Il settore delle bevande alcoliche no-low alcol, con tutti i suoi aspetti positivi e tutte le sue criticità, sta prendendo piede sempre di più negli ultimi anni.

La maggiore attenzione alla salute e ad un’alimentazione sana che caratterizza il consumatore post-pandemico, infatti, ha influenzato le abitudini di consumo anche delle bevande alcoliche più tradizionali.

L’offerta di prodotti no-low alcol è molto variegata, e ci si può scontrare con bevande di ogni tipo. Vediamo quindi alcuni casi pratici, e come vengono prodotte, per comprendere meglio questo mondo.

Le bevande no-low alcol, come si producono?

Esistono diversi approcci per la produzione di vini, birre e spirit no-low alcol, ciascuno dei quali si adatta più o meno alle diverse categorie di prodotti.

No-low alcol ottenuti con tecniche “tradizionali”

Uno dei due metodi maggiormente impiegati è l’osmosi inversa, che prevede la separazione dell’alcol e una porzione di acqua dal prodotto attraverso l’utilizzo di una membrana selettiva.
Questa tecnica è prevalentemente utilizzata nella produzione di birra, perché la quota di acqua rimossa insieme alle molecole di alcol deve essere reimmessa nel prodotto dealcolato. E sappiamo bene che in molti Paesi la normativa vigente impedisce di aggiungere acqua al vino.

L’altra tecnica più affermata è la distillazione sottovuoto, particolarmente adatta per diminuire o azzerare il grado alcolico del vino. Riducendo la pressione dell’ambiente in cui è immerso il vino, si sposta il punto di ebollizione dell’alcol più in basso rispetto a quello delle molecole aromatiche volatili, consentendone una facile separazione e l’ottenimento di un liquido dealcolato e ricco di aromi.

Una variante della distillazione sottovuoto è quella a cono rotante, che permette in due fasi di separare prima le molecole volatili, dealcolare il liquido rimanente, e reimmergere gli aromi nel vino senza alcol.

Oltre a queste due metodologie, ampiamente riconosciute nel panorama della produzione di bevande a basso o nullo contenuto alcolico, esistono altre soluzioni alternative.

No-low alcol da tecniche “innovative”

Ne è un esempio un metodo che previene direttamente la formazione dell’alcol durante la fermentazione e viene utilizzato principalmente nell’industria brassicola negli USA.

In alternativa, si può optare per la produzione di birre completamente fermentate, che vengono poi sottoposte a processi di privazione dell’anidride carbonica e dell’alcol, ottenendo un prodotto più concentrato. Prima dell’imbottigliamento si aggiungerà la quantità desiderata di acqua, alcol ed anidride carbonica a seconda che si voglia realizzare una birra tradizionale, no o low alcol.

Infine, per la produzione di spirit no-low alcol, spesso non si prende neanche in considerazione la presenza di alcol all’origine, utilizzando infusioni di aromi in basi acquose non alcoliche. Queste bevande possono facilmente essere utilizzate in miscelazione e sono meno adatte ad essere bevute da sole.

Le tecniche descritte afferiscono spesso al settore brassicolo, in cui è più facile ottenere un prodotto no-low alcol di qualità. Infatti la quantità di alcol in una birra “tradizionale” è bassa, determinando un minor impatto di questa componente sul flavour del prodotto. Invece, nel caso del vino, la quantità di alcol, e di conseguenza la sua presenza, è molto più percepibile.

In effetti, indipendentemente dal metodo di rimozione dell’alcol utilizzato, è importante considerare che l’alcol conferisce al vino caratteristiche benefiche a livello di aroma e consistenza. Alcuni produttori, intervistati da Jacopo Mazzeo per SevenFifty Daily, cercano di sostituire tali qualità utilizzando succo d’uva, tannini e aromi aggiunti.

Per ulteriori approfondimenti sull’argomento: https://www.winemeridian.com/approfondimenti/vino-analcolico-e-low-alcol-e-possibile-mantenere-la-qualita-del-prodotto-originale/