Calano i volumi, crescono i valori per le vendite di Amarone in Italia e nel mondo nel 2022. Risultati che si aggiungono all’importante candidatura della tecnica dell’appassimento a patrimonio immateriale dell’Unesco (ne abbiamo parlato qui). Complessivamente, secondo l’indagine realizzata per il Consorzio tutela vini Valpolicella da Nomisma Wine Monitor, il re della Valpolicella fissa la propria ultima performance con una contrazione in volume del 7,2%, a fronte di un valore in crescita del 4%, a circa 360 milioni di euro franco cantina. Sul fronte export gli Stati Uniti, sempre più mercato estero di riferimento, che hanno messo la freccia e superato gli altri 2 top buyer (Canada e Svizzera). Meglio il mercato interno – che incide circa il 40% sulle vendite totali – rispetto all’export: in positivo sia i volumi (+1,5%) che i valori (7,4%) per la piazza italiana; -13%, invece, il quantitativo esportato e una crescita valoriale dell’1,8%.
Ma quale è il percepito dei produttori della Valpolicella? Il mood generale, che abbiamo respirato durante l’iconico evento Amarone Opera Prima, svoltosi a Verona dal 4 al 6 febbraio, è di grande positività. “Il 2021 è stato un anno eccezionale sul piano delle vendite – ha detto il presidente del Consorzio tutela vini Valpolicella, Christian Marchesini – il 2022 è servito per consolidare la crescita, con risultati meno eclatanti ma comunque significativi. Lo testimoniano anche gli imbottigliamenti, che registrano un incremento del 12% rispetto al precovid (2019) per un’annata commerciale che è stata comunque la seconda migliore del decennio, con oltre 17 milioni di bottiglie immesse sul mercato. La denominazione – ha proseguito – si conferma in equilibrio, grazie anche a una stabilizzazione finalmente raggiunta sul fronte della superficie vitata dopo il blocco degli impianti del 2019”. 8600 sono gli ettari vitati per una denominazione che si divide tra 19 Comuni della Valpolicella e Verona, il più grande vigneto urbano d’Italia.
Secondo Matteo Mazzoldi, enologo di Zymè, l’enoturismo è uno dei fattori di maggiore crescita per il futuro della denominazione e la candidatura Unesco contribuirà a portare sempre più visitatori in Valpolicella. “Per quanto ci riguarda stiamo costruendo una nuova struttura enoturistica con annesso nuovo fruttaio nel vigneto alla Grola, a Fumane, per raccontare ancora meglio ai visitatori la tecnica di messa a riposo delle uve e la nostra cultura del vino” ha detto.
Cultura del vino centrale per un’altra azienda della denominazione come Zeni, che con il Museo del Vino di Bardolino contribuisce in maniera significativa a trasmettere ai winelover nozioni, curiosità, storie del vino della Valpolicella. Sara Venturelli, referente dell’azienda ad Amarone Opera Prima, ci ha raccontato: “Per noi trasmettere la cultura del vino è un investimento importante e determinante nel presentare i nostri prodotti ai visitatori”.
Per Giovanni Bertani di Tenuta Santa Maria è fondamentale oggi raccontare l’unicità dell’Amarone nel mondo, dove “c’è ancora molta confusione, perché la categoria dei vini passiti è stata presa d’assalto da altre regioni meno storicamente legate a questa tecnica” ha raccontato Bertani. “Oggi è importante per noi far capire che questo vino è unico al mondo: deriva al cento per cento da uve passite Docg. Ciò ci aiuterà anche a motivare maggiormente il prezzo, che spesso ci viene contestato dal momento che altre regioni vendono a prezzi più bassi”.
La tutela è il terzo ed ultimo punto su cui i produttori si sentono di voler esprimere la loro opinione. L’eventuale riconoscimento Unesco della tecnica della messa a riposo delle uve sarebbe un importante “marchio” per proteggere questa pratica millenaria custodita da generazioni in Valpolicella. “Il riconoscimento Unesco sarebbe per noi anche un modo per unire le forze come produttori a tutela delle nostre tecniche produttive ed inoltre un modo per avere un importante asset a livello commerciale” ha spiegato Lisa Lambo di Salvaterra.
Da ultimo, ma non meno importante si è parlato anche di nuove generazioni e di ricambio generazionale. Il Comitato Giovani creato dal Consorzio da un anno e mezzo circa ha contribuito a valorizzare la forza e le potenzialità delle nuove generazioni di produttori, riconoscendone la centralità per l’evoluzione della Denominazione. Noemi Pizzighella di Le Guaite di Noemi ci ha raccontato come sia soddisfatta del bel gruppo che si è creato, “un’occasione di confronto e di crescita, un nuovo modo di fare squadra ed aiutarsi a vicenda”.
E se il buongiorno si vede dal mattino, sicuramente il futuro della Denominazione è in buone mani.
