Da qualche giorno Giuseppe Coffele sta camminando tra le vigne lassù nel cielo.
Se ne è andato con grande discrezione, da signore quale era, senza mai farlo pesare.
Ha lasciato un gran vuoto ma anche una bella eredità frutto di una vita che l’ha portato a coltivare le vigne ma anche, e soprattutto, i pensieri, mai banali, scontati.
Ho avuto il privilegio di poter raccogliere talvolta i suoi pensieri, le sue argute osservazioni.
L’avrei potuto fare molto di più e adesso, come al solito, sono qui a pentirmi di non aver approfittato maggiormente della sua amichevole generosità.
Durante i difficili mesi del lockdown, che adesso ci riappaiono minacciosi all’orizzonte, Beppino mi ha inviato una mail che stupidamente non ho avuto la tempestività di pubblicare ma che ora, sia alla luce della sua scomparsa ma anche al riproporsi dell’aggressività della pandemia, penso possa rappresentare una riflessione utile per tutti coloro che vorranno leggerla.
“Chi meglio di noi contadini sa quanto importante sia saper aspettare il giusto tempo?
Aspettiamo un anno intero che arrivi il momento della vendemmia: in inverno speriamo che faccia il freddo giusto per tenere lontane le malattie e la neve che rifornisca d’acqua le falde acquifere, in primavera scongiuriamo le gelate, in estate speriamo che passi un temporale per dare un po’ di pioggia alla terra assetata, ma vegliamo durante la notte se sentiamo sibilare il vento che porta tempesta e grandine.
Poi arriva l’autunno, il tempo del raccolto, in cui ogni giorno è fondamentale, ogni giorno diverso, ogni anno diverso. Il tempo scandisce ogni cosa.
Oggi, in cui la maggior parte delle persone è costretta a stare chiusa in casa, noi abbiamo l’enorme fortuna di poter vivere la campagna a pieno ritmo, e che proprio in questo periodo richiedi gli sforzi più importanti: continuiamo a lavorare duro perché la natura ha il suo corso, ma sappiamo anche che tra cinque mesi, forse, avremo altri problemi da affrontare con le cantine che dovrebbero essere pronte per accogliere la nuova produzione.
Quando il vino è, poi, finalmente pronto per essere goduto, aspettiamo ancora: di farlo conoscere alle persone, di conoscere le persone che, come voi, lo amano e hanno deciso di condividere con noi la storia di una famiglia, di un territorio, e dei tanti sforzi fatti per preservarlo. “
Continuo a leggere questo bellissimo pensiero di Beppino perché mi sembra una riflessione veramente profonda e soprattutto utile in questa fase così tremendamente complessa.
Sono parole che danno pace consentono di liberare la mente da pensieri fuorvianti, che ci fanno sprecare inutilmente energie e ci portano a pericolosi conflitti.
Il “saper aspettare il giusto tempo”, infatti, a me appare il miglior atteggiamento che dovremmo avere oggi.
È vero, dentro di noi c’è un desiderio incontenibile che tutto passi in fretta e questo ci genera una gran rabbia, una costante frustrazione.
Ma lo spirito più autenticamente contadino, evocato da Giuseppe Coffele, può veramente essere salvifico perché ci riconsegna il senso profondo dell’attesa, paziente e coraggiosa.
Siamo sempre sopraffatti dall’idea di poter far tutto, di saper far tutto, ma mai come oggi la natura ci ha rimesso al nostro posto. Ci ha messo davanti allo specchio la nostra fragilità. Quella fragilità che il contadino conosce benissimo, da sempre, e che lo rende consapevole che una grandinata può portargli il lavoro di un anno in pochi secondi.
Non c’è nessuna autocommiserazione nelle parole di Giuseppe ma una sana consapevolezza dei nostri limiti.
Accettare questi limiti oggi appare ancor più importante perché è da questa consapevolezza che può nascere anche quell’indispensabile maggior senso di comunità, di unione, che oggi appare, a uomini illuminati come Giuseppe Coffele, la miglior difesa ad un’aggressione così subdola e difficile da accettare.