Cominciamo con una storia: Adam Teeter – co-fondatore e CEO di Vine Pair – si trovava insieme alla moglie al Gott’s Roadside Restaurant a St. Helena, Napa Valley (California – USA), quando ha incontrato un gruppo di Millennials che gli hanno domandato quale, delle varie cantine presenti nella Napa Valley, valesse davvero la pena visitare.
Teeter ha elencato alcune aziende, una in particolare ha catturato l’attenzione dei Millennials: si trattava di una azienda che ha scelto di vendere il proprio vino anche nei supermercati, inserendo le proprie referenze nel canale della grande distribuzione.
Questo particolare ha suscitato reazioni negative da parte del gruppo di giovani, i quali hanno fatto presente a Teeter che questa scelta danneggia l’immagine del brand e indebolisce fortemente il valore percepito, soprattutto se si tratta di un brand “premium” di alta gamma.
Questa vicenda è emblematica ed ha portato il CEO di Vine Pair a porsi la domanda: “Un brand venduto nei supermercati potrà mai essere considerato un brand di lusso?”.
Secondo Teeter, la risposta è semplice e concisa: no.
Perché?
L’idea del lusso ruota attorno ad una serie di fattori, di prodotti e di brand che vengono considerati effettivamente premium. È importante notare il verbo “considerare” poiché non necessariamente un prodotto considerato premium a livello sociale e culturale, lo è poi concretamente anche a livello qualitativo.
Tuttavia, il mercato premium si basa sulla percezione di esclusività di un vino e sul suo fascino: “9 sommelier su 10 troverebbero strano aggiungere alla propria carta vini un vino che può essere acquistato nei supermercati”.
Come si costruisce allora un brand di lusso negli Stati Uniti?
Teeter propone 3 consigli utili:
- Se si cerca di costruire un marchio di vini di lusso, evitare di vendere il proprio prodotto nei supermercati;
- Non sottovalutare i supermercati: potrebbero essere una strada vantaggiosa per il brand, soprattutto con una recessione in arrivo;
- Indipendentemente dal fatto che si scelga di distribuire il proprio brand in supermercati o ristoranti ed enoteche di fascia alta, bisogna essere in grado di supportare i propri posizionamenti sul mercato.
“Il focus dovrebbe essere nella maggiore visibilità possibile: distribuzione, strategie comunicative che coinvolgono media influencer conosciuti e sommelier. Per fare questo, però, ci vuole tempo”, prosegue Teeter.
Secondo Teeter bisogna anche tenere conto della situazione inflazionistica che stiamo vivendo in questo periodo e del fatto che un vino venduto nei supermercati non solo comporta più clienti, grazie ad un prezzo più accessibile, ma anche meno buyer con cui confrontarsi.
C’è anche un rovescio della medaglia: “Vendere il proprio vino nei supermercati non equivale ad avere successo, anche perché comporta maggiore competizione”, specifica il CEO di Vine Pair.
Alla fine, comunque, l’equilibrio sta nel mezzo: “Alcune aziende che producono vini premium, vendono una versione più entry-level dedicata proprio ai supermercati”, conclude Teeter.