Si chiude la 55a edizione di Vinitaly, una kermesse che ha trasmesso una forte sensazione di rinnovamento, rinascita, rigenerazione: una sorta di palingenesi.
Questo è quanto ci hanno trasmesso i tantissimi imprenditori e manager che abbiamo incontrato in questi quattro giorni. Sicuramente è stato un Vinitaly decisamente positivo in termini di afflusso, presenze qualitative e profilate, gestione organizzativa, eventi collaterali e business.
93 mila presenze, di cui 29.600 straniere ed una crescita del 20% dei buyer stranieri (provenienti da 143 Paesi) rispetto allo scorso anno che – secondo l’ente fieristico – hanno rappresentato un terzo del totale degli operatori accreditati.
Un business che è nato in gran parte, va sempre ricordato, grazie al grande lavoro di pianificazione e programmazione degli appuntamenti da parte delle aziende partecipanti, ma che è stato supportato anche dall’ottima selezione di buyer realizzata da VeronaFiere in collaborazione con l’Agenzia Ice.
“Il bilancio è sicuramente positivo, gli appuntamenti sono stati molti, l’organizzazione in generale ha funzionato” ha commentato Carmine Coletta, Presidente della cantina sociale di Solopaca, “ci eravamo organizzati con una bella agenda e l’abbiamo rispettata. Gli operatori sono stati tutti di qualità, non abbiamo visto gruppi di ragazzi alla ricerca di facili bevute, anzi abbiamo visto molti giovani interessati ed interessanti”.
“La Farra ha partecipato a Wine Paris, ProWein e Vinitaly, credo che questa sia stata quella che ha dato maggiori soddisfazioni” ha sottolineato Innocente Nardi, titolare di La Farra. “Abbiamo avuto un ottimo riscontro soprattutto dai professionisti esteri. Abbiamo apprezzato il fatto che si sia dato spazio in modo particolare agli operatori, cosa che in passato non sempre succedeva. Sicuramente abbiamo riscontrato un interesse crescente intorno alla nostra denominazione principe (Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore DOCG) e riguardo agli aspetti legati a territorio, comunicazione, sostenibilità e qualità dei nostri prodotti. Questo in passato non c’era, ho registrato contatti più maturi e molta professionalità”.
Una soddisfazione condivisa anche da Luca Formentini, presidente e titolare di Podere Selva Capuzza, “Questo Vinitaly mi ha soddisfatto davvero molto. Ho notato dei passi avanti sia in termini di rapidità di ingresso, servizi interni, ordine, pulizia”.
Un appuntamento fieristico ben riuscito, a livello trasversale anche per le realtà consortili, “È stato un grande Vinitaly 2023, per la Sicilia uno dei migliori, per non dire il migliore” ha dichiarato Antonio Rallo, Presidente del Consorzio di Tutela Vini DOC Sicilia. “Domenica abbiamo avuto anche tanti appassionati ma, rispetto agli altri anni, siamo riusciti a lavorare molto bene con gli operatori. Una presenza più profilata rispetto al passato”.
“Abbiamo sempre una agenda definita, il Vinitaly è la conseguenza di un lavoro a monte” ha puntualizzato Maria Grazia Di Paolo, Chief of Export Department di Produttori di Govone. “Per me Vinitaly è due cose: preparazione e follow-up. Sono molto soddisfatta di questi giorni, abbiamo avuto incontri con clienti nuovi e storici. Alcuni B2B fatti online durante la pandemia si sono concretizzati durante questa fiera”.
Rarissime le voci fuori dal coro, utili a riportare l’entusiasmo su binari più analitici e razionali e a riflettere su possibili evoluzioni e sviluppi futuri: “C’è una premessa necessaria da fare, negli ultimi 3 anni è stato difficile individuare dei trend settoriali, queste crisi hanno rimesso tutto in gioco” ha sottolineato Sergio Dagnino, Amministratore Delegato di Prosit Group. “Vinitaly è una fiera molto problematica, è una macchina da soldi per gli organizzatori, non credo che al mondo esista una numerica di questo tipo, sono oltre 4.000 gli espositori, non è possibile vederli tutti. C’è una disparità evidente tra i padiglioni, c’è qualcosa che non torna. L’affluenza impatta sulla mobilità, dopo la prima ora e mezza saltano tutti gli appuntamenti programmati, è colpa di come è stato organizzato il sistema. Io speravo nel Prowein ma non è andato benissimo, questo per dire che i trend sono difficili da centrare. Vinitaly è molto dispersiva, ma abbiamo necessità di esserci e ci saremo anche l’anno prossimo”.
Un confronto – quello con ProWein e Wine Paris – emerso spesso durante le nostre interviste a manager e imprenditori del vino che riafferma il valore di Vinitaly e disegna un quadro piuttosto impietoso soprattutto per la fiera di Düsseldorf.
“Sono stato molto deluso da ProWein, non ho visto grandi cose a parte gli appuntamenti che avevamo a monte” ha rilevato Stefano Pola, titolare di Andreola. “Sono passati solo due nuovi importatori in tre giorni Non mi è piaciuto neanche il modo di gestire la fiera e l’ospitalità che ha saputo offrire la città. Mi è piaciuta molto Wine Paris dove c’è stato un grosso passaggio, non me l’aspettavo. Non c’è caos, Parigi è molto più ricettiva, i prezzi sono alti ma equilibrati. Noi stiamo facendo una grande riflessione, l’idea per l’anno prossimo è quella di privilegiare Wine Paris e Vinitaly, non ProWein”.
Ma non tutti sono in linea con queste valutazioni, “Sicuramente Vinitaly va tutelata, rispettata e frequentata. Sono un forte sostenitore del supporto al nostro settore fieristico, non credo si debba pensare di alternare Vinitaly con qualcos’altro” ha commentato Enrico Maria Gobino, Group Marketing Director di Argea. “Sicuramente Parigi deve dimostrare nel medio termine di essere una valida alternativa a Düsseldorf che garantisce vantaggi logistici notevoli. Per ora sicuramente la Germania risiede in un territorio commercialmente neutrale ed è un grande paese di consumo per il vino italiano, per cui prediligiamo ProWein”.
In sostanza Vinitaly è stato percepito come una vera e propria rinascita. A dirlo non siamo noi di Wine Meridian ma le decine di testimonianze di imprenditori, produttori e manager del settore vino che abbiamo raccolto durante i quattro giorni di questa manifestazione che appare più che mai imprescindibile.
Se dobbiamo trovare un neo è stata la quasi totale assenza di buyer cinesi. I vertici di VeronaFiere avevano annunciato, “A Vinitaly ci sarà il grande ritorno della Cina che, dopo i lockdown, è pronta a riprendersi il proprio status di colosso emergente”…ma così non è stato. Ma forse in questo caso più che le “lacune” di VeronaFiere ha inciso una situazione ancora di grande instabilità della Cina e le sue ormai prolungate difficoltà sul fronte del mercato del vino.
“I cinesi non ci sono perché gli appuntamenti fieristici in Asia sono ormai frequenti. Gli operatori devono fare una scelta e vanno in Asia perché è più comodo” ha rilevato Carmine Coletta.
Secondo Innocente Nardi “la presenza cinese è stata irrilevante”, gli ha fatto eco Luca Formentini “non abbiamo visto neanche un cinese ma credo che per il mercato cinese il nostro profilo non sia interessante in questo momento”, “Cinesi non ne ho visti” ci ha riferito Giovanni Martellozzo, Ufficio acquisti e finanza di Bellussi.
“Sicuramente la componente americana è stata assolutamente più marcata rispetto alla componete asiatica e cinese” ha chiosato Enrico Maria Gobino, Group Marketing Director di Argea.
“Detto ciò si respira di nuovo un Vinitaly a livelli alti, per cui chi aveva dato per morte le fiere si deve in qualche misura ricredere”.
O forse, più semplicemente, aggiungiamo noi, la Fiera la faranno sempre in gran parte gli espositori e la loro capacità di intercettare le opportunità dei mercati, a partire proprio dalle manifestazioni di settore.