A volte anche nella vita professionale vi sono curiose coincidenze. Mentre stavo leggendo su The Drink Business le nuove raccomandazioni di SWA, l’associazione di produttori di Whisky scozzesi, sulla comunicazione delle bevande alcoliche – sempre più restrittive e orientate a promuovere un consumo più moderato – e il mare di comunicati stampa contro la scelta irlandese di mettere i cosiddetti “warning” sulle etichette dei vini, il mio occhio cade anche sul volto di Daniel Craig che pubblicizza la popolare vodka Belvedere.
Vado allora su YouTube per vedere il video della pubblicità e scopro che è stato diretto dal noto regista premio Oscar, Taika Waititi.
Chi conosce Daniel Craig solo nella versione dello 007 James Bond rimarrà sicuramente sorpreso nel vedere il noto attore inglese in una veste decisamente ironica, con performance addirittura da ballerino. E, passando da una Rolls Royce, tra un balletto e l’altro, il bravo Daniel arriva nella sua lussuosa stanza di albergo dove, aprendo un frigo bar avveniristico avvolto dalla nebbia ghiacciata, trova la bottiglia di vodka Belvedere come fosse il tesoro conservato in uno scrigno prezioso. Prende la bottiglia, che apre con un colpo di mano (questa volta sì, in stile 007), se la serve in un bicchiere e pronuncia un’unica parola “Finally”… finalmente.
Niente da dire: una pubblicità assolutamente ben fatta, ben costruita e con un Craig che qualcuno potrebbe trovare lontanissimo dal suo stile interpretativo tradizionale (ma penso che chi l’ha visto su Netflix nel film Glass Onion – Knives Out, non si sia meravigliato più di tanto per la nuova svolta più ironica e, per certi aspetti comica, del popolare attore inglese).
Tuttavia, non è certo sulle performance di Craig che mi voglio soffermare quanto sul complesso tema della comunicazione delle bevande alcoliche.
Se da un lato, infatti, da molto tempo (almeno a livello istituzionale) si spinge verso una comunicazione sempre più sobria, orientata fortemente a limitare il rischio degli abusi di consumo di bevande alcoliche, pubblicità come quella sopra descritta vanno in una direzione assolutamente opposta.
Vedi una pubblicità del genere, con un Craig sempre più in forma (ha 55 anni ma ne dimostra fisicamente venti in meno) che danza felice e alla fine si fa un bel bicchiere di vodka come se fosse un concentrato di frutta dopo due ore di palestra, e pensi di aver sbagliato tutto nella vita limitando certi tipi di consumo.
Allora penso sia giusto provare a riflettere su questa modalità comunicativa senza pregiudizi e, tanto meno, crociate moraleggianti.
Questa comunicazione pubblicitaria può essere vista da due diverse ottiche.
- La prima non tiene conto minimamente del messaggio “bevi responsabilmente” e ci porta ad affermare che è una comunicazione (a mio parere, ovviamente) assolutamente perfetta: testimonial ideale perché unisce l’affidabilità e la sicurezza di James Bond ad uno stile scanzonato, quasi irriverente di un Daniel Craig inedito. In fin dei conti, James Bond può permettersi di tutto, anche di eccedere, perché è uno che non perderà mai il controllo. Ambientazione altrettanto perfetta in una Parigi lussuosa e in un hotel dove tutti vorrebbero andare, magari arrivandoci con una Rolls. Infine il prodotto, la vodka, che viene presentato come il premio finale di una giornata intensa ma assolutamente divertente.
Insomma, da questa prima ottica esce una comunicazione assolutamente vincente capace di dare una chiave di lettura leggera, ironica, coinvolgente, della serie: sono uno che si merita una vodka di questo livello.
- Se spostiamo però l’ottica tenendo presente il tema del “bere responsabile”, le valutazioni, in qualche misura, cambiano inevitabilmente: il testimonial è sicuramente azzeccato, ma è anche vero che il messaggio del James Bond che si può permettere di tutto, è pericoloso considerando le debolezze degli umani reali, quelli che non escono dalle sceneggiature di film. L’ambientazione è tutta orientata all’esclusività, e sappiamo quanto questa sia attrattiva spesso in maniera subdola e illusoria. Infine, il prodotto (vodka in questo caso) come un premio finale di una giornata che per Craig è stata sicuramente divertente ma che per molti degli umani è spesso deprimente.
Allora che fare? In un mondo ideale, non c’è dubbio che si dovrebbe lasciare assoluta libertà a tutti di scegliere della propria vita, paradossalmente anche di che cosa abusare. Gli stessi messaggi e immagini raccapriccianti messi sui pacchetti di sigarette in una società “totalmente libera”, e qui l’uso delle virgolette è di assoluto obbligo, dovrebbero essere rimossi.
Esistono, però, le responsabilità civili, quelle che vanno oltre la sfera personale e coinvolgono tutta la collettività, a partire dalle generazioni più giovani e le fasce della popolazione più deboli (soprattutto sul fronte della fragilità di natura psicologica, che coinvolgono però un numero elevatissimo di persone a livello mondiale).
Alla luce di quanto sopra affermato, è chiaro che non possiamo immaginare un mondo senza pubblicità e non considero la soppressione di comunicazioni commerciali delle bevande alcoliche una via giusta da seguire, ma non vi è dubbio che è necessaria una riflessione seria, senza paura di come si possano comunicare prodotti “potenzialmente pericolosi” ai consumatori di tutto il mondo.
Chiunque abbia responsabilità a vari livelli (compreso il sottoscritto) di comunicazione delle bevande alcoliche deve sentirsi coinvolto quotidianamente in questa riflessione.