In un recente articolo apparso su The Wine Economist e firmato da Mike Veseth – redattore di The Wine Economist, autore di numerosi libri e professore emerito di Economia politica internazionale presso l’Università di Puget Sound nello Stato di Washington – all’orizzonte si profilano nubi di tempesta per il commercio globale del vino.

Queste perturbazioni sono profonde e diffuse lungo tutta la catena delle materie prime ed avranno un impatto sia sulla domanda che sull’offerta. 

Veseth ha analizzato brevemente la situazione attuale, prendendo in esame 4 sfide principali.

1 – Perturbazioni dell’offerta

Alcune delle tempeste per quanto riguarda l’offerta sono concretamente tempeste: abbiamo assistito a vento, grandine, temperature gelide nelle principali regioni vitivinicole d’Europa, per poi registrare ondate di calore, siccità e incendi in altre zone, soprattutto in California.

È improbabile che i crescenti impatti climatici estremi diminuiscano e questo introduce elementi di rischio e incertezza per quanto riguarda la produzione e quindi l’offerta sul mercato. Alcuni di questi rischi sono intrinseci all’agricoltura, ma è sempre più difficile prevedere cosa si prospetta all’orizzonte.

2 – Perturbazioni della domanda

Secondo Veseth, un piccolo numero di Paesi e regioni (Francia, Italia, Spagna, California) determinano le condizioni dell’offerta e un numero altrettanto piccolo di Stati (USA, Regno Unito, Germania, Cina) rappresentano i mercati chiave sul fronte della domanda.

Questi Paesi stanno affrontando una crisi economica che probabilmente provocherà un forte impatto sulle importazioni globali di vino e, secondo un recente rapporto del FMI, una recessione globale. Il CEO di JPMorgan Jamie Dimon prevede una recessione negli Stati Uniti entro sei-nove mesi.

Le difficoltà sono un po’ diverse in ciascun Paese, ma il fatto che si siano palesate nello stesso momento desta preoccupazione. Negli Stati Uniti, ad esempio, l’inflazione è elevata e persistente, tanto da indurre la Federal Reserve a raddoppiare gli aumenti dei tassi di interesse. La speranza è quella di un “atterraggio morbido” che rallenti l’economia abbastanza da ridurre la crescita dei salari senza aumentare la disoccupazione e far precipitare l’economia in recessione.

I recenti cali dei prezzi delle azioni e il diffuso raffreddamento del mercato immobiliare sono un’altra preoccupazione. Un recente rapporto di Rabobank suggerisce che le vendite di vini super-premium, che sembrano persistere anche quando il reddito subisce una battuta d’arresto, non sono immuni alle variazioni del patrimonio netto.

3 – Problemi tedeschi e britannici

La Germania è nota per le sue importazioni di vino sfuso, che probabilmente saranno schiacciate dall’aumento dei prezzi dell’energia e dal calo della produzione nel settore manifatturiero dipendente dall’energia. I consumatori tedeschi molto probabilmente ridurranno gli acquisti e sceglieranno prezzi più abbordabili.

Il mercato britannico subirà un aumento delle bollette energetiche quest’anno ed anche il prossimo. Ma i suoi problemi sono più profondi. Dopo soli 45 giorni dalla nomina, il 20 ottobre scorso la premier britannica Liz Truss si è dimessa, il più breve mandato di sempre nel Regno Unito. Il programma economico di drastici tagli fiscali ha creato scompiglio sui mercati e diviso il suo Partito Conservatore. La Banca d’Inghilterra ha quindi dovuto alzare i tassi d’interesse ancora più rapidamente del previsto e invocare misure d’emergenza per evitare perdite dovute alla vendita dei fondi pensione.

Jeremy Hunt, il cancelliere appena nominato, ha annunciato l’abolizione di quasi tutti i tagli fiscali introdotti con la mini manovra lanciata dal governo Truss, ma molti danni sono già stati fatti e rimangono problemi fondamentali.

Come avevo riportato in un recente articolo dal titolo “UK, tasse sul vino: congelate fino al 2025”, Kwasi Karteng, Ministro del Tesoro del precedente governo Truss aveva bloccato fino al 2025 il previsto aumento delle imposte sugli alcolici, compreso il vino. Ora gli aumenti dell’imposta sugli alcolici sono stati ripristinati e le prospettive per il commercio del vino sono piuttosto negative.

4 – Il faro cinese 

Qualche anno fa avremmo guardato alla Cina come a un raggio di sole nella tempesta globale, ma non oggi. L’economia cinese è fragile in questo momento, con molti rischi da considerare, soprattutto per quanto riguarda la possibilità che la bolla immobiliare possa scoppiare o sgonfiarsi. Tuttavia nonostante la contrazione del 2021 (-2,7% in valore), le stime di GlobalData prevedono un quinquennio di crescita. Fino al 2026 il mercato cinese del vino dovrebbe espandersi con un CAGR dell’11,5% annuo, dai 42 miliardi di dollari del 2021 si dovrebbero raggiungere i 72,2 miliardi di dollari nel 2026. Un possibile faro nella nebbia della recessione globale.