Raggiungiamo Sofia Goggia in un intervallo d’autunno tra le gare e le rubiamo qualche curiosità sul vino e qualche riflessione sulla capacità di centrare i propri obiettivi.

Sofia, vogliamo regalare ai nostri lettori il punto di vista di un’atleta agonista che ha raggiunto i traguardi internazionali più prestigiosi: puoi parlarci del tuo rapporto con il vino?

Direi un rapporto di grande piacere: quando sono lontana dalle gare riesco a concedermi un bicchiere, per me la moderazione è sempre la parola d’ordine. Da 4-5 anni a questa parte, grazie ad un amico che opera nell’enoturismo, la mia conoscenza del vino si è un po’ approfondita e ho iniziato a manifestare dei gusti abbastanza definiti. D’inverno prediligo i rossi di struttura e carattere; solo per fare degli esempi, un buon Amarone o un buon Primitivo; con clima più fresco preferisco rimanere nell’area dei bianchi, delle bollicine o dei rosati. Tra tutti, devo confessare la mia passione per lo Chablis. L’Italia e l’Europa ci regalano vini eccellenti; nei miei viaggi fuori continente apprezzo particolarmente i vini argentini, soprattutto i Malbec e i Syrah, e i vini cileni.
In ogni caso cerco sempre vini dotati di una propria identità. La qualità, poi, per me è anche una garanzia di benessere: mi rendo conto della qualità di un vino dal modo in cui il mio fisico risponde; questo influenza grandemente le mie scelte in fatto di vini.

Appartieni tecnicamente alla categoria dei Millennials, che in questo momento hanno un ruolo importante nel mercato del vino, in quanto spendono, provano, apprezzano in compagnia. Ti ritrovi in questa categoria?

In ogni caso si! Bevo volentieri in compagnia e qualche volta anche da sola, quando voglio dedicarmi un momento per me. Il Coravin mi permette di aprire una bottiglia senza pensarci troppo su.
Mi capita di offrire volentieri una bottiglia al team dopo una gara: rappresenta un momento di intesa, un riconoscimento dell’impegno di tutti e una condivisione dei frutti raccolti. In questo senso credo che il vino abbia la capacità di esprimere molto, nei rapporti tra le persone. Ricordo con molto piacere alcuni messaggi di amicizia legati al vino, come quelli del mio dentista, nonchè grande amico, che in occasione del mio 26° compleanno mi regalò un Sassicaia del 2014, che a ben vedere è un anagramma di “scia assai”: l’ho preso come il migliore degli auguri! Oppure un Bolgheri di Tenuta “Argentiera”, quando ho lisciato di poco il primo posto del podio!

Molto bella questa immagine del vino come messaggero. La tua carriera sarà segnata da moltissime occasioni di apprezzamento come questa.

In effetti devo essere molto grata a chi mi incoraggia attraverso il vino: Riedel mi ha omaggiato di bellissimi bicchieri della linea “Veloce”; Gaja mi ha regalato un Barolo “Conteisa” in occasione di una vittoria, giocando anche lui sull’ anagramma, “con te sia”.

Sofia, oggi il vino è sotto la lente della regolamentazione europea per i rischi per la salute connessi ad un consumo eccessivo: qual è il tuo punto di vista?

Ritengo che ognuno debba considerarsi responsabile dei danni che causa a sé stesso e agli altri con il proprio operato: non credo che con i divieti si raggiunga l’obiettivo di evitare gli abusi. La moderazione deve essere una scelta consapevole.

Wine Meridian si occupa anche di risorse umane, di formazione, di performance personale. Come si raggiunge e si mantiene il giusto grado di concentrazione?

Credo che sia determinante scegliere bene le cose su cui focalizzarsi, avere la lucidità di capire cosa è veramente funzionale al proprio obiettivo; costruire un percorso e tenergli fede. Personalmente, sia nel quotidiano che nel pre-gara, uso molto, quando posso, il potere della respirazione; mi aiuta molto a mantenere il focus.

Come fai a sapere quando fermarti (metafora a parte), quanto rallentare? Come pensi sia possibile utilizzare al meglio il senso del limite?

Credo che sia necessaria una consapevolezza di sé molto alta, e per fare questo è indispensabile ascoltarsi. Il limite è necessario per portare rispetto a ciò che siamo. Il limite deve essere riconosciuto, se non si vuole eccedere; ciò che si può fare, invece, è spostare poco a poco l’asticella, imparare ad osare.