Siamo a circa metà del nostro USA Wine Tour che ci consente, oltre ad analizzare lo sviluppo del modello enoturistico di questo grande Paese, di approfondire anche altre tematiche legate a questo importante mercato, strategico anche per il nostro Paese.
In questo articolo mi soffermo su un tema sempre molto caldo e complesso: quello del prezzo dei vini, del valore che viene riconosciuto ai nostri vini sul mercato più importante al mondo.
Partiamo da alcuni dati oggettivi: nel 2022, il prezzo medio del vino italiano importato sul mercato USA è stato di 5,75 euro/litro. Un dato non esaltante se lo si confronta con i 12,86 euro/litro del vino francese, ma comunque meglio dei 5,49 del vino neozelandese, del 5,09 di quello spagnolo e del preoccupante 2,07 del vino australiano. Il divario con il vino francese ovviamente aumenta se guardiamo alla categoria spumanti, dove la Francia spunta uno straordinario 21,60 euro/litro grazie al loro apprezzatissimo Champagne mentre noi ci fermiamo a 5,08 euro/litro.
È importante analizzare il segmento bollicine sul mercato statunitense perché in vent’anni è cresciuto di oltre un quarto ed entro il 2026, secondo previsioni di IWSR (che abbiamo analizzato in questo articolo), rappresenterà il 15% del valore del vino venduto sul mercato USA.
Ma quello che mi preme rilevare è quanto il nostro vino sia ancora lontanissimo dai prezzi riconosciuti ai vini americani.
Proviamo un senso di frustrazione nell’entrare in cantine americane e sentire manager, produttori ma anche enoturisti che esaltano il valore qualitativo dei nostri vini, che invidiano la nostra storia vitienologica, che si sentono quasi con un complesso di inferiorità nei nostri confronti ma che poi sono disposti a pagare i nostri vini un terzo rispetto alla media riconosciuta ai prodotti made in USA.
Se oggi, infatti, il prezzo medio di un vino acquistato in un ristorante americano si avvicina ai 50 dollari, questa cifra è frutto quasi totalmente dei valori riconosciuti ai vini americani, ai Cabernet Sauvignon di Napa Valley, ai Pinot Nero dell’Oregon, ai Malbec di State of Washington e via discorrendo.
Per un americano, acquistare un Cab (come viene chiamato da loro il Cabernet Sauvignon) anche oltre i 100 dollari in una cantina è una cosa normale, mentre pagare un vino italiano più di 20/30 dollari in un supermercato è molto più difficile, inutile girarci tanto intorno.
Certo si tratta di una vecchia storia. E se è una vecchia storia significa che ha radici molto sedimentate e profonde nel tempo.
Significa che molti anni fa, a partire dagli anni ’70, si è data la dimostrazione ai consumatori americani che potevano avere un ottimo vino italiano ad un prezzo basso.
Le reputazioni, anche quelle sbagliate, purtroppo, si costruiscono in questo modo, cercando ad un certo punto di penetrare un mercato costi quel che costi, anche penalizzando fortemente il proprio posizionamento.
Il problema è che poi questo valore “percepito” rimane scolpito sulla pietra e ci vuole molto tempo per recuperare.
Non vi è dubbio, infatti, che il posizionamento medio del vino italiano sia cresciuto in questi ultimi vent’anni, ma è un recupero estremamente lento.
E allora cosa si può fare adesso? Innanzitutto sfruttare l’ottima reputazione che abbiamo e cominciare ad investire maggiormente con azioni di promozione che mettano insieme l’eccellenza del vino Made in Italy. In questa direzione si inserisce un progetto ormai di lungo tempo come Opera Wine che Vinitaly organizza in collaborazione con Wine Spectator ma sarebbe molto più utile che un’iniziativa di questo genere si realizzasse e consolidasse in terra americana più che tra le nostra mura domestiche.
Serve un presidio costante del mercato americano attraverso un’entità che sia in grado di sviluppare iniziative promozionali lungo tutto l’arco dell’anno. Non è detto che nemmeno una realtà importante come Wine Spectator oggi abbia il medesimo peso e rilievo che aveva fino ad alcuni anni fa.
Non significa snobbare l’importanza del rating negli USA, che rimane un fattore chiave per il successo dei vini su questo mercato, ma devono essere ricercate e selezionate partnership anche con altre e nuove realtà utili a sviluppare l’immagine del vino italiano su un mercato che ha ancora tantissimo da dare ai nostri vini.
Lo dimostrano i milioni di appassionati americani che letteralmente invadono le cantine del loro Paese testimoniando ancora uno straordinario interesse nei confronti del vino. Io rimango convinto che siamo ancora all’alba di uno sviluppo del mercato del vino negli USA ma, per intercettare e sviluppare la crescita, non possiamo più permetterci di guidarla da casa.