Chiusi i battenti di un’ottima edizione di “Amarone Opera Prima”, andata in onda presso la suggestiva Gran Guardia di Verona, è tempo di bilanci per il re dei vini della Valpolicella.
E sono bilanci ancora decisamente positivi.
È facile – quando si parla di un vino così noto come l’Amarone della Valpolicella – pensare che per vini di questa natura non è complesso raggiungere risultati importanti, rimanere sempre sulla cresta dell’onda.
Che l’Amarone abbia nel suo DNA un gene straordinario del successo non c’è dubbio, ma da sola la “genetica” non giustificherebbe l’evoluzione positiva di questo grande vino italiano.
Ma partiamo dal suo codice genetico che rimane, a mio parere, un requisito chiave del suo straordinario appeal.
Va sempre evidenziato e ricordato, infatti, che l’Amarone della Valpolicella è il rosso più contemporaneo e moderno che la nostra vitivinicoltura può vantare.
In questa direzione, pertanto, ha fatto molto bene il Consorzio di Tutela a puntare al riconoscimento come Patrimonio immateriale dell’Umanità della tecnica di appassimento delle uve per Amarone e Recioto.
I produttori della Valpolicella dovrebbero accendere un cero tutti giorni per chi ha ideato questa straordinaria tecnica ma anche essere grati, in particolare, ad un vitigno come la Corvina che si presta meglio di qualsiasi altra varietà ad essere “appassita”.
Dal mix “Corvina, e altri vitigni ancella come il Corvinone, la Rondinella… e l’appassimento” fuoriesce un vino che non ha eguali al mondo e ovunque (e sottolineo ovunque) tu lo faccia degustare, il risultato è sempre lo stesso: l’amore viscerale per questo vino.
L’ho scritto altre volte: quando sono in giro per il mondo (ma anche in Italia) e voglio “vincere facile” portando un vino che possa piacere al maggior numero di amici, commensali, colleghi, la mia scelta cade sempre sull’Amarone della Valpolicella.
I facili detrattori liquidano questo successo con il solito “bella forza, è un vino ruffiano, che grazie all’appassimento si ammorbidisce, rompe i suoi spigoli, perde l’eccessiva tannicità e via discorrendo”. Come se diventare più piacevolmente bevibile fosse un difetto.
Il fatto è che l’Amarone è come un attore o un personaggio dello spettacolo di successo perché è bello e bravo e tutti lo invidiano.
Io amo l’Amarone e sono felice che faccia parte del patrimonio vitivinicolo italiano; per questo dobbiamo preservarlo come una pietra preziosa.
Altre chiavi del successo dell’Amarone
In questa direzione, ci ha fatto piacere che dall’intervista che abbiamo realizzato con il presidente del Consorzio Tutela Vini Valpolicella, Christian Marchesini, il blocco degli impianti partito nel 2010 (prima parziale e poi totale) abbia consentito uno sviluppo più equilibrato della denominazione. “Grazie a questo blocco e all’effetto delle autorizzazioni e dei diritti di impianto in pancia ai produttori – ci ha sottolineato Marchesini – in questi ultimi 10 anni siamo cresciuti mediamente di 150 ettari all’anno. Il 2022 è il primo anno in cui la curva si è appiattita, quindi abbiamo avuto una rivendicazione di superfici pari a quella del 2021”.
In questa dichiarazione del presidente Marchesini risiede, pertanto, un’altra chiave del successo dell’Amarone che ha potuto godere di un’evoluzione più “guidata” rispetto ad altre denominazioni di successo del nostro Paese.
Non è assolutamente semplice decidere di “frenare”, di “limitare” il successo e quindi, in qualche misura, di accontentarsi. Certo: anche in questo caso, si potrebbe obiettare che, fermandosi ancora prima, si sarebbe potuto conseguire un successo ancora maggiore e, soprattutto, un’ulteriore solidità in termini di prospettiva.
Penso però che quello che si è fatto e si sta facendo in Valpolicella sia un compromesso comunque positivo e i segnali attuali parlano anche di un maggiore equilibrio tra la produzione di Amarone e Ripasso e quella di Valpolicella Superiore e Valpolicella.
Insomma, sembra stia rientrando il rischio di un’eccessiva “amaronizzazione” della Valpolicella e l’avvio del progetto di valorizzazione del Valpolicella Superiore avviato nel 2021 va in questa direzione.
Ma l’Amarone non piace solo all’estero e l’indagine di Wine Monitor Nomisma ha evidenziato anche questo aspetto, sottolineando come vi sia un 29% di italiani – in prevalenza maschi, millennial, dirigenti/imprenditori – che ha bevuto Amarone fuori casa con una spesa media dichiarata di 40 euro (un prezzo che è ritenuto corretto da 7 su 10). Un rapporto, quello tra clienti e Amarone, considerato “privilegiato” nel 51% dei casi.
Amarone: un vino che vince le difficoltà di mercato
In conclusione, ritengo sia importante sottolineare che il successo dell’Amarone della Valpolicella si inserisce in una fase di mercato non certo facile per i vini rossi. Una difficoltà che si manifesta anche in territori storici e di prestigio come Bordeaux, dove ormai è sempre più vicino l’avvio di un processo di estirpazione di circa 20.000 ettari su base volontaria.
L’anima moderna e contemporanea dell’Amarone rappresenta anche uno straordinario apripista per attrarre giovani e nuovi consumatori di vini rossi di alta qualità in Italia e nel mondo.