Tra pochi giorni (da domenica 19 a martedì 21 marzo) avrà inizio il Prowein di Dusseldorf e meno di due settimane dopo (dal 2 al 5 aprile) si terrà il Vinitaly di Verona. Di fatto le due più importanti manifestazioni del vino a livello mondiale, con un terzo incomodo (si fa per dire): Wine Paris/Vinexpo che sta cercando di trovare una sua precisa collocazione nel panorama fieristico del vino a livello internazionale.

Vi sono poi tanti altri eventi b2b dedicati al vino in tutto il mondo, sia in mercati tradizionali che emergenti, e la pandemia non ha diminuito la necessità delle imprese di avere contatti fisici diretti con i buyer.

Il fatto, però, che le fiere del vino siano ancora uno strumento utile per le imprese non significa che esse possano rimanere sempre uguali a se stesse e non modificare la loro offerta e i loro servizi in relazione ai fabbisogni attuali della filiera vitivinicola. I fabbisogni della filiera, a partire dalle imprese vitivinicole, sono per molti aspetti mutati in questi ultimi anni e, soprattutto, sono aumentati alla luce di mercati che sono in continua trasformazione.

Per questa ragione, se la principale motivazione per un’azienda del vino rimane quella di trovare un partner commerciale adeguato in una fiera, le due domande chiave che deve porsi un’organizzazione fieristica oggi sono le seguenti: quali sono i profili di buyer adeguati per le proprie aziende espositrici (e anche per attrarre quelle che, allo stato attuale, non aderiscono alla fiera)?  E come posso intercettare questi buyer?

Sul primo aspetto è fondamentale avere un quadro molto più chiaro dei fabbisogni delle imprese, delle loro problematiche sul fronte commerciale, a partire da quello internazionale. Pensare di costruire una fiera utile per le imprese espositrici senza conoscere con chiarezza i loro fabbisogni è alquanto pericoloso. E questo è ancor più vero quando parliamo di un comparto produttivo frammentato come quello italiano, con un numero impressionante di piccole e micro imprese.

In questa direzione, riuscire ad essere una fiera che va bene a tutte le tipologie di imprese non solo  è difficile ma forse è anche impossibile.

Non è un caso, ad esempio, che alcune grandi e importanti imprese diserteranno quest’anno Vinitaly. È importante chiedersi le motivazioni di tali scelte anche se, per certi aspetti, potrebbero apparire ovvie, e cioè una scarsa rispondenza della manifestazione ai loro fabbisogni che rende ingiustificabile un importante investimento.

È logico, quindi, che una grande impresa ben organizzata e strutturata anche sui mercati internazionali abbia aspettative diverse rispetto ad una piccola realtà che è alla ricerca di sbocchi concreti sui mercati.

Ma non è semplice per una fiera, anche da un punto di vista economico, conciliare aspettative di mercato e di comunicazione, di immagine. E non è detto che i compromessi (o il cercare di accontentare un po’ tutti) siano la strada più giusta.

Ma torniamo al tema chiave della selezione dei buyer.

In questa direzione è fondamentale, a mio parere, avere un quadro chiaro del target potenziale al quale rivolgersi. Se prendiamo “solo” gli importatori negli Usa parliamo di oltre 13.000 licenze di importazione. In Cina, anche se i dati sono meno ufficiali, siamo all’incirca a 7.000 società di importazione. Anche un paese “monopolistico” come la Svezia ha comunque oltre 600 società private di importazione (che hanno un ruolo chiave nell’import di vino in questo Paese).

Da quest’anno abbiamo uno strumento straordinario come QiTarget che ci consente di avere un database aggiornato di milioni e milioni di nominativi del trade di tutto il mondo. In questi giorni stiamo analizzando e selezionando buyer del mercato tedesco e anche in questo caso parliamo di migliaia di soggetti.

È chiaro quindi che, potenzialmente, il panorama di profili adeguati di buyer per le imprese del vino è vastissimo.

Per questa ragione, è legittimo chiedersi: rispetto ad un target così ampio, quale percentuale di buyer sono in grado di intercettare gli attuali eventi del vino? Rispetto ad un target così ampio e diversificato, gli attuali organizzatori eventi del vino hanno strumenti adeguati per arrivare ad una corretta selezione?

Si tratta di due domande molto difficili ma che è fondamentale porsi per evitare che la “selezione dei buyer” ci porti ad attingere al solito bacino, con i soliti criteri, con strumenti che oggi possono essere obsoleti.

In conclusione, se da un lato non si accresce la conoscenza dei reali fabbisogni delle imprese e dall’altro non si trovano nuove modalità di selezione dei buyer, il rischio è che le fiere continuino ad essere “vecchie” e non in grado di rispondere alle aspettative di oggi e del prossimo futuro.