Siamo giunti al secondo giorno di ProWein, giornata fondamentale dal punto di vista commerciale e molto utile per comprendere realmente l’andamento di questo appuntamento fieristico internazionale.
Un momento caldo in cui abbiamo voluto dare un contorno, un perimetro più preciso alle tante testimonianze, opinioni e impressioni che abbiamo raccolto durante la giornata di apertura appena trascorsa. Ne è scaturita una disamina generale caratterizzata da visioni differenti ma senz’altro meno polarizzate rispetto alla giornata inaugurale.
Produttori e manager ci hanno testimoniato una presenza importante di buyer tedeschi (nulla di nuovo) ed un ottimo numero di professionisti dall’Est-Europa (Rep.Ceca, Romania, Slovacchia, Polonia, addirittura Russia).
Gli scandinavi sembrano un po’ in crisi, affluenza al di sotto delle aspettative per i professionisti provenienti da USA, Canada e delusione diffusa per i pochi buyer asiatici presenti all’evento.
Il clima di incertezza è un sentimento condiviso e per molti ha condizionato le scelte dei professionisti anche dal punto di vista della programmazione di eventi prestigiosi come ProWein.
La percezione è che si confermi una fiera realmente dedicata agli operatori, una fiera in cui l’aspetto organizzativo è centrato e molto ben gestito. La pianificazione risulta molto precisa, le persone sono profilate ed i meeting sono molto concreti.
Secondo alcuni c’è anche una maggiore tendenza a ricercare prodotti innovativi, una curiosità più diffusa di scoprire e provare qualcosa di meno blasonato ma più particolare e ricercato.
La nota dolente? Senz’altro i costi, lo hanno riferito in molti, si parla di aumenti di circa il 30-35% nel complesso. Un aspetto che non è sostenibile, soprattutto in relazione al frangente storico-economico che stiamo vivendo e alle molteplici crisi che si sono susseguite, specialmente nell’ultimo triennio.
In ottica di sostenibilità economica, è emersa fortemente anche la questione relativa alla programmazione così ravvicinata di tre importanti fiere di settore come Wine Paris, ProWein e Vinitaly. Ciò che ci hanno riferito si può riassumere in una frase chiara: tutte e tre non si possono fare. Non si possono fare per ragioni economiche, logistiche, organizzative e “last but not least” fisiche.
Se è vero che si creerebbe una sana competizione tra le diverse kermesse, la partecipazione alla “triade” fieristica non giustificherebbe gli investimenti a monte e non sarebbe in linea con i presupposti.
Ma come dicevano gli antichi Romani, “Mortuo leoni etiam lepores insultant” (quando muore il leone anche le lepri lo insultano), in sostanza sono tutti bravi a criticare, meno a trovare soluzioni.
Le criticità sono evidenti ma quali potrebbero essere le reali alternative? La percezione generale è che gli operatori sentano il bisogno di partecipare a eventi fieristici rinnovati (non soltanto ProWein), ripensate in un’ottica più mirata.
Privilegiare fiere di territorio dove venga valorizzata maggiormente la componente identitaria potrebbe essere una chiave per rinnovare e ridefinire la “fiera del futuro”.