Il vetro è uno dei materiali più antichi e affidabili, con una storia che risale fino ad oltre 5.000 anni fa. Caposaldo del confezionamento del vino, il consumatore, soprattutto quello europeo, lo ricerca e ne è affezionato anche per prodotti come la birra o i soft drinks. Anche una pietra miliare come questa però subisce nel mercato le turbolenze geopolitiche ed economiche degli ultimi anni.

Durante Wine Paris – Vinexpo, che si è concluso qualche settimana fa (e di cui abbiamo parlato anche in questo articolo), i produttori vitivinicoli partecipanti, in particolare i francesi, hanno fatto sentire la loro voce su una tematica quanto mai attuale: non c’è abbastanza vetro per imbottigliare l’annata 2022. La situazione sta diventando talmente seria che molti di loro vogliono che il Governo intervenga.

In un’intervista condotta durante la manifestazione dall’autorevole testata britannica The Drink Business, Edward Vellacott, Responsabile Commerciale di CrushWines, racconta quanto questa mancanza incida sui brand dell’azienda, in particolare sul marchio di vino rosé Bijou.

Verallia e O-I Glass sono i due principali fornitori di vetro in Francia e O-I ha interrotto la produzione della bottiglia borgognotta con tappo a vite dal colore feuille morte, una tonalità di verde pallido molto utilizzata per l’imbottigliamento dei vini bianchi. Per via di questa decisione, Bijoiu dovrà passare al verde scuro per la nuova annata 2022, che presto verrà immessa sul mercato.

Il fenomeno della carenza delle bottiglie ha iniziato a manifestarsi in Francia durante le restrizioni legate al Covid-19, quando i forni per la produzione di vetro hanno smesso di funzionare a pieno regime. Anche oggi si assiste ad un rallentamento, ma per una ragione diversa, ovvero l’aumento del costo del carburante. Stando a quando afferma Vellacott, lo stabilimento francese di O-I Glass, che riceveva già una bolletta del gas di 17 milioni di euro l’anno, ora la vede salire alle stelle, con una cifra che si aggira sui 75 milioni causata dalla crisi energetica.

In questo scenario, alcune aziende vinicole francesi temono che i fornitori di vetro possano “manipolare il mercato”, riducendo l’offerta di bottiglie e aumentando i prezzi.

Il costo di un’alsaziana (detta anche flauto o renana) è infatti raddoppiato nel giro di due anni – mentre nel 2021 si aggirava intorno ai 35 centesimi, oggi ha raggiunto i 70 – mentre i piccoli formati in Francia stanno diventando quasi introvabili, e in alcuni casi vengono “convertiti” in lattine di alluminio.

La questione della mancanza di forniture, tuttavia, non riguarda solo il vetro, ma gran parte della filiera produttiva e di imbottigliamento. In generale vi è una crisi globale, con tappi, etichette e cartoni sempre più costosi e difficili da reperire.

Valérie Vincent, Resposabile Marketing di Rhonéa, cooperativa di viticoltori nel Rodano nel Sud-Est della Francia, afferma quanto la mancanza di vetro sia un problema reale sul territorio: nonostante il paese vanti un’industria consolidata per la creazione di questo materiale, la capacità produttiva non è sufficiente per rifornire il mercato locale, aspetto che spingerà le cantine a rivolgersi altrove o a riutilizzare le stesse bottiglie.

La questione delle forniture non riguarda soltanto i francesi. Anche in Portogallo è stata richiesta al governo un’azione urgente contro la rapida impennata dei costi del vetro, stando ad un rapporto pubblicato il 13 febbraio 2023 dall’ANCEVE – Associazione Nazionale dei Commercianti e degli Esportatori di Vini e Liquori.

Qual è invece lo scenario del Belpaese? Già lo scorso autunno il settore vitivinicolo italiano era stato messo in guardia. In un’intervista di ottobre 2022 rilasciata al Corriere della Sera, il Direttore Generale di Federvini Vittorio Cino ha dichiarato al quotidiano quanto il problema della mancanza di vetro stia colpendo i produttori italiani in maniera trasversale. Oltre a seri rischi che la disponibilità di bottiglie non sia sufficiente per coprire le esportazioni estere, vi è anche una forte penalizzazione delle piccole cantine, che hanno contratti meno consolidati per le forniture e minor possibilità di fare stock.

Secondo Federvini, le cause di questa incertezza si possono riscontrare nel caro energia, nei ritardi nella catena di approvvigionamento, nell’aumento dei prezzi delle materie prime e nella crisi logistica. Ad esempio, il carbonato di sodio, essenziale per la produzione del vetro, viene tradizionalmente importato dal Donbass, una regione al centro della guerra tra Russia e Ucraina.

Inoltre, secondo un’indagine dell’Osservatorio UIV-Vinitaly dello scorso novembre 2022, l’incremento dei prezzi dell’energia (circa 425 milioni di euro) e delle materie prime (oltre 1 miliardo di euro per vetro, carta, cartone, tappi, alluminio) ha comportato un aumento dell’83% del budget per la produzione di vino.

La reazione al problema si pone quindi al centro della strategia delle aziende del nostro paese, e a questo proposito si può menzionare la case history di Bottega, uno dei marchi più noti di Prosecco, che già la scorsa estate affermava di aver reintrodotto il vuoto a rendere per alcune delle proprie bottiglie, per ridurre costi ed emissioni e ovviare ai ritardi nella filiera.

Il futuro quindi ci svelerà se il deficit nella produzione del vetro potrebbe quindi incentivare tendenze come il riciclaggio o il riutilizzo delle bottiglie, specialmente in alcuni paesi europei, in ottica più sostenibile.