Abbiamo fatto un piccolo censimento in questi giorni dividendo le notizie, che stiamo ricevendo in queste ultime settimane, tra quelle “costruttive” e quelle “distruttive”.
Tre le prime abbiamo inserito quelle che raccontano di esperienze positive nonostante l’emergenza Covid-19, e tra le distruttive quelle che evidenziano esclusivamente le difficoltà.
Fortunatamente, seppur di poco, sono risultati in numero maggiore i comunicati “positivi”, soprattutto sul fronte delle imprese. E anche i vari sondaggi che abbiamo realizzato nei webinar da noi organizzati hanno evidenziato uno spirito ottimistico.
Attenzione, non c’è da parte nostra nessun giudizio negativo nei confronti di chi legittimamente si lamenta ma semplicemente il desiderio, che ci sta animando in questi difficili mesi, di provare sempre ad andare oltre a questa pandemia che in questi giorni finalmente, almeno nel nostro Paese, sembra avere allentato la sua morsa.
Cercare di capire quanti danni sta causando e causerà la pandemia anche al settore vitivinicolo è sicuramente utile soprattutto per sollecitare le istituzioni a mettere a disposizione risorse sia per la sopravvivenza che per la ripartenza, ma rischia di diventare una zavorra se non si riesce ad andare oltre.
E per noi l’oltre è rappresentato dal costante investimento nel trovare soluzioni, alternative, nell’essere creativi.
Di soluzioni, in questi difficile mesi, ne abbiamo ascoltate parecchie anche se, a dire il vero, la maggioranza di esse si concentra sul tema della comunicazione e cioè di come riuscire a relazionarci pur in presenza di un ancora preoccupante distanziamento sociale.
Su questo fronte, è importante sottolineare come la gran parte delle imprese abbia reagito con notevole dinamismo attraverso lo sfruttamento degli strumenti digitali a disposizione.
Ma è evidente che questa crisi non tocca solo l’aspetto comunicativo ma va ad incidere molto più in profondità mettendo a rischio la sostenibilità economica di molte nostre imprese.
Se quindi vogliamo individuare soluzioni che possono rappresentare una reale opportunità per la sopravvivenza di molte nostre realtà produttive bisogna saper osare di più e andare oltre la “semplice” tematica della comunicazione. Non basta, infatti, dimostrare “a parole” che siamo vivi, dobbiamo realmente esserlo.
In questo editoriale vogliamo soffermarci su due possibili soluzioni, quelle peraltro già evidenziate in qualche misura anche da Emilio Pedron, uno dei massimi esperti italiani di gestione di impresa del vino, in una nostra recente intervista: le reti di impresa; un maggior investimento nelle nostre denominazioni.
Il presupposto di tali soluzioni è legato al problema dimensionale di gran parte delle nostre imprese. Un limite che se è tollerabile in tempi di “vacche grasse” può trasformarsi in una grave lacuna quando l’asticella si alza tantissimo come in questa fase che molto probabilmente si prolungherà per molto tempo.
E a prescindere dalla durata di questa grave emergenza rimane il fatto che nessuna impresa ormai può permettersi di non essere ben strutturata, anche dal punto di vista delle risorse umane.
A proposito di risorse umane ci piace riprendere l’auspicio di Pedron che condividiamo in pieno: “Vorrei che da questa crisi si formasse una nuova élite manageriale capace di cambiare, riprogrammare con generosità, energie, flessibilità e soprattutto capace di idee ingegnose, necessarie per competere e sopravvivere. Persone preparate e proiettate al cambiamento senza incrostazioni del passato”.
Come dargli torto.
Ma devono essere manager ed imprenditori che oggi accolgano finalmente, senza più riserve, le opportunità delle reti di impresa. Per chi ci segue da tanto tempo sa che è un nostro credo per il quale abbiamo investito molto in questi anni non sempre con ottimi risultati, purtroppo, a causa di un individualismo cronico del nostro sistema produttivo. Ma per dirla ancora alla Pedron “il produttore solitario avrà sempre più ostacoli e rischia di essere sopraffatto”.
Ne siamo così convinti che proprio in queste settimane abbiamo ripreso il progetto di costruzione di due reti di impresa, una dedicata alle piccole realtà del biologico italiane, gestite da giovani imprenditori, e un’altra di aziende di medio-piccole dimensioni orientate ai mercati internazionali. Ma a breve daremo ulteriori dettagli.
Sicuramente l’altra soluzione che oggi appare strategica, quasi inevitabile, è un miglior investimento nelle nostre denominazioni.
Il brand territoriale rappresenta una potenzialità straordinaria ancora oggi troppo poco sfruttata dal nostro sistema vitivinicolo. Inutile ricordare ancora una volta come siano troppo poche le denominazioni realmente performanti nel nostro Paese.
Ma tutte le denominazioni italiane, a partire da quelle più note, devono rivedere fortemente la propria impostazione per capire come diventare uno strumento migliore per supportare la competitività delle imprese sia sul mercato nazionale che su quelli esteri.
Non possono più rimanere ancorate a modelli del passato, devono finalmente rendersi conto che rappresentano brand “commerciali” a tutti gli effetti. Per questa ragione devono avere al loro interno competenze di marketing strategico, di comunicazione evoluta, di analisi di posizionamento e reputazione.
Noi siamo convinti che se ci sarà quel salto di qualità delle nostro denominazioni, tra l’altro auspicato ben prima dell’ingresso del Coronavirus nelle nostre esistenze, non solo supereremo questa grave crisi ma getteremo le basi per una competitività di lunga gittata per il nostro sistema vitivinicolo.

Superare la crisi: cercasi soluzioni
Non possiamo più sprecare energie nel lamentarci ma trovare tutte le soluzioni possibili per andare oltre questa crisi e lo dobbiamo fare in fretta. Due soluzioni ci sembrano tra le più utili e attuali: le reti di impresa e un migliore sfruttamento delle nostre denominazioni.