Andare in Valpolicella Classica per me è come tornare a casa. Non solo perché ho vissuto alcuni anni a San Floriano ma anche perché rappresenta quei luoghi simbolo per chiunque ami il vino.
La nostra meta, questa volta, è la https://www.cantinanegrar.it/.
La valle di Negrar è stata sicuramente tra quelle maggiormente antropizzate e questo forse rimane l’unico limite di un territorio che ha una vocazione per la vitivinicoltura di qualità straordinaria.
Qui si trova una delle cooperative vitivinicole più lungimiranti del nostro Paese, la Cantina Valpolicella Negrar.
Basterebbe evidenziare che già nel 1929 i primi soci della Cantina capirono che il valore aggiunto alla loro produzione vitivinicola sarebbe derivato dall’imbottigliamento.
Si avete capito bene, il 1929, come ce l’ha giustamente ricordato il direttore generale Daniele Accordini, uno dei manager più capaci della cooperazione vitivinicola italiana.
Conosco Daniele da tanti anni, uno di quegli enologi che amano la propria professione ma al tempo stesso la sentono “stretta”. Nel senso che sentono il bisogno di esplorare tutte le aree della loro impresa a partire dalle tematiche del marketing e della commercializzazione.
Indubbiamente quando un enologo si apre ad una visione più ampia della gestione di impresa la sua figura diventa veramente strategica e può rappresentare un grande valore aggiunto per un’zienda, in particolare per una cooperativa. Mettere insieme, infatti, competenze tecnico-produttive a quelle commerciali soprattutto nel mondo del vino è un mix preziosissimo e non così facilmente diffuso.
La cooperativa è una “macchina complessa”. L’ho capito negli anni anche attraverso i racconti, le esperienze di Daniele che è entrato in Cantina di Negrar con i classici “calzoni corti” per scalare poi tutti i gradini della cooperativa per diventarne ormai da oltre un decennio il direttore generale.
E’ un’azienda particolare perché se da un lato deve ovviamente sottostare alle regole comuni a tutte le imprese, dall’altro i “padroni” sono i soci e quasi sempre sono molti. Ciò significa che i manager della cooperazione devono rispondere quasi sempre ad una eterogenea moltitudine di aspettative e questo complica non poco il loro lavoro.
La capacità “politica”, di mediazione, di un manager della cooperazione, pertanto, è una dote quasi indispensabile.
Cantina di Negrar è un eccellente osservatorio della cooperazione vitivinicola e rappresenta un punto di riferimento nella Valpolicella Classica non tanto, e non solo, per i suoi “numeri” (230 soci, 733 ettari, una produzione di circa 8 milioni di bottiglie), ma per essere riuscita a dare negli anni un contributo rilevante nella qualificazione vitienologica della propria denominazione.
Basti pensare al successo ottenuto dalla sua linea Domini Veneti che testimonia quali vertici qualitativi può raggiungere la cooperazione vitivinicola quando mette al primo posto la valorizzazione delle produzioni dei propri soci.
E la Cantina di Negrar, grazie in particolare proprio alla visione del suo direttore Accordini ha da tempo compreso l’importanza della qualificazione dei suoi vini, in particolare esaltando i propri “cru”, le proprie selezioni.
Da questa esperienza, ad esempio, è nata la collezione “Espressioni”, cinque diversi Amarone della Valpolicella che raccontano cinque diverse vallate della “Classica”: Villa (Negrar), Marano, Fumane, Mazzurega e Monte.
Non solo cinque versioni di Amarone eccellenti, ma soprattutto la dimostrazione di quanto il terroir incide nella caratterizzazione di questo vino che troppo spesso viene considerato un vino frutto “solo” della stile del produttore.
Ma la Cantina di Negrar, proseguendo in quella lungimiranza evidenziata dai primi soci, si è mossa sempre anche con ottima capacità di interpretare i mercati, di diversificare la propria distribuzione e di investire anche nelle attività di accoglienza.
Insomma un’azienda moderna a tutti gli effetti che dimostra come oggi le cooperative più evolute del nostro Paese (e per fortuna non sono poche) giocano un ruolo fondamentale nella sostenibilità economica del nostro settore vitivinicolo.
Più di qualche volta sono stato rimproverato di essere un giornalista troppo schierato a difesa delle cooperative del vino italiane.
Non penso di essere fazioso nel considerare la cooperazione vitivinicola una tipologia di impresa determinante per il nostro sistema vino.
La risposta migliore alla nostra frammentazione produttiva.
Sono altrettanto cosciente che non tutta le imprese cooperative italiane sono riuscite a stare al passo dei tempi. Ma questo vale per qualsiasi altro modello produttivo.
Ma saremmo dei pazzi, a mio parere, a non sostenere costantemente le nostre cooperative affinché possano migliorarsi quotidianamente sia dal punto di vista produttivo che, soprattutto, manageriale.
Alcuni anni fa lanciammo un progetto formativo per la cooperazione dal titolo:”Meno viticoltori, più imprenditori”, allo scopo di aumentare le competenze imprenditoriali, di mercato, dei soci della cooperazione.
Sono tutt’oggi convinto, infatti, che la crescita imprenditoriale della cooperazione passi dall’aumento delle competenze dei propri soci, dei propri consigli di amministrazione che potranno così diventare la base fondamentale per rendere sempre più competitive queste realtà produttive così strategiche per la nostra economica vitivinicola.
La Cantina di Negrar ci ha dimostrato che è possibile.
Con questi pensieri risalgo nel nostro camper Gino. Il viaggio è iniziato da solo un giorno ma sono già tanti gli spunti sui quali riflettere.