Per noi di Wine Meridian parlare di marketing significa anzitutto fare chiarezza sull’importanza di non confondere l’oggetto della comunicazione con gli strumenti utilizzati per farla arrivare a destinazione. Non avere chiaro questo concetto significa tarpare le ali alla buona comunicazione mentre, purtroppo, la nostra attività quotidiana ci dimostra che non c’è ancora consapevolezza su un aspetto tanto semplice quanto essenziale.

Per quanto riguarda i contenuti del marketing una nostra recente indagine, che ha raccolto le testimonianze di circa 300 cantine, ha evidenziato che la comunicazione del vino è ancora largamente prodotto-centrica e spesso ripetitiva. Il pericolo della noia e della ripetitività è sempre dietro l’angolo: sfortunatamente l’originalità del messaggio, l’identità aziendale e l’autenticità non sono sempre in cima alle priorità dei produttori.

Se si passa agli strumenti comunicativi bisogna anzitutto ammettere che il mondo del vino negli ultimi anni manifesta una fortissima esigenza di cambiamento: stando alla nostra indagine i social media, con piattaforme quali Instagram e TikTok, sono oggi di gran lunga lo strumento più usato, mentre, a una certa distanza, segue la partecipazione a fiere ed eventi.

Se pensiamo agli strumenti che hanno avuto maggiore diffusione negli ultimi 20 anni, è chiaro che la comunicazione tradizionale ha lasciato nel tempo enormi spazi ai siti web aziendali, che rappresentano il centro nevralgico di qualunque strategia di comunicazione, con tutti i rischi che ciò comporta: un sito web piatto, poco accattivante, banale e fatto tanto per fare, ha la capacità di fare ingenti danni all’immagine aziendale.

Una cosa è certa: vendere vino ignorando le potenzialità dei nuovi strumenti digitali e rinunciando ad applicarli nella promozione del brand e del prodotto diventerà sempre più difficile in futuro. Il digitale è entrato prepotentemente nel marketing del vino: applicazioni tecniche di voice marketing, come i podcast, esperienze di realtà aumentata e virtuale, come il Metaverso e i Non Fungible Token, contenuti digitali in grado di rappresentare oggetti collezionabili come il vino, sono già il presente. L’intelligenza artificiale si fa strada nella gestione automatizzata della cantina, nelle pratiche in vigna, nell’analisi dei dati, nella lettura dei gusti della clientela.

Tutto ciò non riguarda soltanto la promozione del prodotto, ma anche la gestione delle esperienze enoturistiche, che si aprono alla possibilità della c.d. gamification e all’intrattenimento virtuale.
Ma non dobbiamo cadere nell’errore di pensare che la comunicazione sarà efficace e accattivante soltanto se rinnoverà sempre le sue forme espressive: gli strumenti innovativi non sono esenti dalla standardizzazione e dalla spersonalizzazione, trappole che, in termini di efficacia della comunicazione, si traducono nella neutralità del messaggio, per assuefazione e noia.

Anche i social stanno vivendo un pericoloso momento di stanca, e iniziano a mostrare segni di un invecchiamento precoce e pericoloso: la fascia dei giovanissimi sta mostrando una certa insofferenza nei confronti della mancanza di autenticità e della banalizzazione dei contenuti digitali.

Ciò accade perché il mercato del vino ha bisogno di trovare continui stimoli emotivi e nessuna tipologia di strumento di marketing può essere esente dal rischio di obsolescenza dei contenuti.

Per questa ragione riteniamo che il futuro del marketing del vino non comporterà l’abbandono della comunicazione tradizionale, ma la ricerca, sempre più sfidante, del giusto connubio tra strumenti digitali e supporti comunicativi “fisici”. Le nuove frontiere della comunicazione non dovranno tendere a soppiantare il marketing vecchio stile: pensiamo all’etichetta tradizionale, regina della comunicazione del prodotto, che resiste egregiamente, ad oggi, alle tentazioni della realtà aumentata; oppure, solo per fare qualche altro esempio, materiale cartaceo per eventi, quali brochure, locandine, biglietti da visita, sottobicchieri in carta stampata, oppure di accessori tradizionali, del tipo di cavatappi o set da vino, che rappresentano a nostro avviso ancora oggetti molto apprezzati, capaci di incorporare un’idea di fedeltà al brand e di senso di appartenenza ad una community. Parliamo di un merchandising che in passato ha rappresentato un importante forma di promozione e di fidelizzazione della clientela e che oggi, in barba alle novità digitali, rappresenta un pezzo del puzzle che ha ancora la sua importanza: lo vediamo nelle fiere, ogni anno: ci sono oggetti di culto, soprattutto per il wine lover, che non sembrano perdere ancora il loro fascino.

La nostra opinione di operatori della comunicazione è che dalla brochure alla realtà virtuale, dall’etichetta al podcast, ogni tool dl marketing deve mantenere la sua capacità di catturare il contatto e invitare all’interazione, e che soltanto un accurato approccio multicanale possa garantire, fatta salva l’originalità e l’autenticità dei contenuti, la maggiore visibilità sui volubili e capricciosi mercati del mondo del vino.