Casale del Giglio è 180 ettari di vigneto nella campagna laziale, 1.700.000 bottiglie prodotte, 25 etichette e un prestigioso carnet di riconoscimenti che negli anni ha portato i vini dell’Agro Pontino alla ribalta nel panorama nazionale e internazionale.

A questi risultati si è giunti grazie alla vision imprenditoriale di Dino Santarelli e di suo figlio Antonio, oggi alla guida dell’azienda, il supporto professionale di Paolo Tiefenthaler, enologo storicamente legato alla proprietà e una squadra aziendale di grande esperienza e valore professionale.
Da un punto di vista enologico, la storia di Casale del Giglio può essere scandita in alcuni importanti momenti, ognuno dei quali espressione delle priorità strategiche del momento storico che l’azienda ha attraversato, nella sua costante crescita, in termini di dimensioni aziendali e prestigio.

Ce lo racconta proprio Paolo Tiefenthaler, radici in Val di Cembra, grande conoscenza dei terroir del mondo, intimamente legato al territorio di Le Ferriere.
Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, l’azienda è stata impegnata in una massiccia attività di sperimentazione volta a verificare il tipo di risposta di una sessantina di varietà rispetto al terroir dell’Agro Pontino: un approccio scientifico che ha fatto da antecedente logico a tutte le successive iniziative aziendali e ha ampliato in modo significativo lo stato dell’arte della viticoltura del territorio.

Una volta capitalizzato questo prezioso patrimonio di conoscenza e capito quali vitigni hanno la possibilità di “funzionare” meglio in questo territorio, si è aperta una successiva fase, più spiccatamente enologica, nella quale, partendo dalle tecniche di vinificazione applicate nel mondo, si è modellato l’approccio scientifico per adattare queste tecniche alle caratteristiche pedoclimatiche del luogo e alla formula identitaria dell’azienda.

Oggi, forti di una storia imprenditoriale che ha avuto gli attesi riconoscimenti, si è aperta per Casale del Giglio una nuova fase, entusiasmante, in cui il payoff è “lasciare il segno”: fare in modo che i vini, ciascuno secondo la propria declinazione ampelografica, esprimano profili sensoriali destinati a durare nel tempo.
La longevità guida anzitutto la ricerca agronomica: una maturazione lenta del frutto, garantita dalla rigogliosità della vegetazione, esfoliazioni limitate e mirate, irrigazioni limitate alla fase della fioritura. L’esperienza delle precedenti “fasi” aziendali ha insegnato che i profumi che durano più a lungo non nascono dalla fretta, ma da una tecnica agronomica ed enologica adattata alla singola vendemmia: alla base, c’è l’isolamento della “matrice” di ogni annata e il conseguente percorso scientifico da seguire.

Oggi, la sfida sconta sempre di più i vincoli dettati dal cambiamento climatico, che modifica le pratiche produttive, ma, ancora prima, modifica profondamente la materia prima: un frutto meno croccante, più morbido, che in vigna ha bisogno di protezione foliare; e in cantina, meno travasi, per mantenere la CO2, e macerazioni sulle bucce più moderate del passato.

Casale del Giglio sta lavorando in questo senso con diversi vitigni, con l’intento di valorizzare, per ognuno, i tratti più caratterizzanti, dal tannino fine del Petit Verdot alla profumata freschezza del Bellone, dall’intrigante e raffinata frutta rossa dello Shiraz alle note agrumate e la mineralità della Biancolella di Ponza; sempre alla ricerca dell’eleganza.
Radix 2016, Bellone in purezza, ha già ampiamente conquistato la critica enologica, ed è ormai saldamente posizionato nella top list dei bianchi italiani, guadagnando il 6° posto nella classifica Gentleman 2021 di Milano Finanza, che incrocia i riconoscimenti delle migliori guide italiane.

Stando a queste premesse, possiamo immaginare, metafora di una antica romanità che ha lasciato il segno nei tempi, che i vini dell’Agro Pontino, forti di una continua e accurata ricerca agronomica ed enologica abbiano le carte in regola per arricchire il panorama enologico d’Italia, con nuovi ed originali esempi di longevità.