Gino appare quasi intimorito nel superare il maestoso cancello che conduce alla splendida struttura dell’azienda Umberto Cesari. Se non volessimo apparire un po’ provinciali ci verrebbe da dire che ci sembra di trovare un pezzo della californiana Napa Valley in terra emiliano-romagnola.
E questo perché la Umberto Cesari, tra i tanti meriti, ha anche quello di aver sviluppato un modello di accoglienza molto simile a quanto si trova nella nota zona vitivinicola californiana.
Ma le similitudini finiscono qui, perché la Umberto Cesari è molto altro.
Un molto altro che potremmo sintetizzare in questi due grandi risultati: l’essere riuscita a dimostrare al mondo che l’Emilia-Romagna era in grado di produrre grandi Sangiovese pur non essendo la Toscana; che in Emilia-Romagna non esistono solo grandi cooperative ma anche aziende private capaci di realizzare ottime eccellenze vitienologiche.
Potrebbero sembrare due risultati non poi così eclatanti per chi non conosce a fondo l’evoluzione della reputazione del vino italiano.
Ma vi posso garantire, vista ormai la prevalenza di capelli bianchi sulla mia testa, che quello che è riuscito a fare Umberto Cesari, scomparso purtroppo nell’aprile dello scorso anno, ha dello straordinario.
Essere produttori privati in una terra come l’Emilia-Romagna cinquant’anni fa non era certo semplice.
Per tanti, troppi anni l’Emilia-Romagna ha subito una reputazione non eccelsa sotto il profilo vitivinicolo. Era considerata una regione sostanzialmente riconosciuta solo per le grandi produzioni, in particolare di un vino come il Lambrusco e poco altro.
Il modello cooperativistico industriale, pur dimostrando capacità imprenditoriali di assoluto pregio non riusciva a modificare quel tipo di reputazione.
La discesa in campo di un pioniere coraggioso come Umberto Cesari ha di fatto consentito alla vitivinicoltura emiliano-romagnola di scrollarsi di dosso un’immagine che l’aveva condizionata per tantissimo tempo.
Di fatto, pertanto, la Umberto Cesari è stato un costante faro accesso tra le vigne dell’Emilia-Romagna a dimostrare l’alta vocazionalità vitivinicola di questa regione.
Non solo, ma Umberto Cesari è stato in grado di diventare qualcuno che molti consideravano impossibile: ambasciatore del Sangiovese nel mondo.
Proprio così, un emiliano-romagnolo doc è riuscito ad accreditare un vitigno considerato una sorta di esclusiva toscana, nell’olimpo dei grandi rossi a livello mondiale.
Ho incontrato spesso Umberto Cesari nel mio girovagare negli eventi del vino e in lui ho sempre riscontrato una grande signorilità e disponibilità.
Sono uomini difficilmente sostituibili nel panorama vitivinicolo del nostro Paese. Uomini lungimiranti, capaci di vincere pregiudizi e luoghi comuni nella convinzione della forza della propria terra.
Oggi la Umberto Cesari è la più importante azienda privata dell’Emilia-Romagna ed è diventata anche un importante luogo di accoglienza enoturistica grazie ad una struttura non solo di grande pregio ma anche di straordinaria funzionalità.
Il nostro incontro con l’azienda, infatti, è stato all’insegna dell’enoturismo, vivendo le esperienze che la Umberto Cesari fa vivere ai suoi ospiti.
Esperienze che rompono gli schemi classici della degustazione offrendo abbinamenti decisamente inusuali, di grande originalità in atmosfere eleganti e di grande convivialità al tempo stesso.
A fare gli onori di casa Daniela Iogna, sommelier di lunga esperienza e tra le responsabili dell’accoglienza.
Una bella dimostrazione che un’azienda può essere raccontata ottimamente anche da un collaboratore se questo entra completamente e autenticamente nell’identità dell’impresa che deve comunicare.
Daniele era talmente coinvolta nelle descrizioni dell’azienda e dei suoi prodotti che poteva perfettamente essere scambiata per la titolare.
E solo così è possibile essere efficaci nell’attività di accoglienza e risultare autentici e credibili agli occhi dei visitatori.