Coinvolgere ed intercettare la Gen Z – e la sua capacità di spesa – comporta una serie di sfide per i brand di spirits. Gli studi indicano che la Gen Z ed in particolare i nati tra il 1996 e il 2010 costituiscono ben il 40% dei consumatori in generale, con una capacità di spesa di oltre 140 miliardi di dollari. Per l’industria degli spirits capire come raggiungere questo gruppo demografico in crescita è essenziale.
Cosa interessa alla Gen Z?
L’industria degli spirits è ancora in una fase di conoscenza della Gen Z, ciò è dovuto in gran parte alle attuali dimensioni ridotte di questa coorte.
Tuttavia, esistono abbastanza informazioni per tracciare un profilo di questa clientela relativamente nuova ma in crescita. Una delle constatazioni più importanti è che le strategie che possono aver funzionato per i Millennial, semplicemente non funzionano per la Gen Z a causa della vastissima gamma di opzioni presente sul mercato.
Le opzioni sono moltissime per la Gen Z: marchi storici che possono essere stati apprezzati dai loro genitori o addirittura dai loro nonni; marchi artigianali che sono arrivati sugli scaffali durante l’adolescenza; RTD che sembrano aver invaso il mercato, compresi i cocktail in lattina prodotti da marchi storici come Jack Daniel’s. Questa miriade di scelte richiede praticamente che i marchi creino una strategia di marketing memorabile in grado di far breccia in un mercato saturo di opportunità.
Questo ci porta alla seconda considerazione chiave: quando si parla di Gen Z, la storia del brand è fondamentale. E non può essere una storia qualsiasi. Deve essere un resoconto autentico, costruito su persone reali. Se la narrazione mette in evidenza le attività di beneficenza o l’impegno in iniziative legate alla responsabilità sociale o alla sostenibilità ambientale, la diversità e l’inclusione, ancora meglio.
Qualunque sia la storia, deve poter essere verificata e verificabile attraverso ricerche online, cosa che i Gen Z, esperti di tecnologia, non hanno problemi a fare. “La generazione Z è predisposta a filtrare le frottole”, afferma Rob Cordes, responsabile marketing di Garrison Brothers Distillery. “Si preoccupano dell’autenticità e dell’impatto di un’azienda e tendono a fare domande su ciò che i marchi fanno concretamente. Come consumatore, una volta che si inizia a percorrere questa strada, non si può tornare indietro”.
In che modo la Gen Z si rapporta agli alcolici?
La generazione Z beve meno dei Millennial e delle altre generazioni, sia in termini di frequenza che di consumo, tuttavia questo non significa che i giovani stiano andando verso l’astemia, come suggeriscono alcuni articoli allarmistici. Sebbene i suoi membri non consumino meno alcol per una maggiore coscienza salutistica o per il desiderio di proteggere la propria immagine sui social media (si pensi ai “post da ubriachi”), quando decidono di bere adottano un approccio di “qualità piuttosto che di quantità”.
Come ci si potrebbe aspettare da un gruppo demografico tra i 20 e i 25 anni, i Gen Z vogliono divertirsi ogni volta che scelgono di consumatore alcolici. Numerosi studi indicano che la Gen Z preferisce esplorare i RTD e le diverse tipologie di spirits piuttosto che dedicarsi a birra e vino. Si tratta di una tendenza che alcuni vedono rafforzarsi con l’invecchiamento della generazione. “I Gen Z possono aver iniziato bevendo birra, ma man mano che i loro palati maturano non tornano indietro”, afferma Neal Cohen, cofondatore del marchio di cocktail in lattina Tip Top Proper Cocktails.
Quali possano essere le evoluzioni di questa generazione è un’incognita, non lo si saprà del tutto per un bel po’ di tempo, visto che i membri più giovani della Gen Z non compiranno 21 anni prima del 2031.