Con l’avvicinarsi della scadenza di Brexit, l’industria vinicola britannica e i suoi fornitori partner dell’UE si trovano ad affrontare due principali problematiche commerciali: normative e dazi.

Come rileva Richard Halstead di Wine Intelligence, la querelle tra Regno Unito e UE sulla natura esatta del rapporto commerciale che si verrà ad instaurare con l’avvio di Brexit non si è ancora risolta. A quattro anni dal voto referendario, a 7 mesi dal “Brexit Day” (31 gennaio 2020, quando il Regno Unito ha ufficialmente lasciato l’UE) e a poco più di 100 giorni dalla fine del periodo di transizione durante il quale il Regno Unito ha accettato di rispettare il diritto comunitario, nessuno sa ancora come sarà il futuro dal 1° gennaio 2021.

Incertezza e piani di emergenza sono ancora una volta all’ordine del giorno, proprio come lo erano lo scorso autunno prima della conclusione dell’accordo di ritiro dall’UE, quando gli importatori britannici corsero a fare scorta di merci in previsione di un potenziale congelamento delle importazioni dopo il “Brexit Day”. 
La conclusione degli accordi lo scorso dicembre avrebbe dovuto porre le basi per un periodo di negoziazione che avrebbe portato ad un accordo commerciale ampio e sensato. Ma ancora non vi è alcun segno di accordo e la buona volontà tra le due parti è molto scarsa.

L’ultima fonte di divisione è la minaccia implicita da parte dell’UE di imporre restrizioni alla circolazione delle merci tra il Regno Unito continentale e l’Irlanda del Nord nel caso in cui non si raggiunga un accordo. 
La contro-minaccia da parte del Regno Unito è quella di rifiutare le parti dell’accordo che riguardano la regolamentazione dei dazi sulle merci che viaggiano tra le due parti del Regno Unito, che diventerebbe necessaria per mantenere una frontiera aperta tra l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda (Éire), come stabilito nell’accordo di pace raggiunto nel 1998 (noto anche come Accordo del Venerdì Santo) che ha posto fine al conflitto in Irlanda del Nord.

Per quanto riguarda la normativa, la questione chiave è se tutto il vino importato nel Regno Unito dal 1° gennaio 2021 debba essere accompagnato dal “tristemente famoso” modulo VI-1, che richiede la obbliga alla divulgazione di una serie di informazioni relative al prodotto, inclusa la prova del contenuto confermato da test di laboratorio. 
Questo requisito è in vigore per il 45% del vino attualmente importato nel Regno Unito da paesi extracomunitari e l’attuale politica del governo prevede l’estensione di tale obbligo alle importazioni di origine comunitaria dopo la fine del periodo di transizione di Brexit. 
Il risultato sarà il raddoppio delle pratiche burocratiche per gli importatori con sede nel Regno Unito e nuovi oneri burocratici per chiunque cerchi di esportare nel Regno Unito da qualsiasi paese dell’UE. 
La UK Wine & Spirits Trade Association (WSTA) ritiene che costerà all’industria circa 70 milioni di sterline (76 milioni di euro) all’anno. La WSTA sta facendo pressione sui politici affinché questo requisito venga eliminato, ma non è ancora chiaro se apparirà o meno nella versione finale della legge britannica post-transizione, attualmente in fase di approvazione da parte del Parlamento britannico.

L’altra incognita riguarda quali dazi saranno imposti sulle importazioni di vino, anche se in questo caso la questione è un po’ più chiara. L’attuale politica del governo è quella di applicare ai vini dell’UE la stessa aliquota che l’UE applica attualmente al vino proveniente da paesi terzi. Ciò significa 10 sterline per ettolitro per il vino fermo (10 centesimi di sterlina per litro) che salgono a 26 sterline per ettolitro per i vini spumanti. Al momento non sembra esserci alcuna prospettiva di riduzione per questi dazi ma nulla è ancora definitivo.