Ne abbiamo parlato con Paolo Lasagni, Direttore generale di Bosco Viticultori.

Bosco Viticultori e Vigna Dogarina hanno puntato entrambi sui vini rosati, ma quali sono i mercati di riferimento e le peculiarità che distinguono le due aziende?
La prima differenze tra le due aziende riguarda il canale di sbocco: Vigna Dogarina è focalizzata sull’Horeca mentre Bosco Viticultori sulla GDO.
Bosco Viticultori inoltre ha uno storico maggiore ed opera sui mercati a livello internazionale, mentre Vigna Dogarina si concentra sui mercati di Europa, Russia e Cina.

Per quanto riguarda Vigna Dogarina avevamo già uno spumante rosè brut in gamma, ma quando c’è stata la possibilità di introdurre il Prosecco Rosè DOC Extradry millesimato i volumi sono aumentati parecchio, nonostante abbiamo scelto una fascia di prezzo medio-alta. Abbiamo investito sulla qualità e sul packaging, con un vetro ultrabianco che consente di vedere maggiormente il colore reale del vino. 
Bosco Viticultori aveva già raggiunto volumi importanti sullo spumante rosè extra dry.

Anche in questo anno così difficile, avete ricevuto premi per i vostri Rosè come la medaglia d’oro dell’International Challenge Gilbert & Gaillard per il vostro Prosecco D.O.C. – Extra dry rosé – Vigna Dogarina – 2020 o la medaglia di bronzo della IWSC International Wine & Spirit Competition per il Pinot Grigio DOC Delle Venezie Rosè 2020 Conte Priuli. 
Come pensate che questi riconoscimenti possano essere comunicati al vostro pubblico e quali possono essere le strategie adeguate per raggiungere gli amanti dei vini rosati?

Tutti i premi devono essere comunicati, la nostra comunicazione è rivolta soprattutto all’Horeca.
C’è anche da dire che il lancio del Prosecco Rosè ha riscosso un successo tale che la domanda supera nettamente l’offerta, i premi possono essere una leva per differenziarsi sul mercato. Il messaggio è: tra le prime uscite, noi siamo stati tra i pochi che hanno ricevuto riconoscimenti. 

Questi risultati sono chiaramente il frutto di un lavoro a monte, come Bosco Viticultori producevamo spumanti rosati da anni. Quando 4 anni fa si è palesata la possibilità dell’introduzione di un Prosecco rosè, abbiamo fatto dei test e delle sperimentazioni perché il nostro prodotto garantisse longevità  ed un determinato mantenimento del colore, evitando che col tempo evolvesse in un colore solitamente definito “rosa cipolla”.

Inoltre abbiamo notato che il Prosecco rosè a parità di zuccheri risulta più dolce del Prosecco bianco. Abbiamo tenuto in considerazione questa caratteristica ed abbiamo bilanciato il grado zuccherino.
Il Pinot Grigio DOC delle Venezie Rosato ci sta dando grandi soddisfazioni e secondo me è un prodotto molto piacevole ed è un peccato che la cultura del rosato in Italia faccia fatica a prendere piede.

Gli sparkling Rosè sono un fenomeno recente ma che sta registrando successi e rappresenta già il 5% della quota totale dei consumi degli sparkling nel mondo. Quali sono le vostre impressioni sugli sviluppi futuri ed i risultati che state riscontrando finora?

Il Prosecco Rosè DOC è partito con un boom talmente forte che ogni campagna di comunicazione è stata rivista, le strategie vanno modificate. I nostri ringraziamenti vanno al Consorzio del Prosecco DOC che ha sviluppato una intensa e preziosa attività di comunicazione per promuovere il Prosecco Rosè nel mondo e per andare incontro alla domanda che è nettamente superiore all’offerta. 

La fortuna del Prosecco Rosè è stata che è andato a riempire un vuoto di mercato, di fronte a sé ha trovato una prateria, si è inserito in una fascia di prezzo inesplorata.
Non ha incontrato reali competitors, c’era qualche cava rosato o spumanti generici ma la qualità e la riconoscibilità erano nettamente inferiori.

Per quanto riguarda il Prosecco rosè, vogliamo produrre 5 milioni di bottiglie l’anno, ma bisogna capire come si evolverà questo mercato che è influenzato da una certa euforia post-pandemia che va tenuta in considerazione.
La nostra intenzione è comunque quella di mantenere un portafoglio prodotti bilanciato. 
A livello di potenziale produttivo siamo fortunati, la nostra capogruppo, a cui fanno riferimento 9 cantine, è uno dei più grandi produttori di Pinot nero del Veneto, abbiamo una certa disponibilità di materia prima.

L’Osservatorio mondiale del rosé, che riunisce France Agrimer e Civp, ha evidenziato che l’Italia a livello mondiale, pur registrando una flessione di volumi da 10 anni, è stata capace di uscire dai mercati entry level ed è cresciuta in qualità e valore (siamo secondi dietro alla Francia in valore). Voi state riscontrando questa tendenza a ricercare prodotti premium da parte dei consumatori?

Negli ultimi 5 anni abbiamo verificato che i consumatori ricercano la denominazione, nel nostro caso il vino da tavola è calato del 90%. Il consumatore è anche disposto a pagare qualcosa in più per portarsi a casa una denominazione conosciuta. Sul mercato inglese che dal punto di vista della sperimentazione è il più interessante, molti supermercati fanno piccole prove di inserimenti di referenze nuove nei punti vendita e se ottengono risultati, confermano il listing. Penso che il fatto che i vini da tavola siano calati così tanto in questi ultimi anni sia indice della tendenza futura dei consumatori.

La pandemia di Covid-19 non ha coinvolto i vini rosati, anzi le percentuali dei bevitori abituali nell’ultimo anno sono aumentate nei mercati consolidati in UK (dal 50% del 2019 al 52% a luglio 2020), Germania, Canada e Stati Uniti. 
Voi confermate questa tendenza? Quali sono, secondo lei, le ragioni della forza dei vini rosati?

Le ragioni principali sono 2:

  1. i vini rosati stavano crescendo esponenzialmente, la pandemia ha comunque frenato la crescita ma non l’ha certo bloccata.
  2. i vini rosati sono legati ai mesi estivi ed abbiamo registrato che il Covid durante i mesi estivi tende ad essere meno impattante.

Inoltre se guardiamo i mercati esteri, ogni anno lo spazio dedicato ai rosati sugli scaffali della GDO aumenta, per cui il consumatore è spinto all’acquisto.

Ad ogni modo, c’é ancora una grande platea inesplorata di potenziali nuovi consumatori sia all’estero che in Italia.
Italia e Germania penso rappresentino due mercati potenziali con grandi spazi e opportunità per i vini rosati.

Nel 2020, le esportazioni di vini rosè verso l’Asia, in particolare Hong Kong (+50% volume e +30% valore) e Singapore (+90% volume e +128% valore) sono esplose. Come valuta questa ascesa e come vi state muovendo in Asia?

Noi ad Hong Kong abbiamo 2 importatori storici che avevano già ordinato il Prosecco Rosè prima che venisse imbottigliato. A Shangai, Pechino e nelle altre grandi metropoli cinesi, i consumatori seguono le mode del mondo anglosassone.
I wine bar cinesi sono molto aperti verso le novità, soprattutto quando i proprietari sono Millennials.

L’Italia è quarta per produzione di vini rosati, ma il consumo interno è in proporzione piuttosto basso, si colloca solo al 4%, contro una media mondiale del 10% e di oltre il 30% in Francia.
Eppure anche in Italia si è registrata una crescita costante. Quali sono le vostre strategie per quanto riguarda il mercato domestico?

C’è da dire che non tutti i mercati hanno la stessa vocazione sui rosati, l’Italia è molto indietro rispetto ai mercati sviluppati mondiali.
L’obiettivo è chiaramente quello di far apprezzare i vini rosati anche in Italia, dato che sono vini più complessi da produrre rispetto a vini fermi e vini spumanti classici e spesso qualitativamente superiori.

Se penso a 10 anni fa, l’unica zona italiana in cui si bevevano i vini rosati era il Salento che aveva una forte identità territoriale. Ad oggi, grazie al Franciacorta, al Trento Doc ed oggi al Prosecco mi auspico che ci sia più spinta e visibilità sia per i rosati fermi che spumanti.

Bisogna sensibilizzare il consumatore sulle modalità di conservazione, perché, ad esempio, il vetro bianco protegge il prodotto molto meno del vetro verde. Quindi il vino rosato non può essere messo, ad esempio, al sole.

Ad ogni modo, io farei una distinzione tra vini fermi e spumanti rosati.
Per quanto riguarda gli spumanti rosati, se il Prosecco Rosè non avrà la capacità di fare da traino a tutta la categoria, non credo ci saranno ulteriori occasioni.
Per quanto riguarda i vini rosati fermi, sappiamo bene che, ad esclusione delle grandi città, in Italia il consumo è molto locale.
Sui vini rosati fermi c’è un certo consumo in Salento e nella zona del Lago di Garda.
A parte queste realtà, i vini rosati fermi in Italia sono prodotti in volumi bassi ed alcune volte non garantiscono grande qualità.

Molti consumatori si chiedono perché un vino rosato fermo costi più di un vino bianco o rosso?
Perchè è un vino che necessita di maggior fatica, selezione e sforzo.