La Corea del Sud rappresenta un mercato fiorente per l’export di vino, una economia dinamica e moderna caratterizzata da consumatori sempre più consapevoli ed aperti anche alle novità.
Abbiamo intervistato Elisa Budri, Export Manager di Arione SPA, per approfondire prospettive, potenzialità e strategie messe in campo per penetrare questo importante mercato asiatico.
Secondo Wine Business International, la popolazione di consumatori di vino della Corea del Sud è cresciuta di quasi un milione dal 2017 e le importazioni di vino nel 2021 hanno raggiunto l’impressionante cifra di 559 milioni di dollari (+69% in valore e +41% in volume rispetto al 2020). Qual è la percezione diretta sul campo che Lei sta avendo, si tratta effettivamente di una crescita così dirompente?
Quest’anno rispetto ai dati del 2019 c’è stato un aumento, in termini sia di volume che di valore. Avevamo registrato un rallentamento nel 2020 ed una successiva ripresa a partire dal 2021 che si sta confermando nell’anno in corso. Effettivamente c’è questo trend di crescita, non parliamo di aumenti esagerati ma di un andamento positivo che stiamo riscontrando in particolare su alcuni prodotti. Ad esempio, abbiamo registrato una forte crescita dei vini spumanti, non si tratta dunque di una crescita tout court.
Wine Intelligence ha identificato la Corea del Sud come uno dei paesi più performanti: si è classificata al secondo posto nella Top 15 Most Attractive Markets 2021 (era al decimo posto nel 2019). Quali sono secondo lei le ragioni principali di questa ascesa?
Innanzitutto è una economia frizzante che, pur risentendo delle crisi attuali (inflazione, costi logistici ed energetici), continua a crescere. Questo benessere maggiore si riflette sul nostro comparto che dipende anche dalla disponibilità economica dei consumatori. Inoltre la Corea del Sud si è evoluta nella conoscenza del vino. La conoscenza dei prodotti riguarda anche l’alta gamma e c’è una apertura alle novità, soprattutto da parte dei Millennials.
In Corea del Sud il vino è visto come una bevanda da degustare prevalentemente a casa, durante i pasti o come piacere a fine giornata. Quali sono i fattori che hanno determinato questa situazione e come pensa si possa intercettare questa domanda “domestica”?
Secondo me è importante garantire un portfolio di prodotti che possa andare incontro alle esigenze sia della grande distribuzione che della ristorazione. È necessario proporre vini che abbiano un ottimo rapporto qualità-prezzo e che consentano un consumo quotidiano, non solo prodotti di alta gamma.
Abbiamo visto anche la crescita dei vini a bassa gradazione alcolica che vengono apprezzati prevalentemente per il consumo domestico e con una frequenza quotidiana.
La crescita dell’import di vini italiani è dovuta anche al fatto che la nostra cucina è popolare ed i ristoranti italiani sono presenti nella maggior parte delle città coreane. Secondo lei che prospettive e potenzialità ha l’abbinamento cibo-vino per il vostro export in questo Paese asiatico?
L’abbinamento cibo-vino è fondamentale non solo per noi ma per tutto il comparto vitivinicolo italiano. I nostri vini si abbinano bene non solo alla cucina italiana ma anche a quella coreana. I nostri vini rossi come ad esempio il Barbera, sono l’ideale con i tipici barbecue coreani o i piatti delicati a base di pesce molto amati in Sud Corea che si abbinano perfettamente con i nostri vini bianchi (Gavi e Arneis) e con gli spumanti. Spingere i clienti e i consumatori a provare i nostri vini in abbinamento alla cucina locale è importante e le potenzialità sono notevoli. Ad esempio, il Moscato d’Asti va benissimo in Corea del Sud, grazie anche all’abbinamento con alcuni dei loro piatti.
Anche se il vino rosso rimane di gran lunga il segmento più importante (66% dell’import di vino nel 2021), in Corea del Sud il vino bianco ha guidato gran parte della crescita del mercato nel 2021 (+61% in volume e +71% in valore). Si ritrova in questa tendenza? Qual è la vostra strategia rispetto ai vini bianchi?
I vini bianchi non sono al centro della nostra offerta, ma abbiamo visto un aumento anche nei nostri numeri. Per esempio da quest’anno è aumentata la richiesta di Gavi anche se per ora con numeri contenuti. Sicuramente sul fronte dei vini bianchi, seppur dolce, il Moscato d’Asti DOCG continua a registrare ottime performance sul mercato sudcoreano.
La premiumisation giocherà un ruolo importante nel futuro del vino in Corea del Sud, si tratta infatti di un Paese relativamente ricco, dove i brand e l’alta qualità contano. Che strategie state mettendo in campo per catturare l’interesse di questa fascia di consumatori “premium”?
Non c’è un strategia specifica per la fascia “premium”, la qualità è il nostro faro a 360 gradi. Attraverso gli OCM, cerchiamo di puntare alla promozione dei nostri vini di alta gamma (Barolo, Barbaresco, Barbera d’Asti, Moscato d’Asti) e a diffondere e far crescere la conoscenza e la consapevolezza di questi prodotti. Parteciperemo infatti ad una degustazione b2b organizzata con il supporto di IEM, un’organizzatore di eventi con comprovata esperienza che si occupa di consulenza e supporto nella progettazione di eventi promozionali, che si terrà proprio nella capitale coreanaMmartedì 22 Novembre.
Inoltre, in collaborazione con l’importatore, inseriamo varie tipologie e fasce di prezzo nei diversi canali distributivi. In Sud Corea all’interno della GDO si trovano prodotti di alta gamma, perché c’è una domanda da parte dei consumatori. I ristoratori chiaramente preferiscono proporre etichette che non siano presenti sulla GDO, proprio per questa ragione abbiamo linee diverse ma ritengo sia sbagliato affermare che le referenze dedicate alla GDO siano di qualità inferiore. C’è sempre più la volontà di mettere sugli scaffali della grande distribuzione prodotti di alto livello, l’importante è quindi far conoscere le differenti tipologie di vini.