Riorganizzazione e riposizionamento strategico sul mercato, per questo Cantina di Soave cambia nome e diviene Cadis 1898. Una operazione complessa per questo colosso tra le cooperative di primo grado, con 2.000 soci ed una estensione di 6.500 ettari, pari all’1% del totale a livello nazionale.

Abbiamo voluto approfondire sviluppi e obiettivi di questa svolta con il Direttore Generale di Cadis 1898, Wolfgang Raifer.

Cantina di Soave cambia nome e diventa Cadis 1898, si tratta della diretta conseguenza di una riorganizzazione e di un riposizionamento strategico sul mercato. Ci può spiegare meglio le ragioni e gli obiettivi di questa scelta?

La Cantina di Soave è stata fondata nel 1898 da pochi viticoltori su una superficie ridotta, oggi Cadis 1898 rappresenta 2.000 soci che coltivano circa 6.500 ettari nel territorio veronese.

Negli ultimi anni ci sono state fusioni per incorporazioni, dapprima Cazzano di Tramigna nel 1996, nel 2005 si è aggiunta la Cantina di Illasi e nel 2008 la Cantina di Montecchia di Crosara e nel 2020 c’è stato un afflusso importante di soci della zona del Lago di Garda (Terre al Lago), in termini di denominazioni facciamo riferimento a Bardolino e Custoza.

Cantina di Illasi rappresenta la Valpolicella, mentre la Cantina di Montecchia di Crosara rappresenta la denominazione Lessini Durello. Abbiamo tante denominazioni, oltre a quelle che ho già citato, abbiamo anche la DOC Garda e la DOC delle Venezie.

Cantine di Soave è una delle poche realtà a livello nazionale in cui il nome della società e della stessa denominazione coincidono, quando sono arrivato nel 2017 ho subito notato questa situazione un po’ particolare, in cui una denominazione vende altre denominazioni.

Siamo i maggiori produttori di Valpolicella, deteniamo 1.400 ettari su 8.200 ettari totali della DOC. In termini di credibilità e riconoscibilità da parte dei consumatori, questa situazione risultava contorta, fin da subito ho notato la necessità di fare chiarezza.

Ora abbiamo il marchio ombrello al quale abbiamo attribuito il nome Cadis (acronimo di Cantina di Soave), al di sotto abbiamo le diverse cantine, realtà effettivamente presenti sul territorio (Cantina di Soave, Cantina di Illasi, Cantina di Montecchia, Terre al Lago) ed ognuna si occupa delle proprie specificità: Cantina di Soave si occupa solo di Soave, Cantina di Montecchia di Lessini Durello, Cantina di Illasi di Valpolicella e Terre al Lago di tutte le denominazioni della zona Lago di Garda.

È una operazione di riorganizzazione strategica che serve per posizionarsi e comunicare in maniera più incisiva nei confronti dei clienti. Questo permette di essere molto più puntuali ed operare in maniera più chiara. Siamo in una fase di transizione, questo progetto territoriale ci permette di proseguire il lavoro di tutela e di investire sulle denominazioni del territorio che sono anche le nostre.

Quando ho parlato di incorporazioni ho fatto riferimento anche a Cazzano di Tramigna, una cantina che al momento non è prevista nel nostro progetto ma a cui verrà dedicato più avanti un ulteriore progetto ancora in via di definizione.

Dal punto di vista comunicativo, quali sono le strategie per far comprendere e apprezzare questa svolta ai consumatori?

Prima c’era un sito onnicomprensivo, oggi abbiamo un sito dedicato alle diverse realtà, da qui a cascata possiamo concentrare la nostra comunicazione verso il trade e verso i consumatori finali. È una comunicazione molto più diretta e semplice, sappiamo che oggi il consumatore viene inondato di informazioni, quindi devono essere immediate e chiare.

Non abbiamo inventato niente, abbiamo semplicemente preso quello che c’era e gli abbiamo dato una forma diversa, abbiamo spostato le pedine per dare maggiore chiarezza e fare in modo che determinati progetti possano partire. Abbiamo cambiato l’abito ma non l’anima.

Molte aziende e consorzi stanno mettendo in primo piano e dando sempre più valore alle peculiarità territoriali piuttosto che alla varietà dei vitigni. Lei è d’accordo? Se sì, quali sono le ragioni di questo processo?

Ci sono state diverse rivoluzioni nel mondo del vino, si parlava più di varietà internazionali poi hanno preso piede le varietà autoctone. Faccio l’esempio del Sassicaia, era un vino da tavola ora è una denominazione, ci sono ancora degli IGT toscani che rappresentano fiori all’occhiello della viticoltura italiana. Ne abbiamo viste un po’ di cotte e di crude. È compito dei Consorzi – è scritto anche nello Statuto – la tutela e la protezione della denominazione, quindi si parla di territorio, io credo che oggi il territorio sia la cosa più importante perché come si dice in inglese si tratta di una “unique selling proposition” (ossia l’elemento differenziante e distintivo rispetto alla concorrenza, ndr). Le varietà internazionali (ad es. Chardonnay, Merlot, Cabernet) posso essere coltivate nel nostro territorio come in California, Francia, Australia o Toscana mentre il Castelcerino in Soave Classico esiste esclusivamente qui.

Quindi è giusto parlare di territorio ed è giusto evidenziare questa unicità. E se parliamo di mercato, soprattutto per la fascia medio-alta, oggi sapere che ci sono poche bottiglie di una determinata zona è un valore aggiunto ovviamente.

È giusto parlare di territori così come è importante parlare di marchi. Ci sono aziende che hanno impostato il loro lavoro sul territorio, altre sulla valorizzazione del brand: sono delle strategie che ogni azienda porta avanti in funzione degli obiettivi che si vogliono ottenere.

Se guardiamo tutti i territori che oggi hanno una valenza, sono supportati minimo da una cinquantina di aziende che lavorano ad alto livello, è proprio questo il valore di un territorio, quello di avere un gruppo nutrito di aziende che portano avanti la stessa politica di qualità.

Ci può dare un quadro dei risultati economici del 2022?

Sono più che positivi, come Cadis 1898 abbiamo avuto una crescita in valore del 16%, siamo passati da circa 124 mln a 143 mln di euro di fatturato. Un risultato che è stato ottenuto soprattutto attraverso il mercato nazionale, l’export riguarda circa il 34% del totale. Entrambi i mercati hanno avuto sviluppi positivi, siamo quindi soddisfatti dal punto di vista dei risultati economici.

Siamo un po’ meno soddisfatti per quanto riguarda gli aspetti produttivi, stiamo incontrando sempre più problemi legati a clima, precipitazioni, malattie particolarmente presenti nel territorio. Queste problematiche ci fanno riflettere, in particolare l’acqua diventerà sempre più il fattore determinante, va senz’altro gestita in maniera diversa perché ha una influenza su quantità e qualità del prodotto disponibile. Quest’anno sono caduti appena 120mm di precipitazioni, molto inferiori rispetto alla media dello stesso periodo dell’anno passato.

Altro tema che ci fa riflettere molto è la flavescenza dorata, presente con un focolaio già negli anni ’90 nella Val d’Alpone, focolaio che sembrava debellato ma che è ricomparso e si sta diffondendo velocemente non solo nella nostra zona ma anche nel vicentino e nelle zone del Prosecco. È una malattia non difficile da combattere ma bisogna attenzionarla molto. Le piante colpite dalla flavescenza sono destinate a morire, questo per noi ed i nostri soci è un fatto impattante.

Per quanto riguarda il 2023 si è partiti abbastanza bene, la difficoltà di reperimento e l’aumento spropositato dei prezzi delle materie prime (anche oltre il 100% su alcune tipologie di bottiglie) e dei costi energetici hanno rappresentato la parte meno positiva del 2022.

I listini sono ulteriormente aumentati nel 2023 e questo ha comportato anche l’aumento dei prezzi dei nostri prodotti a scaffale. Nei mercati esteri gli aumenti dei prezzi si sentono maggiormente, alcuni clienti hanno già manifestato dei cali nelle vendite, ora bisogna vedere se si tratta di una situazione temporanea o se proseguirà per il resto dell’anno.

Il vostro mercato export pesa per un terzo del vostro fatturato, quali sono i mercati target su cui concentrerete i vostri sforzi quest’anno?

Circa un terzo del nostro prodotto viene esportato verso i principali mercati della Comunità europea e nel Regno Unito, siamo presenti in tutti i mercati che contano. L’obiettivo per il 2023 è il mercato del Nord America, finora con le nostre denominazioni non siamo riusciti a mettere a segno delle performance in linea con i nostri obiettivi. Partiamo dalle coste per andare negli Stati più interni, da Chicago fino al Texas, chiaramente qui c’è la necessità di comunicare le nostre molteplici denominazioni e presenziare i mercati con un lavoro di comunicazione importante.

Abbiamo un importatore ma ne stiamo cercando altri e può darsi che in futuro si inserisca anche un brand ambassador perché serve anche una forte presenza sul territorio.

Vinitaly è terminato da poco, quali sono stati i vostri obiettivi per questo evento?

Ci siamo preparati bene, al Vinitaly si vanno a concludere rapporti creati in precedenza, si cerca di allargare il portfolio, proporre e assaggiare le nuove annate con importatori e clienti. L’obiettivo principale è stato quello di trasmettere la nostra riorganizzazione strategica, ovviamente ne abbiamo già parlato con i nostri clienti perché lo trasferiscano a loro volta. Gli altri obiettivi sono stati acquisire nuovi clienti e allargare il portfolio su quelli consolidati.

Maximilian I è il nostro brand in GDO, da un anno abbiamo una partnership con l’AC Monza e allo scorso Vinitaly abbiamo dedicato un’area dello stand a questa collaborazione che si sta rivelando fruttuosa.

Ad oggi Maximilian è il nostro brand più forte, in GDO muoviamo circa 3 milioni di bottiglie, la referenza principale è il Müller Thurgau Durello, a seguire il Blanc de Blancs, il Garda DOC. Fino adesso era un progetto dedicato al mercato nazionale, dopo il rebranding ci siamo rivolti anche all’estero.

Siamo una cantina in grado di offrire una gamma molto ampia che, partendo dal vino spumante più semplice ed immediato, propone spumanti più complessi come il Lessini Durello, bianchi freschi e complessi, rosati come il Bardolino, rossi come il Valpolicella Superiore, Ripasso e Amarone e vini dolci come il Recioto di Soave e il Recioto della Valpolicella. In questo ventaglio molto ampio, era necessario fare chiarezza e strutturare la nostra offerta dandogli un cappello che è Cadis 1898 di cui fa parte anche Maximilian I.

Siamo un colosso tra le cooperative di primo grado, con 6500 ettari di superficie pari all’1% a livello nazionale, ma cerchiamo di percorrere strade diverse e originali. Vogliamo allargare il nostro target, guardare ai giovani, adattando il nostro tone of voice, il passaggio a Cadis1898 è servito in questo senso, anche a livello comunicativo e social.

Quest’anno tra Berliner Wine Trophy e Mundus Spring Edition vi siete aggiudicati 10 medaglie d’oro, 4 al Berliner e 6 al Mundus. Che valore hanno questi riconoscimenti per Cadis 1898 e come li utilizzerete in ottica commerciale e reputazionale?

Ricevere dei premi significa lavorare bene, questa è la prima considerazione. Fa piacere, sappiamo che i premi sono importanti per la reputazione, ma siamo consapevoli che sono un “di cui” e non determinano le vendite. Servono per la reputazione, per i partner del trade che a loro volta utilizzano questi premi per promuovere i prodotti, sul mercato moderno specialmente all’estero i premi parlano anche a scaffale.

Il Valpolicella Ripasso DOC 2018 di Cantina d’Illasi è stato in grado di vincere la medaglia d’oro sia al Berliner Wine Trophy che al Mundus Spring Edition: un risultato eccezionale. Secondo lei quali sono i fattori determinanti che hanno garantito questa performance?

In passato ci sono stati altri nostri vini che hanno raggiunto risultati simili, per noi non è una novità. È una conferma del lavoro che stiamo portando avanti, utilizzeremo questo riconoscimento sia in ottica commerciale che per accrescere la reputazione della nostra azienda. Soprattutto siamo soddisfatti perchè questo premio viene conferito al Ripasso Cantina di Illasi e non, come avveniva in precedenza, al Ripasso Cantina di Soave. Significa che stiamo raggiungendo gli obiettivi che ci eravamo prefissati.