Sono pochi gli Chardonnay così noti come quello prodotto dalla Rombauer Vineyards, nota azienda vinicola di Napa Valley che festeggia quest’anno il suo 40° anniversario ed è tuttora a conduzione familiare.
Il presidente e CEO Bob Knebel ha gestito l’azienda vinicola negli ultimi cinque anni, ma ha fatto una lunga carriera come dirigente nel settore dell’aviazione con diverse aziende, tra cui Learjet.
Oggi l’azienda possiede 670 acri di vigneti e produce circa 325.000 casse, di cui circa due terzi di Chardonnay.
Knebel appassionato di vino sin dall’adolescenza, ha stretto amicizia con i Rombauer a metà degli anni ’90 – Koerner Rombauer era un ex pilota – e gli è stato chiesto di diventare membro fondatore del Consiglio di Amministrazione dell’azienda nel 2002, prima di assumere un ruolo operativo come dirigente.
Lo ha intervistato Andrew Adams, Editor di Wine Analytics Report.
Come ha reagito l’azienda vinicola alla crisi di COVID-19 in termini di strategie e vendite?
Abbiamo sperimentato un immediato e sostanziale cambio di canale. Il calo delle vendite al dettaglio è stato significativo, e il nostro business DtC (direct-to-consumer) è quasi triplicato. Siamo stati in grado di impiegare tutti i nostri dipendenti a tempo pieno semplicemente spostandoli in nuovi ruoli.
Da molti anni abbiamo un mix davvero ben bilanciato di vendita al dettaglio, ristoranti e vendite DtC ed in questo momento sono davvero soddisfatto per il fatto che non ci siamo concentrati esclusivamente su un unico canale.
Come avete gestito le assegnazioni o i trasferimenti del vino dai canali on-premise a quelli retail o DtC?
È stato molto rapido. I nostri distributori in tutto il Paese hanno fatto un ottimo lavoro per andare incontro rapidamente alla domanda dei consumatori.
La domanda che tutti si ponevano era se i consumatori si sarebbero limitati in principio a fare scorta e a mettere il vino in cantina per poi rallentare drasticamente gli acquisti.
Per fortuna abbiamo un brand forte e una domanda costante da parte dei consumatori, quindi il nostro è un prodotto che può spostarsi con relativa facilità da un canale all’altro: in questo caso particolare verso la vendita al dettaglio una volta che i ristoranti sono stati costretti a chiudere.
Avete fatto qualcosa di proattivo a questo proposito in termini di esperienze online? O pensa che sia stata la fedeltà al brand che avete costruito nel corso dei decenni ad essere più utile in questa crisi?
È stata una combinazione. Sicuramente i nostri clienti sono stati i nostri brand ambassadors per decenni. Ma ogni giovedì sera organizziamo delle degustazioni virtuali, sono un vero spasso, ne abbiamo fatte cinque di fila.
Prima della crisi, come descriverebbe le vendite nel loro complesso?
Le nostre vendite sono state costantemente forti, una crescita bilanciata anno dopo anno. Le vendite restano buone per il momento, ma vedremo cosa succederà nei prossimi mesi, il lockdown ha causato molti danni economici. Alcuni segmenti dell’economia impiegheranno più tempo a riprendersi e potremmo assistere ad una domanda altalenante nel corso del prossimi due anni.
Qual è la vostra sensazione rispetto alla domanda dei consumatori di Chardonnay?
Lo Chardonnay rimane uno dei vini preferiti da una larga fetta di consumatori. Il suo carattere complesso si presta ad ampie variazioni di stile di produzione. E credo che questo crei molto interesse soprattutto tra i consumatori esperti appassionati di vino che hanno provato molte tipologie diverse. Lo Chardonnay può essere o non essere il loro preferito, ma credo che apprezzino il fatto che uno Chardonnay ben fatto sia qualcosa di speciale con certi abbinamenti gastronomici.
Sappiamo che i gusti e le preferenze dei consumatori sono molteplici ed è per questo che abbiamo una gamma ampia di prodotti.
In generale a livello di settore, non abbiamo ascoltato abbastanza le esigenze e non abbiamo interpretato sufficientemente le tendenze che spingono i Millennials e la Generazione Z all’acquisto.
In che modo l’industria, e soprattutto i brand affermati come Rombauer, continuano a soddisfare i consumatori di vino che hanno alimentato la crescita negli ultimi decenni e allo stesso tempo si relazionano con i nuovi che si approcciano ora al vino?
Non si tratta solo di vino, ma di relazioni. Ed è per questo che, quando le tasting rooms sono aperte, vediamo spesso due o tre generazioni della stessa famiglia che si godono i nostri vini.
Come ho detto precedentemente come comparto non abbiamo avuto la capacità di ascoltare le generazioni più giovani, i loro bisogni e i loro valori.
L’attenzione per l’ambiente e la salute sono due valori che sono alla base delle scelte dei Millennials e della Generazione Z, vanno capiti ed assecondati.
Qual’è il ruolo del vino nel contesto della ripresa economica?
Quando c’è una crisi – l’abbiamo osservato soprattutto dopo l’11 settembre – credo che cresca il bisogno di stare insieme. Credo che la DtC sarà fondamentale per la ripresa economica generale, ma non vedo l’ora che riemerga anche il settore della ristorazione, penso sia vitale.
Sono rimasto impressionato e sono stato felice di vedere come molte aziende si siano sostenute a vicenda, sono state organizzate molte attività filantropiche ed abbiamo partecipato in prima persona, orgogliosi di poter aiutare in base alle nostre possibilità.