Valley Bank o come il Wine Intelligence UK e non si possano quindi elencare, dati alla mano, analisi che testimonino l’aumento del consumo di vino tra le generazioni più anziane, a discapito di quelle più giovani, lo stesso panorama che accomuna Stati Uniti e Gran Bretagna, è simile anche nel Bel Paese.
Il cofondatore di YesMore Creative, però, non è pienamente d’accordo con Eric Asimov quando nell’articolo nel NYT scrive che il calo di consumo tra le generazioni più giovani è spesso riconducibile ad una “distinta mancanza di vini allettanti” oltre che ad un “annullamento delle informazioni nutrizionali” sull’etichetta. Secondo Hooper, il panorama delle bevande alcoliche è molto più complesso oggi rispetto al passato e, per questo, bisogna prestare attenzione alle preferenze dei consumatori e alla comunicazione dei prodotti.
Per esempio, negli ultimi anni è esploso l’interesse verso i vini biologici, e Hooper ritiene che per le aziende sia ora fondamentale assecondare le preferenze di mercato non solo per rimanere competitivi, ma anche per attrarre una clientela più giovane.
A tal proposito, il cofondatore di YesMore parla del brand di prosecco italiano, Corvezzo: l’azienda ha lavorato sette anni per iniziare la produzione di vino organico che ora è diventato il core business ed il DNA del brand.
L’aumento annuale delle vendite di Corvezzo dimostra come la strategia sia stata un successo.
Hooper ha poi sottolineato l’importanza del mondo digitale: “investire nel digital marketing e, più nello specifico, nelle inserzioni dei social media, potrebbe aiutare ad attirare nuovi consumatori e mantenere le relazioni già esistenti con il brand. È necessario creare occasioni pertinenti dove il vino può facilmente trovare un posto nella socializzazione e può mostrare i propri contenuti”.
Non a caso, 19 Crimes ha collaborato con Snoop Dog per sponsorizzare il proprio Cali Red: “19 Crimes è diventato il marchio di vino con la crescita più rapida nel 2022” – continua Hooper – “e questo si è tradotto anche nelle vendite: Cali Red è stato il vino rosso più venduto nel 2022 e ha introdotto il 33% dei nuovi consumatori nella categoria del vino, secondo Wine Industry Advisor”.
Per non essere considerato un prodotto vintage, come succede oggi ai polverosi VHS ed alle macchinette rimaste con rullini mai sviluppati, trarre spunto da esempi aziendali di “altri mondi” è sia una provocazione che una necessità che può permettere ai produttori di differenziare il proprio target e saperlo coinvolgere senza rinunciare all’identità produttiva del proprio brand.