Non è detto che “piccolo” è sempre bello, ma quando quel piccolo si chiama Masot allora non si può non concordare con quel vecchio adagio.
Penso questo dopo aver visitato nel nostro Italian Wine Tour la piccola azienda Masot, in quel di Sarmede, alle pendici del Cansiglio.
Se Sarmede è diventata è diventata popolare nel mondo come il Paese delle Fiabe, non ci possiamo certo meravigliare se l’azienda gestita dal 2009 dai due giovani fratelli Andrea e Daniele Da Ros, si sia riuscita a conquistare in breve tempo un posto autorevole nel panorama delle aziende autenticamente artigianali italiane.
Ci teniamo sempre sempre a sottolineare l’aggettivo “autentico” quando parliamo di artigianalità perché questa tipologia di impresa non può essere legata solo alla dimensione ma soprattutto all’impostazione produttiva che necessariamente deve essere intimamente connessa con la vigna.
Ho conosciuto Andrea nell’ambito del nostro Campus Impresa e avevo subito capito di che pasta era fatto. Tanta curiosità e voglia di apprendere abbinata ad una grande attitudine al sacrificio, al lavoro. Quest’ultimi aspetti fondamentali per eccellere perché il talento da solo, lo sappiamo bene non basta.
Come il nostro camper Gino è entrato a Sarmede, piccolo paese a nord del “mitico” Conegliano, mi ha fatto subito capire che si trattava di una località fuori dal comune. Osservavo quasi ovunque, infatti, “murales” che in qualche misura mi rimandavano ad immagini dell’infanzia.
Gran parte di essi, ho scoperto più tardi in casa Masot, sono stati realizzati da un’artista cecoslovacco, Štěpán Zavřel, considerato un dissidente a fine anni 60 dal suo Paese che come noto all’epoca era  drammaticamente sotto lo scacco del regime sovietico.
 L’incontro di  Zavřel con Sarmede è stata una fortuna reciproca perché qui l’artista ha trovato una casa generosa ad accoglierlo fino alla sua morte nel 1991, ma per questo piccolo paese trevigiano ha significato diventare noto in tutto il mondo per la sua Mostra internazionale dell’illustrazione per l’infanzia, ideata nel 1982 proprio dall’artista ceco.
Una di quelle tante dimostrazioni di quanto le cosiddette “contaminazioni” etniche e culturali siano preziose per la crescita sociale ed economica di ogni Paese.
E se ora a Sarmede si respira un’aria internazionale, di Paese aperto agli altri e all’altro lo si deve proprio a questa storia di migrazione, in questo caso per motivi politici.
Nell’azienda Masot posso dire che quest’aria “magica” è stata assolutamente assorbita grazie alla capacità di unire grandi sforzi in vigna e importanti investimenti in una cantina che, seppur piccola, rappresenta un gioiello anche dal punto di vista tecnologico a dimostrazione che la tradizione non deve mai “fare a pugni” con l’innovazione.
Ma l’autenticità dei vini Masot è frutto di un rispetto di quella che un tempo giustamente veniva chiamata la campagna. Nell’azienda Masot, infatti, si può fortunatamente respirare ancora quella sana aria di agricoltura multifunzionale dove la vite non è mai in presenza esclusiva.
Un grande supporto all’equilibrio della vigna Masot è dato dalla pratica dei sovesci che, come racconta Andrea, consente di mantenere vivi i terreni dell’azienda e apporta quella fondamentale biodiversità dell’ecosistema. I vigneti pertanto sono inerbiti da un numero impressionante di piante botaniche, come la segale, l’avena, l’orzo, il pisello proteico, il trifoglio incarnato, la senape bianca, il rafano, il ravizzone e tante altre ancora.
Penso proprio a queste leguminose e crocifere mentre degusto i vini Masot perché ho sempre pensato che parte dei loro aromi dipendano anche dalla flora che li circonda.
Rimango particolarmente impressionato dal loro Prosecco Colfondo, dove finalmente ritrovo la vera natura di questo vino frutto del cosiddetto metodo ancestrale, dove i vini frizzanti o spumanti rifermentano attraverso i loro lieviti indigeni.
Come pure mi lascia di stucco, positivamente, il loro Boschera, una sorta di reliquia ampelografica, di cui sono rimasti ormai purtroppo pochi ettari, salvati in gran parte proprio da Masot. Loro sono riusciti a ricavarne un bianco di grande personalità senza però privarlo della sua identità austera.
In fin dei conti rappresenta al meglio questa famiglia ai piedi di una delle foreste più belle del nostro Paese, quella del Cansiglio.
Qui molte case sono ancora di pietra e quasi tutti coltivano l’orto, come Vanda, la nonna di Andrea e Daniele che abbiamo avuto la fortuna di incontrare. Ottantasei anni e una lucidità impressionante.
Ci spiega che lei la quarantena l’ha passata nell’orto a lavorare.
E’ contenta perché vede nei nipoti la stessa disponibilità al sacrificio.
Quando incontri persone così capisci bene che la paura non deve avere spazio nelle nostre vite.