Dal momento che questo articolo è il primo che scriviamo da quando è partito ufficialmente il nostro “Italian Wine Tour”, ne approfitto per dare alcuni “avvertimenti per la lettura” visto che da qui al 5 agosto ne troverete parecchi su Wine Meridian.
Innanzitutto scriverò in prima persona perché mi consente di essere più diretto e coerente con uno stile diaristico.
Appunto, più che articoli saranno delle annotazioni da diario, soprattutto relative ad alcuni fatti ma anche alle conseguenti riflessioni.
Le aziende, i produttori, i manager che incontrerò in questo viaggio assieme a Lavinia e ai miei due figli, saranno i principali ispiratori delle mie osservazioni di cui mi assumo ovviamente la responsabilità.
Ma saranno anche i territori che attraverseremo fonte straordinaria di ispirazione perché tutti sappiamo che è la terra la principale responsabile dell’espressione dei suoi prodotti ma anche delle genti che la abitano.
Finite le avvertenze, inizia il racconto.
Non c’è ancora nessuna indicazione per arrivare a Cascina Albaterra.
Gino (il nome che abbiamo dato tanti anni fa al nostro camper) arranca con fatica sulle colline di Soave. Destinazione Castelcerino che un luogo culto nella denominazione del Soave Classico. Un cru di storia antica anche se di recente riconoscimento.
Non riesco mai a mettere la seconda, Gino si inerpica solo in prima ma a questa lenta velocità riusciamo a gustarci un paesaggio vitato mozzafiato. Penso di non esagerare affermando che si tratta di uno dei paesaggi vitivinicoli più suggestivi del nostro Paese e non può quindi meravigliare che di recente queste colline siano state dichiarate patrimonio storico e rurale d’Italia.
E’ un luogo che conosco bene grazie ad un uomo che mi ha insegnato tanto non solo nel mio mestiere di giornalista del vino ma anche come persona, Giuseppe Coffele.
E’ qui che nel 1971 Giuseppe e sua moglie Giovanna Visco iniziano un’avventura che in quasi cinquant’anni ha portato l’azienda, grazie anche al contributo dei figli Alberto e Chiara, a raggiungere vertici qualitativi elevatissimi, facendola diventare un punto di riferimento della denominazione Soave Classico.
Un grande successo quello dell’azienda Coffele che loro hanno voluto ricambiare con altrettanta generosità mettendo a disposizione parte della loro vigna di Castelcerino ad una di quelle comunità che quando le incontri nella tua vita ne rimani folgorato per sempre.
Sempre in questa straordinaria collina di Soave, nel borgo di Fittà, un giovane uomo nel 2004 fonda l’associazione “Sulle Orme” con l’obiettivo di dare una casa e un senso alla vita degli “ultimi”. Migranti, tossicodipendenti, prostitute, persone che hanno smarrito la via.
Don Paolo Pasetto li ha raccolti nella tante strade che ha percorso con i suoi sandali, non ha mai chiesto loro nulla, in assoluta gratuità li ha accolti, puliti, sfamati, aiutati a trovare un significato anche nel lavoro.
Nel 2016 Paolo fonda anche una trattoria, sempre a Fittà, “Cinque pani e due pesci”, un altro sogno di si realizza. Ma Paolo non è un uomo che si ferma, né davanti agli insuccessi né tanto meno ai successi. Sa perfettamente che il lavoro rappresenta il modo migliore per realizzare una promozione umana completa, vera.
E conosce anche quale è il carburante migliore per realizzare i sogni: l’amicizia.
Dall’amicizia con Alberto e Chiara Coffele nasce, infatti, il progetto di Cascina Albaterra.
I fratelli Coffele mettono a disposizione dell’associazione di Paolo non una terra qualsiasi ma proprio uno dei lembi migliori della vigna di Castelcerino.
E’ qui che arriviamo il 3 luglio. Tutte le previsioni parlavano di allerta meteo. In effetti il cielo non prometteva nulla di nuovo. Ma appena Gino ha imboccato le stretta capezzagna che portava alla cascina le nuvole si sono diradate in un battibaleno e il sole ha illuminato una delle più belle “terrazze vitate” che ci sia mai capitato di vedere.
Paolo era assieme ad Hamed, il pastore venuto dal lontano Mali, impegnati nella mungitura delle capre, una delle attività principali della Cascina. Ma una moltitudine di persone era impegnata a fare qualcosa, compresa Marta che stava disegnando e colorando le insegne della Cascina.
Non c’era bisogno di parole, tutto era chiaro e già scritto.
Chi ha la fortuna di salire fino qui a Cascina Albaterra può toccare con mano quello che è lo scopo di questo luogo: “Accogliere la fragilità e coltivare la dignità”.
Per chi come me si occupa di vino da tanti anni, che è cosciente di fare un lavoro che non cambia certo i destini del pianeta, vedere come una produzione agricola, talvolta considerata voluttuaria, di non prima necessità, sia però in grado di poter cambiare il destino di molte persone, riempie di gioia.
Senza nessuna inutile retorica, anche perché Paolo non me lo consentirebbe, ma qui sulla collina di Castelcerino, degustando “El Bianco” ed “El Frissante” (rigorosamente ottenuti dal vitigno principe di questa terra, la Garganega) i due vini prodotti dalla Cascina grazie anche al contributo prezioso di Alberto, ho sentito quella bellissima sensazione di fare qualcosa di realmente utile.
Grazie Paolo e a tutte le persone che vivono la straordinaria esperienza di comunità assieme a te.
E grazie alla famiglia Coffele per la generosità.
E dopo la “Benedizione” ufficiale di Gino con El Frissante, siamo ripartiti. La strada che ci aspetta è tanta ma siamo partiti con il cuore leggero…