Qual è il ruolo della ristorazione italiana nel mondo nell’era post-Covid? Come possiamo valorizzare al meglio i vini italiani approcciando consumatori sempre più esigenti?
Lo abbiamo chiesto a Marco Boldrini, proprietario di due ristoranti ad Amsterdam, ‘La Maschera’ e ‘Momenti-Italian Cuisine’, sommelier e wine and food advisor, nonché consulente per una società di importazione giapponese. Da qualche anno, inoltre, Marco condivide la sua passione per il vino nel blog su instragram ( m_b_ita ) che conta più di 32 mila follower.
Quale è l’immagine dei vini italiani nel mondo della ristorazione internazionale dal tuo punto di vista?
Nell’immaginario collettivo internazionale i vini italiani sono sinonimo di storia, qualità, bellezza. Il ‘potere evocativo’ di certe etichette è indiscusso, si beve ‘Fiorduva’ per ricordare i meravigliosi scorci della costiera Amalfitana, si degusta Brunello di Montalcino per viaggiare con la mente verso le campagne toscane. In questo gioco di corrispondenze dobbiamo essere bravi a spostare il ‘focus’ della comunicazione del vino, mettendo in primo piano la valorizzazione dei nostri terroir, prima che degli uvaggi e delle tecniche di vinificazione.
La ristorazione oggi: quali sono le criticità da affrontare?
L’aspetto più critico oggi per un ristorante è quello della ricerca e fidelizzazione del personale qualificato. Un tempo si diceva che il cliente viene sempre per primo, ad oggi mi sento di poter affermare i collaboratori sono la nostra priorità. Il secondo problema molto attuale è quello dell’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia. Bisogna essere bravi a proporre piccole variazioni del menù razionali e giustificate, evitando che i clienti percepiscano un aumento indiscriminato di tutti i prezzi.
Presso i tuoi ristoranti fate anche cooking class e tasting: perché hai fatto questa scelta?
Per noi italiani cibo e vino ‘sono una cosa seria’. Ma all’estero non è necessariamente così. Credo che il compito di un ristorante italiano all’estero sia offrire un’esperienza enogastronomica a 360 gradi con un’immersione totale nelle nostre abitudini e nella nostra cultura. È questa l’essenza dell’ospitalità.
Come è emerso il binomio vino/ ristorazione dopo il Covid?
Dopo il lungo periodo di restrizioni e limitazioni, la riscoperta del poter mangiare fuori casa è stato un rito connettivo delle nostre individualità e questa necessità d’interazione ha ancora di più messo in evidenza il ruolo del ‘cameriere’ come intrattenitore, comunicatore e venditore. Il vino poi annulla le inibizioni, azzera le distanze, unisce ed emoziona.
Dal 2020 sei impegnato anche sul fronte della selezione dei vini per un’importante azienda giapponese: quali sono i tuoi criteri di selezione?
Scelgo per questa società di importazione di vini esclusivi piccole realtà, spesso familiari, produzioni limitate e vitigni meno noti in Oriente. I giapponesi adorano vini di personalità e struttura, non trascurano nessun dettaglio, sono mossi più dalla piacevolezza di beva che dalla complessità, ma soprattutto si lasciano ammaliare dalla storia che ogni etichetta ha da raccontare.
Tu hai un profilo social molto seguito da qualche anno. Qual è il tuo obiettivo e stile comunicativo?
Mi fa piacere fungere da anello di congiunzione tra produttori che stimo e una community di amanti di vino che si fida di me. Grazie al mio lavoro mi capita poi di visitare produttori di fama mondiale, di degustare vini iconici. Condivido queste esperienze utilizzando un linguaggio diretto e fruibile. Inaspettatamente dal social sono anche nate delle belle collaborazioni lavorative che lancerò il prossimo anno.