Gino entra nella corte dell’azienda Drei Donà e viene subito circondato da una miriade di piccoli cani.
Assomiglia ad una specie di Gulliver assalito dai coraggiosi lillipuziani.
Questa introduzione un po’ fiabesca non è poi così forzata o lontana dalla realtà perché alla Tenuta Palazza di Drei Donà si respira quella suggestiva aria che normalmente viene definita “fuori dal tempo”.
Non ci sono le classiche strutture delle aziende vitivinicole moderne ma una splendida casa di campagna nella quale tutti vorremmo vivere.
Assieme ai tanti cani festosi intravedo subito i volti sorridenti di Giovanna, Ida Vittoria ed Enrico.
Giovanna è la mamma di Ida ed Enrico che oggi gestiscono la Tenuta dopo la scomparsa di papà Claudio che è stato un vero pioniere della vitivinicoltura di qualità in Emilia-Romagna.
Anche questa è una storia che unisce l’amore di una coppia ad uno spirito imprenditoriale di grande coraggio. Claudio, infatti, abbandonò nei primi anni 80 una sicura attività forense di successo per inseguire il sogno di fare vino di qualità nella sua terra.
Ecco, penso sentendo dalla bella voce di Giovanna le origini dell’azienda, se nel nostro mondo del vino non vi fossero stati uomini e donne capaci di uscire da zone di confort per intraprendere percorsi molto difficili, oggi non potremmo avere aziende belle ed interessanti come quella dei Drei Donà.
Conosco Enrico da molti anni e con lui ho condiviso momenti professionali ma anche di simpatica amicizia in molte parti del mondo.
Enrico incarna oggi al meglio la figura dell’imprenditore del vino capace di coniugare professionalità ma anche gioia di vivere. Due elementi a mio parere fondamentali che devono caratterizzare sempre il lavorare nel mondo del vino.
Non conoscevo Ida anche perché solo da poco è entrata a tempo pieno nell’attività vitivinicola, dopo tanti anni di professionismo nel settore dell’equitazione che l’ha portata a primeggiare in molte parti del mondo.
E quella dei cavalli è una passione vera in casa Drei Donà e tra breve le due cose si uniranno perché in azienda è entrato da qualche mese uno straordinario esemplare di cavallo TPR (tiro pesante rapido), che darà supporto in alcune lavorazioni in vigna.
Ida, infatti, sta concludendo un corso per l’utilizzo dei cavalli in vigneto e così finalmente le due passioni troveranno uno sbocco comune.
Ma i 23 ettari vitati della Tenuta, disposti nelle bellissime colline romagnole, tra la città di Forlì, Castrocaro e Predappio, sono una dimostrazione perfetta di quanti paesaggi vitati mozzafiato abbiamo nel nostro Paese.
Osservare il vigneto, disposto in un unico blocco, dalla bella terrazza alla quale si accede tra i due imponenti aironi realizzati dallo scultore Oscar Dominguez, è veramente suggestivo
Inserirò sicuramente anche questo luogo tra le migliori terrazze del vino italiane.
Osservando il vigneto ed ascoltando le parole di Enrico, mi viene in mente che suo papà è stato anche un importante “trasgressore” della tradizione viticola dell’Emilia-Romagna.
All’inizio del suo percorso, infatti, intuì come questa terra, oltre allo straordinario Sangiovese, poteva avere anche una eccellente vocazionalità per alcuni vitigni internazionali come Cabernet Sauvignon, Chardonnay, Riesling Renano.
E sicuramente fu un intuizione felice capaci di dare due eccellenze come il Magnificat (Cabernet Sauvignon) e il Tornese (Chardonnay e Riesling Renano).
Una popolarità vasta per questi due vini che però non ha certo oscurato quella del Sangiovese, a partire dalla prestigiosa interpretazione racchiusa nel Pruno.
Ma è difficile parlare “solo” di vino nella bella corte dei Drei Donà.
L’anima di Claudio aleggia sempre ma non lascia certo spazio alla tristezza o nostalgia.
Giovanna è riuscita a trasmettere ai figli soprattutto la gioia di vivere e la necessità di essere concreti.
Ci lascia citando un pezzo della splendida poesia di Ennio Flaiano “C’è un limite al dolore”: “…Il gioco è questo: cercare nel buio qualcosa che non c’è, e trovarlo”.
Qui, in questa bella Tenuta, sulle colline allo sbocco delle valli dei fiumi Rabbi e Montone, quel qualcosa l’hanno trovato.