Si terrà nei giorni 4 e 5 febbraio a Verona l’appuntamento “Amarone Opera Prima”, dedicato al vino più noto ed emblematico della Valpolicella. In previsione di questo evento chiave per il Consorzio Tutela Vini Valpolicella, ho avuto il piacere di intervistare il Presidente Christian Marchesini.

Presidente, alla vigilia di “Amarone Opera Prima”, qual è lo stato di salute della denominazione che Lei rappresenta?

La denominazione funziona molto bene grazie alle scelte lungimiranti del Consorzio nella capacità e nella riuscita della gestione del potenziale produttivo. II blocco degli impianti è partito nel 2010 e si è svolto in due step, prima con un blocco parziale e poi con un blocco totale.

Grazie a questo blocco e all’effetto delle autorizzazioni e dei diritti di impianto in pancia ai produttori, in questi ultimi 10 anni siamo cresciuti mediamente di 150 ettari all’anno. Il 2022 è il primo anno in cui la curva si è appiattita, quindi abbiamo avuto una rivendicazione di superfici pari a quella del 2021.

La superficie totale della denominazione è di 8600 ettari e quest’anno abbiamo raggiunto l’equilibrio, la superficie ora è stabile.

Abbiamo gestito sia le rese totali del vigneto Valpolicella che la messa a riposo, le cernite sono state governate in modo oculato per determinare l’equilibrio del sistema e dei vini all’interno della nostra denominazione.

Questo ci ha permesso nelle ultime due vendemmie di avere una aumento medio del 10% dei prezzi delle uve e un aumento anche superiore per quanto riguarda lo sfuso, chiaramente più sull’Amarone rispetto agli altri vini. Questo ci ha permesso di portare a casa nel 2022 una redditività media di circa 24mila euro ad ettaro.

Credo che questa sia una cifra di tutto rispetto, sono poche le denominazioni che possono vantare una PLV (produzione lorda vendibile, ndr) così rilevante. Abbiamo registrato una crescita media del 6% negli ultimi 5 anni e quindi siamo in equilibrio.

I risultati sono estremamente lusinghieri, se le vendite proseguiranno in questa direzione avremo delle difficoltà a sostenere la domanda soprattutto per un prodotto come l’Amarone. Abbiamo consumato le giacenze e questo non è positivo perché l’Amarone merita di essere affinato il più a lungo possibile.

L’Amarone continua a rappresentare un vino di successo a livello internazionale. Se dovesse individuare i possibili rischi per voi quali indicherebbe?

Non vedo grandissimi rischi per un prodotto di nicchia iconico come l’Amarone, perché anche l’incidenza dell’aumento dei prezzi delle materie secche può al massimo incidere del 5%. Per cui non siamo particolarmente preoccupati. Non siamo preoccupati neanche per la distribuzione mondiale perché due terzi viene venduto su mercati importanti che hanno possibilità di spesa come Nord America, Nord Europa ed anche il Sud-est asiatico, in particolare Cina, Giappone, Vietnam, Hong Kong.

Si è spesso affermato che il successo dell’Amarone e del Ripasso in qualche misura abbia limitato lo sviluppo del vino Valpolicella. Alla luce di consumi che oggi sembrano sempre più orientati verso vini più freschi e bevibili, dal tasso alcolico più ridotto, il frangente attuale non potrebbe rivelarsi una grande opportunità per un vino come il Valpolicella?

Sì, il CDA del Consorzio si è orientato in questa direzione con un progetto importante sul Valpolicella Superiore partito nel 2021. Pensiamo che il Valpolicella Superiore possa essere una nuova carta vincente del sistema Valpolicella perché il mercato, come lei giustamente fa notare, chiede anche vini più leggeri e fruttati ed in questa ottica stiamo facendo un lavoro di sensibilizzazione nei confronti delle aziende per avere un prodotto che sia espressione totale del territorio.

Mentre per Amarone, Recioto e Ripasso entra in gioco la tecnica dell’appassimento che va a diluire l’espressione del territorio, ciò non avviene con il Valpolicella Superiore che rappresenta l’espressione totale del territorio.

Il progetto prevede un consesso di operatori ed un panel di degustazione che sceglierà le interpretazioni del Valpolicella Superiore che rappresentino l’espressione più autentica del territorio e che abbiano meno tocco di appassimento. Il panel di degustatori sarà internazionale e avrà la possibilità di degustare 73 espressioni di Valpolicella Superiore, mi sembra una base di partenza importante.

Questo panel selezionerà alcuni prodotti anonimi e verranno presentati a tutti i produttori per cercare di indirizzarli nel presentare sul mercato vini che abbiano quella determinata caratteristica con l’obiettivo di ridurre il più possibile il range di differenziazione tra le varie espressioni.

Cerchiamo di indirizzare il percorso partendo dal basso senza andare a modificare i disciplinari, è importante che siano gli stessi produttori ad essere convinti dell’utilità e dell’efficacia di questo progetto.

Lo possiamo fare con il Valpolicella Superiore perché si tratta di un vino che ha ancora dei numeri ridotti, si parla di circa 4 milioni di bottiglie e quindi abbiamo ancora la capacità di indirizzare i produttori.

Il progetto è partito nel 2021 e dovremmo chiudere gli incontri sul territorio con i produttori entro giugno 2023.

I Consorzi di tutela sono chiamati ormai da tempo ad un compito sempre più complesso che va oltre la tutela e si spinge sempre più verso la promozione e la gestione complessiva del valore della denominazione. Quali sono le difficoltà per garantire al meglio tali responsabilità?

Innanzitutto i fondi OCM e PSR ci danno una mano importante e questa deriva proibizionista di alcuni Paesi potrebbe portare alla riduzione della possibilità di accedere a questi fondi e quindi della capacità di spesa dei Consorzi. Ci muoviamo nell’attività di promozione a livello internazionale solo se abbiamo una contribuzione comunitaria, nazionale o regionale. Quindi questa deriva ci preoccupa nell’ottica di continuare questa attività.

Abbiamo usufruito in pieno del “Decreto Centinaio su OCM vino” che ci ha dato una bella opportunità e ritengo che la preoccupazione relativa ad una minore disponibilità di contributi, andrebbe a ricadere sulle piccole aziende emergenti. È chiaro che le iniziative promozionali come le fiere sono fondamentalmente appannaggio delle piccole aziende che si presentano in questi eventi fieristici in gruppo ed il Consorzio li aiuta per sviluppare la capacità di penetrazione nel mercato. Abbiamo eventi in giro per il mondo per mantenere i mercati consolidati e spingere su quelli emergenti, come il Vietnam.

Come si immagina la denominazione Valpolicella nel prossimo decennio?

Il CDM cercherà di tenere una stabilità produttiva e continueremo nelle nostre iniziative di gestione della qualità del prodotto, abbiamo deciso di aumentare i controlli in vigna per quanto riguarda le rese.

Questi controlli sono partiti con la campagna agraria 2021 e si concluderanno con la campagna agraria 2024, controlleremo l’intera superficie vitata della denominazione, ogni anno il 25% verrà controllato per quanto riguarda le rese. Questo è un modo per garantire evidentemente la qualità del prodotto.

Cercheremo di avere sempre più un rapporto importante con l’alta ristorazione in previsione delle Olimpiadi invernali 2026 che potrebbe garantire una grandissima vetrina per i prodotti della Valpolicella. Saranno presenti i Paesi dei nostri mercati più importanti (Nord Europa e Nord America) con i loro atleti. Ci stiamo muoviamo per far sì che la Valpolicella abbia un risalto importante. Quindi ci muoviamo nella gestione della qualità del prodotto e nella attività di promozione. I produttori dovranno contribuire sempre di più a sviluppare le attività consortili anche a livello finanziario nel prossimo futuro.

Amarone Opera Prima”, l’evento interamente dedicato al prodotto di punta della denominazione Valpolicella, sarà in programma a Verona il prossimo fine settimana. Che valenza ha questa edizione?

Questa è la 19a edizione, incentrata sull’annata 2018, l’evento sarà dedicato alle 64 aziende presenti con i loro vini ma soprattutto parleremo della candidatura al patrimonio immateriale UNESCO della “tecnica della messa a riposo” che è il nostro cavallo di battaglia. Questa candidatura nasce dal basso, con una serie di iniziative partite 10 anni fa.

Grazie alla Regione Veneto abbiamo avuto una accelerazione, il Governatore Zaia ci ha dato la possibilità di avvalerci di collaboratori universitari di altissimo livello per preparare tutta la documentazione per questa candidatura. Anche se è stata coordinata dal Consorzio, è stata la società civile della Valpolicella a partecipare concretamente a questa iniziativa . All’interno di questo comitato ci sono i Cavalieri dello Snodar che sono degli ambasciatori della storia e della cultura della Valpolicella, ci sono Le Strade del Vino, c’è il Palio del Recioto. Abbiamo sostenitori importanti come l’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona, la Fondazione ValpoliBella e l’Università di Verona.

I dati Avepa parlano di una netta crescita dell’incidenza di imprese certificate SQNPI o biologiche nel territorio della denominazione Valpolicella. Quali sono le caratteristiche del percorso intrapreso?

Nel 2010 abbiamo iniziato il progetto RRR “Riduci Risparmia Rispetta”, un progetto di certificazione del territorio e serviva per abbassare la tensione tra i fruitori del territorio cioè tra cittadini e agricoltori. Da lì è nata l’idea di proporre un progetto di rispetto del territorio, della cittadinanza e della vigna. L’evoluzione ha portato alla certificazione e quest’anno abbiamo deciso di far confluire la certificazione RRR nella SQNPI (Sistema di qualità nazionale di produzione integrata, ndr) che ha rilevanza nazionale.

Questo ci ha permesso di coinvolgere molti più produttori e di arrivare alla certificazione del 33% della superficie della denominazione (quasi 3 mila ettari a copertura) di cui 1.200 ettari a conduzione biologica. Questo credo che sia un primato a livello nazionale.

L’operato del Consorzio credo che abbia favorito questo percorso, molte aziende sono partite con la certificazione di sostenibilità per poi passare al biologico. La mia stessa azienda ha fatto questo percorso di evoluzione.

Nell’ultimo decennio c’è stata una notevole crescita della presenza di giovani under-40 nelle aziende che fanno parte del sistema della denominazione. Cosa comporta questo ricambio generazionale?

Secondo le nostre analisi sono molti i giovani che hanno intrapreso questo percorso, negli ultimi 10 anni abbiamo avuto un raddoppio della presenza di giovani e questo è un dato molto positivo anche in ottica di innovazione e apertura mentale per cogliere le future opportunità di mercato. Nel 2022 abbiano dato seguito all’idea di creare il “Gruppo giovani” del Consorzio composto da una cinquantina di ragazzi che si incontrano, ragionano sul futuro della denominazione, forniscono spunti e fanno attività promozionali. Siamo l’unico consorzio che abbia costituito un gruppo giovani in Italia, stiamo costruendo la futura governance del Consorzio.