Ieri ha aperto le porte la terza edizione di Vinexpo Paris, nata nel 2020 dalle spoglie del mitico Vinexpo di Bordeaux (anche se i francesi non amano che si dica questo).

Fin dalla sua nascita, si è compreso bene l’obiettivo degli organizzatori francesi: provare a diventare la maggiore manifestazione internazionale del vino, “facendo le scarpe” al colosso Prowein di Düsseldorf.

Ambizione enorme, considerando che Prowein si è accreditato da tempo come l’appuntamento del vino più “internazionale” in assoluto, con quasi 7.000 espositori provenienti da tutti gli angoli vitienologici del pianeta e con la maggiore affluenza di buyer di tutto il mondo.

Ma un’ambizione anche legittima, considerando l’appeal straordinario di Parigi, la sua collocazione geografica e la sua enorme potenzialità in termini di accoglienza.

Se la sfida si giocasse ai punti, è chiaro che Parigi vincerebbe facile; ma sono molti i fattori che vanno considerati e, quando si parla di fiere, non vince solo quello che ha più hotel o una città dall’appeal turistico più affascinante.

Certo è che monsieur Rodolphe Lameyse, direttore generale di Vinexpo, si è abbastanza esposto quest’anno, dichiarando al quotidiano “Le Figaro” che non vogliono certo “remplacer” (rimpiazzare) Prowein, ma sono ormai pronti per giocare la partita alla pari (“nous faisons jeu égal”). Lameyse ha inoltre aggiunto che, per loro, la sfida e la concorrenza con Düsseldorf è assolutamente stimolante, fino a concludere con un diplomatico: “Le salon de Düsseldorf existera toujours…”, ovvero: “Il salone di Düsseldorf esisterà sempre”.

Insomma, da un lato si lancia la sfida, dall’altro si vuole apparire comunque complementari ad altre manifestazioni del vino.

Sarà il tempo a dirci quanto Parigi “ruberà” ad altre fiere del vino, in particolare a Prowein che al momento appare quella realmente minacciata. Direi molte meno preoccupazioni per Vinitaly che, per i buyer specializzati nel vino italiano, rimane una fiera imperdibile.

Nel frattempo, l’edizione di quest’anno vede la presenza di 3.100 espositori con un’aspettativa di circa 30.000 visitatori e, visto l’afflusso della prima giornata, non sembra una previsione così lontana dalla realtà.

Va detto che, se Vinexpo Paris punta seriamente a diventare un appuntamento internazionale rilevante nel panorama delle fiere internazionali del vino, dovrà fare non pochi sforzi, a partire dal provare a ridurre il noto sciovinismo che li spinge spesso a mettere in seconda fila gli espositori non francesi, soprattutto se si tratta di italiani.

L’Italia del vino, infatti, è stata collocata nel padiglione 5.1, quello sotterraneo, che avrà anche un accesso diretto esterno, ma rimane sempre un piano sotto gli altri “internazionali”. Se a questo aggiungiamo la cronica difficoltà dell’Italia del vino di avere un’immagine condivisa, più caratterizzata (cosa che tutti gli altri Paesi hanno), è chiaro che orientarsi nel padiglione Italia rimane la sfida più difficile per il visitatore.

Ma quest’ultima è una storia talmente vecchia che diventa sempre più imbarazzante parlarne o scriverne.

Alcuni organizzatori della manifestazione ironizzavano inoltre sul fatto di aver dialogato con un unico interlocutore per Portogallo, Spagna, Austria, Usa, eccetera, eccetera, e qualche centinaio invece per l’Italia.

Questo è il nostro DNA, dove il campanile prevarrà sempre su qualsiasi logica di comunicazione più efficace e razionale del nostro made in Italy.

A parte questo, l’Italia del vino è presente alla fiera di Porte de Versailles con 264 aziende espositrici, la maggioranza delle quali racchiuse nelle aree consortili o in quella organizzata dall’Ice.

Ascoltando le voci di alcuni produttori od export manager italiani, la maggioranza ha buone aspettative con già un’agenda di appuntamenti abbastanza ricca. Non sono pochi, però, anche quelli che sono giunti a Parigi senza una precisa programmazione e temiamo che per questi la fiera parigina non potrà offrire particolari opportunità.

Ma i bilanci si fanno alla fine e quindi per commenti più precisi aspettiamo che la manifestazione chiuda i battenti.

Nel frattempo, a Vinexpo Paris è stata presentata una interessante ricerca sull’andamento dei consumi di vino che evidenziano un calo rilevante anche se a vantaggio dei valori, del livello qualitativo di vini consumati. La sfida principale rimane quella di essere più attrattivi nei confronti dei giovani. In Francia negli ultimi 60 anni il consumo di vino è sceso del 70% e i giovani sembrano sempre meno affezionati a questa nostra amata bevanda, preferendo soprattutto la birra.

Insomma, anche nella terra storica del vino la sfida dei consumi rimane quella più complessa e per vincerla servirà pure qui una rivoluzione sul fronte della comunicazione.