Dopo la forte ripresa del turismo internazionale nel 2022, il 2023 sembra essere ufficialmente l’anno del ritorno alla normalità per i viaggiatori italiani. Questo è quello che emerge dal “Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano” a cura di Roberta Garibaldi, un’analisi che illustra le tendenze del turismo enogastronomico nel medio periodo.
Ma se i numeri del turismo italiano stanno tornando ai valori del pre-pandemia, c’è un fenomeno che cresce ad una velocità maggiore e che dovrebbe suscitare l’interesse degli operatori del turismo: le persone che viaggiano con lo scopo principale dell’enogastronomia, sia in Italia che all’estero, stanno aumentando in modo significativo. Il report mette in luce come i viaggiatori mossi primariamente per con la motivazione del gusto rappresentano infatti il 21% dei turisti enogastronomici italiani, un dato in crescita del 4% rispetto al 2019.
Quando lo scopo del viaggio è l’enogastronomia, le mete italiane più gettonate sono loro, le regioni le cui specialità culinarie sono le più conosciute: Sicilia (46%), Emilia-Romagna (44%), Campania (40%). Se invece il prodotto d’interesse è esclusivamente il vino, a primeggiare è la Toscana.
Ma come spostare l’attenzione dei turisti verso altre mete?
A dire il vero, il crescente interesse per le destinazioni meno note è già realtà. Oggi i grandi centri urbani sono saturi ed i prezzi in forte crescita, di conseguenza il turista è naturalmente portato a ricercare mete alternative da includere nel proprio viaggio.
Vi è inoltre da sottolineare come le destinazioni più famose siano spesso già state visitate: tantissimi italiani e stranieri hanno già visto Venezia e Roma, ma probabilmente non sono mai stati a Bergamo o a Torino. Stesso discorso vale per le più celebri zone vitivinicole d’Italia, le quali costantemente prese d’assalto non solo perdono la loro accezione di mete slow, ma diventano così dei luoghi sgradevoli e sovraffollati.
Nasce quindi l’esigenza di trasformare aree vitivinicole svantaggiate e marginali in reali destinazioni di interesse enoturistico. Come evidenziato dal rapporto di Roberta Garibaldi, fare ciò è possibile grazie ad azioni concrete:
- La creazione di itinerari che siano in grado di guidare il turista alla scoperta del territorio, luoghi di interesse e tradizione culinaria.
- Sostenendo processi di aggregazione. Le aziende vitivinicole devono unire le proprie offerte enoturistiche per renderle un’unica proposta attrattiva e ricca.
- Rafforzando i collegamenti con le aree di maggiore affluenza e le proposte turistiche interterritoriali.
- Promuovendo progetti di valorizzazione. Ad esempio, la creazione di luoghi ideali per il soggiorno con lavoro da remoto.
Le aziende produttrici necessitano però di sostegno, in particolar modo di un quadro formativo favorevole allo sviluppo del turismo enogastronomico. Occorrono standard minimi coerenti tra le regioni per consentire lo svolgimento di attività turistiche in tutti i luoghi di produzione. Ma serve anche modificare alcune norme, come quelle sull’HACCP, per facilitare le esperienze turistiche negli spazi produttivi.