Gino entra felice nell’azienda Cignano, a Isola di Fano, vicino a Fossombrone. Come dargli torto, il paesaggio e l’atmosfera sono fiabeschi e quando finalmente spengo il motore al vecchio camper si sentono solo le cicale.

La vite si alterna agli ulivi e i campi sono separati da suggestive fasce boscate. Che bello non vedere la mono cultura. La diversità non solo salverà i nostri paesaggi rurali ma probabilmente anche la nostra economia agricola.

Sono quei luoghi che chiunque vorrebbe abitare. Mi sento immediatamente in pace con me stesso e non sento nemmeno la fatica dei tanti chilometri fatti.

Ci vengono incontro due uomini sorridenti: Fabio e Annibale Bucchini, i fratelli titolari dell’azienda.

La prima cosa che Fabio ci preme a dirci è che loro sono piccoli produttori che hanno ereditato quella terra dai loro genitori e che sono coscienti ed orgogliosi di quello che sono.

“Mettiamo la faccia su tutto quello che facciamo – raccontano Fabio ed Annibale – non vogliamo fingere, i nostri vini devono parlare sempre la lingua del territorio, costi quel che costi”.

Bellissimo, una delle presentazioni più efficaci che mi sia capitato di ascoltare.

Riuscire, infatti, in breve tempo ad esprimere chiaramente, in maniera autentica, la propria identità è la base di una comunicazione efficace.

Autenticità e trasparenza, le due principali chiavi di lettura di Cignano che ti racconta anche il numero di viti che coltivano, 120.000, in gran parte Bianchello.

E a proposito di Bianchello, Cignano è diventata particolarmente famosa in questi anni perché è probabilmente l’azienda marchigiana che maggiormente ha creduto in un vino che molti altri colleghi della loro regione hanno “snobbato”, il Bianchello del Metauro.

Una sfida che qualcuno considerava impossibile mentre in casa Cignano stanno dimostrando con i fatti che si può costruire un’ottima reputazione investendo in una tipologia di vino che troppe volte è stata relegata nella categoria dei “vinini”, come se la facilità di beva fosse un difetto.

Ma i fratelli Bucchini sono anche riusciti a dimostrare che è possibile interpretare questo vitigno  in versione più “semplice” (Bianco Assoluto) che con una veste più complessa (San Leone).

Ma la sfida di Cignano non si ferma qui e sta proponendo anche il Superbo Ancestrale, una versione del Bianchello del Metauro Superiore, ottenuto attraverso una macerazione per sei mesi in giare di terracotta di Impruneta. Siamo ancora agli inizi di questa “sperimentazione” ma siamo convinti che questa versione potrà testimoniare anche una interessante longevità per questa tipologia di vino.

Ma Cignano sta diventando un luogo sempre più interessante anche dal punto di vista enoturistico e a breve verranno conclusi i lavori di una struttura che potrà rappresentare un punto di rifermento anche sul versante dell’accoglienza.

Non avere però ancora un luogo specifico per accogliere ospiti non ha certo frenato la capacità di accoglienza dell’azienda perché Fabio e Annibale sono riusciti a dimostrare che non sono i luoghi a fare l’ospitalità ma le persone.

Il “salottino” naturale che ci hanno preparato per il nostro incontro è quanto di più suggestivo ed efficace dal punto di vista comunicativo che raramente ci è capitato di sperimentare.

La “prova provata” che l’accoglienza prima di tutto sta nel cuore e nella disponibilità autentica dei produttori, senza le quali l’enoturismo rimarrà sempre una chimera nel nostro Paese.

I due fratelli ci hanno comunicato la loro fiducia nel futuro e confermata, soprattutto, dalle parole di papà Antonio: “Ho visto le bombe cadere sulla nostra terra, non posso avere paura adesso”.

La testimonianza più forte ed efficace in un momento come questo. 

Quella memoria oggi indispensabile affinché le paure non vincano sulla nostra capacità di guardare lontano.

A Cignano questa memoria è viva e lo si sente chiaro nella parole di Fabio e Annibale, nella bellezza delle loro vigne e nell’autenticità dei loro vini.