«L’Europa era il passato, gli Stati Uniti sono il presente, l’Oriente il futuro». Questo è ciò che ha detto Roberto Bosticco, Export Manager ed esperto di mercato asiatico, durante un intervento alla Fondazione Edmund Mach di San Michele All’Adige. Il mercato asiatico ed in particolare quello giapponese si sta dimostrando sempre più interessante per il settore vitivinicolo, grazie soprattutto alla grande crescita economica iniziata in Giappone dagli anni Ottanta. In seguito all’aumento della ricchezza, per gran parte di loro dovuta ad investimenti in borsa e nel campo immobiliare, i giapponesi hanno iniziato ad avvicinarsi a prodotti lontani dalla loro tradizione, compresi i vini stranieri.
Il primo grande incontro del mercato giapponese è stato con la Francia e subito dopo con l’Italia che, ancora oggi, vanta il secondo posto come importatore in questa nazione. Il mercato giapponese si focalizza, inoltre, sul rapporto qualità-prezzo, che implica che per spendere molti soldi in una bottiglia deve essere questa di ottima qualità. Ciò gioca senza alcun dubbio in favore del vino italiano. Di contro, se un tempo in Giappone il vino era di difficile reperibilità ora lo si può trovare ovunque, soprattutto nei Kombini a quattro euro. Dunque chi sceglie di spendere poco per una bottiglia di vino, è difficile che spenda per un vino italiano, perché questo ha sempre perso la gara contro i vini di bassa fascia.
“Per il produttore italiano, e nell’idea comune, è inaccettabile scendere sotto ai tre euro/tre euro e cinquanta, poiché un vino sotto questo prezzo è considerato da noi acqua sporca. Questo è il motivo essenziale per il quale l’Italia è chiamata fuori dal mercato dei vini “economici” lasciando spazio quindi a paesi del Sud America come Cile ed Argentina” ha spiegato Bosticco.
Via libera al Giappone dunque. “Nei prossimi cinque anni è previsto un aumento del 5% annuo per quel che riguarda il fatturato nel settore enologico e, ciò fa dedurre quanto possa essere favorevole aprirsi al mercato giapponese in questo momento. Basti pensare che, solo la città di Tokyo rientra in un mercato singolo che concentra dieci milioni di euro in più ogni anno. È senza alcun dubbio un mercato privo di alti e bassi con molto spazio per i vini di qualità, anche provenienti da piccole produzioni” ha continuato l’esperto.
Ma che gusti hanno i giapponesi? Sono sicuramente molto amanti dei vini rossi, mentre riscontrano non poche difficoltà con i vini bianchi, per loro di difficile comprensione. Negli ultimi anni, inoltre, abbiamo assistito al fenomeno Prosecco, usato non tanto normalmente a tavola, ma esclusivamente per celebrazioni importanti. “Un particolare ragionamento lo richiedono i vini molto zuccherini, molto apprezzati, e il vino biologico o biodinamico, che invece non apprezzano perché percepiscono l’ossidazione e i residui presenti in essi come segno di bassa qualità.
Comprendere i gusti di un popolo dall’interno non è di certo facile per uno straniero. Così Bosticco ha voluto andare oltre le indagini di mercato o di vendita, sperimentando un metodo personale, che ha chiamato marketing parassita. Ciò gli ha permesso, comparando un medesimo prodotto, venduto con caratteristiche diverse in diversi Paesi del mondo, di provare a comprendere i gusti alimentari dei giapponesi, ma non solo. “Ho provato ad inventare una nuova tecnica. Viaggiando molto, ho l’occasione di passare diversi Paesi in cui è presente una nota catena di fast-food. Ho provato ad ordinare lo stesso panino in ogni nazione diversa nella quale mi trovassi di passaggio. Dopo attente analisi sul gusto hai scoperto che: in Italia spicca il gusto della carne, nei paesi del Nord Europa una nota acidula, in Giappone il gusto di teriyaki, in Cina la dolcezza e così via. Queste analisi mi hanno portato a comprendere come ci siano dei denominatori precisi che determinano la sensibilità al gusto nei diversi Paesi” ha raccontato Bosticco. In Giappone dunque prevale il teriyaki, una salsa di soia dolce marinata, e dunque questo apre un ragionamento sulla tipologia di vini che si possono adattare a questo gusto. Senza avere la pretesa di abbinare dei vini precisi a questo gusto prevalente, è importante che i produttori prendano consapevolezza di questa realtà.