Basta andare a visitare il Museo del vino di Villa Canestrari (Illasi, via del Castello 20) per toccare con mano da un lato la lunga storia di quest’azienda (oltre 125 anni) e dall’altro la straordinaria evoluzione vitivinicola di questa terra che comprende due delle denominazioni italiane più importanti come quella del Soave e della Valpolicella.
In questo lembo di terra, ad est della città di Verona, Villa Canestrari ha costruito negli anni una delle più interessanti esperienze vitienologiche della provincia veronese.
Oggi l’azienda è nella mani di Francesco Bonuzzi che ha raccolto, ormai da alcuni anni, insieme alla madre Adriana, un testimone che si tramanda ormai da 4 generazioni, e cioè da quando nel 1888 Carlo Bonuzzi, capostipite della famiglia e proprietario di molti vigneti nella Val d’ Illasi, si diploma alla regia scuola di enologia di Conegliano Veneto, e dà un contributo chiave all’ evoluzione aziendale. “Nel 1990 ” racconta Francesco ” l’azienda prende il nome di “Villa Canestrari” grazie alla fusione delle aziende delle famiglie Bonuzzi (da parte paterna) e Franchi (da parte materna)”.
C’è un denominatore comune in questa lunga storia aziendale e cioè la forza e il coraggio di innovare sempre, di utilizzare le esperienze per migliorare continuamente.
“Si tratta di un tratto di famiglia ” spiega Francesco ” e testimoniato anche dalla numerosa documentazione in nostro possesso e visibile all’interno del nostro Museo. Libri, documenti che dimostrano come per noi “studiare”, approfondire le tematiche vitienologiche, le caratteristiche dei nostri territori di produzione è sempre stato alla base per poter migliorare le nostre produzioni. Per questo pensiamo sia molto importante il nostro Museo anche per testimoniare che non potrebbe esistere evoluzione senza avere basi solide di ricerca e coraggio nell’innovazione”.
Oggi il Museo del vino di Villa Canestrari rappresenta un eccellente esempio di efficace strumento per la valorizzazione territoriale e per la promozione enoturistica.
“Il contatto diretto con gli appassionati, con i nostri clienti ” sottolinea Francesco ” è da sempre un nostro impegno primario. Anzi stiamo ulteriormente investendo per fare di Villa Canestrari un punto di riferimento anche per l’organizzazione di eventi e per un’accoglienza sempre più adeguata per intercettare gli attuali e futuri flussi turistici”.
Ma per Francesco Bonuzzi enoturismo significa anche dimostrare concretamente le differenze tra un piccolo produttore artigianale e un grande produttore industriale. “Per noi oggi è fondamentale trovare strumenti per rimarcare le nostre peculiarità ” spiega Francesco ” perché altrimenti rischiamo di rimanere invischiati in uno dei rischi più grandi per il Soave, ma anche per praticamente tutte le denominazioni italiane, è cioè quello dell’indifferenziazione”.
“E’ sempre più difficile per le aziende come la nostra, medio-piccole ” aggiunge Francesco – far capire che siamo diversi dai colossi produttivi, che inevitabilmente il nostro prezzo non può essere quello dei grandi gruppi industriali, a partire dal modello cooperativo”.
“In qualche modo, soprattutto quando siamo sui mercati internazionali ” sottolinea Francesco ” dobbiamo sempre giustificarci per legittimare le nostre richieste economiche, il nostro posizionamento. Sarebbe straordinario avere invece strumenti per differenziarci a partire dai nostri disciplinari di produzione, ma al momento così non è”.
Difficoltà che comunque non impediscono a Villa Canestrari di credere ancora fortemente al brand Soave.
“Noi ci continuiamo a credere ” evidenzia il titolare dell’azienda ” ma al tempo stesso siamo sempre più convinti che sia necessaria un’operazione “verità” che metta a nudo la nostra denominazione e faccia capire con trasparenza le diverse anime del Soave. Ma lo stesso vale anche per la Valpolicella che corre i medesimi rischi se non vengono meglio esaltate le diverse pecualiarità produttive, a partire dalle dimensioni aziendali”.
“Non si tratta di fare guerre ideologiche tra grandi e piccoli ” spiega Francesco ” ma di trovare strumenti sempre più efficaci per far emergere in particolare le differenze in termini di dimensioni produttive, di siti produttivi (il ruolo dei cru è molto importante). In questa direzione il Consorzio di tutela del Soave è sicuramente tra i più attivi in Italia ma questo non è sufficiente quindi probabilmente bisognerà avere il coraggio di agire anche sulle norme che regolano la denominazione”.
Ma Francesco Bonuzzi non è un uomo che si “limita” ad attendere i cambiamenti e per questo di anno in anno sta cercando di rendere sempre più identitari e riconoscibili i suoi Soave.
“Stiamo crescendo ed investendo in particolare nel nostro Soave Superiore Riserva ” sottolinea Francesco ” anche per evidenziare a quali picchi di qualità si possa giungere con questo vino. Siamo in molto pochi a produrre una Riserva di Soave e questo dimostra che vi sono ancora troppi quelli che non si rendono conto di quali livelli qualitativi possa raggiungere questo vino. Poi nel nostro Soave base “Vigne di Sande” abbiamo invece investito nel concetto di cru, nella consapevolezza della straordinaria importanza di legare un vino ad un suo specifico sito produttivo”.
E in prospettiva, quali sono le visioni future di Francesco Bonuzzi?
“Sul fronte del marketing e della comunicazione faccio fatica ad immaginare cosa si possa fare di più per migliorare la reputazione del Soave ” risponde Francesco ” e pertanto penso che oggi il fronte più importante sul quale investire sia quello della distinzione chiara tra modelli produttivi. Basterebbe probabilmente un messaggio semplice per far capire questa differenza a tutti e questo determinerebbe uno straordinario strumento di trasparenza e di chiarezza sui mercati”.