Sostenibilità, tutti ne parlano, ma chi la realizza veramente? Si sente spesso nominare questa parola, ma mettere in pratica quelle che possono definirsi buone pratiche e dare ascolto ai consigli formulati dall’Agenda 2030 è un percorso impegnativo. Per parlare di questo abbiamo intervistato Sabrina Rodelli, export manager della Cantina Pizzolato, per comprendere a pieno le scelte dell’azienda di Villorba, reduce di recente dell’evento dedicato al Bilancio Sociale 2022 partecipato, a conclusione del Mese della Sostenibilità. La presentazione è stata la perfetta occasione per fare un excursus sul tema della sostenibilità affrontato da diverse angolazioni con la volontà di comunicare le buone pratiche.
Quest’anno avete presentato un Bilancio sociale partecipato: cosa significa?
Quest’anno abbiamo presentato il nostro sesto bilancio sociale, che ha visto la presenza di tutti gli stakeholder aziendali coinvolti, durante l’anno, attraverso alcuni questionari sulla sostenibilità per individuare alcune tematiche sostenibili che fornitori e clienti hanno a cuore che l’azienda renda concreti.
Il motivo di questa scelta deriva anche da un percorso intrapreso lo scorso anno diventando Società Benefit. Per essere Società Benefit è necessario inserire nel proprio statuto aziendale obiettivi di beneficio comune e formulare, annualmente, una relazione di impatto, che risponda agli obiettivi prefissati e che descriva l’impegno aziendale e gli obiettivi annuali futuri.
Quali sono le finalità che vi siete dati?
Quest’anno ci siamo dati 6 finalità che ricalcano in parte i macro obiettivi dell’Agenda 2030. Questi obiettivi hanno come principi cardine l’agricoltura biologica, che la nostra azienda pratica da quattro decenni, ed una spinta verso un’agricoltura sempre più sostenibile. Inoltre sono incluse finalità sociali attraverso collaborazioni con associazioni no profit e del territorio ed un programma di welfare aziendale attraverso un progetto di ascolto rivolto ai collaboratori.
Infine il miglioramento dell’impatto ambientale nella produzione ed in particolare la riduzione del consumo energetico, ad esempio controllando e migliorando il consumo di energia elettrica. Questi obiettivi vengono delineati in termini numerici e dunque sono molto concreti e misurabili.
Parliamo dunque di welfare aziendale, perché anche questo è fare sostenibilità. In che senso?
Abbiamo messo i nostri collaboratori al centro di un progetto di ascolto guidati da una coach aziendale che ci ha mostrato come potevamo migliorare l’approccio con le risorse umane aziendali.
Così è emersa un’esigenza di riorganizzazione dell’azienda con l’assunzione di nuove figure, in particolare una HR manager interna. Dopodiché abbiamo formato il personale con un programma di obiettivi in team e di approccio alla sostenibilità.
Abbiamo fatto ciò perché la sostenibilità vuole essere un valore condiviso e deve essere parte integrante di una sensibilizzazione aziendale in continua crescita.
Cosa spinge a scegliere la sostenibilità?
Fare sostenibilità è un percorso molto impegnativo e penso che la sostenibilità aziendale debba essere un valore, così come lo è il rispetto verso il collaboratore o la trasparenza nella comunicazione. È una strada lunga che non ha una meta e non può essere la leva economica che spinge a credere in questo valore.
Noi abbiamo fatto il primo passo 40 anni fa con l’agricoltura biologica ed eravamo tra i primi. Negli anni abbiamo visto come molti agricoltori siano saliti sul treno del biologico, ma senza convinzione.
Uno degli interventi toccati durante il convegno è stato proprio di come è importante aderire a questa “filosofia” con convinzione e comunicarla nel modo giusto. In primis per il consumatore finale, il quale non riesce a capire spesso il confine tra il vero e il greenwashing.
Noi puntiamo molto sul concetto di corretta comunicazione e abbiamo ottenuto la menzione speciale al Premio Gavi che quest’anno riconosceva la miglior comunicazione del vino sostenibile.
Che cos’è il mese della sostenibilità che avete promosso?
È un’idea che prende spunto dalla settimana che Confindustria Treviso porta avanti da anni: abbiamo voluto svilupparla estendendola ad un mese con un evento ogni settimana: un aperitivo sul tema del benessere in azienda, una sorta di cantine aperte per i cittadini di Villorba e la mostra Eco Rete sostenibile by Ricrearti con oggetti di design realizzati da persone con disabilità che attingono da scarti della produzione delle aziende trevigiane appartenenti al Gruppo Sostenibilità di Confindustria Veneto Est.
Inoltre abbiamo realizzato una campagna social in cui i nostri collaboratori hanno contribuito parlando delle 5 P della sostenibilità (Pianeta, Persone, Pace, Partnership e Prosperità).
Parliamo ora di mercati internazionali e di come la sostenibilità sia sempre più richiesta da parte dei consumatori…
I mercati internazionali sono molto importanti per noi in quanto Pizzolato esporta il 93% della produzione.
Per questo il Bilancio partecipato è stata l’occasione per chiedere ai nostri importatori attraverso un contributo video cosa è per loro la sostenibilità.
Siamo ad uno stadio in cui è fondamentale interfacciarsi con buyer e importatori prima che con i consumatori finali per comprendere quali siano i mercati che stanno andando in quella direzione. Ad esempio nel Nord Europa sullo scaffale tra pochi anni avremo solo vini sostenibili. Dobbiamo concentrarci dunque sui mercati meno pronti e parlare loro dell’importanza del processo che porta a questi prodotti.
Quali sono i vostri vini più rappresentativi in questo senso?
Gli ambasciatori della sostenibilità sono per noi i cinque vini da varietà resistenti PIWI. Sono la dimostrazione di come fare sostenibilità significhi trovare alternative e prendere in considerazione tutte le opportunità a 360 gradi.
L’esperienza dell’agricoltura biologica ci ha fatto entrare in simbiosi con la vigna ed entrare in sintonia con le esigenze in anticipo. Per questo si deve essere coscienti del momento e di quello che ha intorno.
Ci piace pensare che la Natura non ha fretta eppure tutto si realizzi.
