Nei giorni scorsi ho avuto la fortuna di partecipare ad un’interessante masterclass organizzata dal Consorzio di tutela Lugana doc e guidata dal bravo Marco Sabellico, curatore della guida Vini d’Italia del Gambero Rosso.
Non si è trattato di una delle tante degustazioni che ormai quotidianamente vengono organizzate praticamente in ogni angolo del pianeta, ma un interessante e originale confronto tra il Lugana, uno dei bianchi italiani di maggior successo, e altri importanti vini internazionali.
È stato sicuramente coraggioso ma anche lungimirante il Consorzio del Lugana doc ad organizzare un evento di questa natura, peraltro nella suggestiva cornice della Rocca di Lonato (Brescia). Già il titolo della masterclass evidenziava gli obiettivi del Consorzio: “Oltre i confini: il Turbiana a confronto con altri grandi vitigni internazionali”.
Coraggioso perché confrontarsi con alcuni “mostri sacri” dell’enologia mondiale può presentare sempre dei rischi, ma anche, e soprattutto, lungimirante perché solo dal confronto una denominazione può comprendere appieno il suo valore, come pure quello dei “competitor” con cui deve battersi quotidianamente.
L’iniziativa del Consorzio del Lugana, però, è alquanto rara perché tendenzialmente le denominazioni guardano quasi sempre il loro “ombelico” e faticano a confrontarsi con il mondo, di fatto con il mercato.
Ma c’è di più nella scelta del Consorzio del Lugana e cioè offrire ai propri associati un’opportunità straordinaria per analizzare la propria denominazione attraverso un osservatorio prezioso che consente loro di spostare il classico, il più tradizionale punto di vista.
Se ci pensate, questa è forse la modalità migliore per comprendere realmente il valore di una denominazione, perché il mercato e i consumatori fanno sempre scelte frutto del “confronto”.
Altro fattore chiave di questa masterclass è stata la scelta di realizzare una degustazione alla cieca. Quattro Lugana, nelle sue diverse interpretazioni (dal classico alla vendemmia tardiva) e quattro vini internazionali tutti serviti in assoluto anonimato. Altra scelta coraggiosa, ma assolutamente indispensabile se si vuole arrivare a giudizi realmente oggettivi senza gli inevitabili condizionamenti dettati dal conoscere un brand, una tipologia di vino, un’annata.
Prima di evidenziare i vini oggetto del confronto, preferisco andare subito al risultato finale: il Lugana è uscito alla grande da questa “sfida” mondiale.
Ma non posso dire che sia stata una sorpresa e sono convinto che tutti coloro che hanno una buona conoscenza del Lugana, in tutte le sue diverse sfaccettature, siano da tempo convinti di trovarsi di fronte a uno dei più grandi vini bianchi a livello internazionale.
Probabilmente con alcuni “valori aggiunti” che poche altre denominazioni hanno, a partire dalla sua straordinaria caratteristica di essere un grande vino in versione giovane e altrettanto affascinante nella sua evoluzione nel tempo.
L’ho sottolineato altre volte, ma ritengo il Lugana uno dei vini più “contemporanei” che si possono trovare nel vastissimo panorama della vitienologia mondiale. E quando parlo di “contemporaneità” intendo un vino capace di superare il concetto di “moda” che lo limiterebbe ad una sola specifica fase storica, che invece presenta caratteristiche che gli consentono di essere sempre attuale, sempre proiettato nel futuro.
Il Lugana, pertanto, a mio parere (e la masterclass nella bella Rocca di Lonato lo ha confermato), rappresenta al meglio una denominazione moderna capace di raccontare perfettamente l’identità più autentica del vitigno (Turbiana) e del suo territorio di origine ma al tempo stesso di farsi comprendere senza difficoltà dai consumatori di tutto il mondo.
Andando a scoprire i vini che sono stati oggetto del confronto, è inoltre importante sottolineare come il Lugana trovi anche nella sua diversificazione interpretativa un ulteriore valore aggiunto non semplice da riscontrare in tante altre denominazioni. Diversità che esaltano un nuovo concetto di “tipicità” che non è più legato al riconoscere sempre determinate caratteristiche codificate, bensì alla plasticità di un vitigno, di un territorio che giustamente possono essere interpretate al meglio anche attraverso l’estro creativo dei produttori.
Ma veniamo finalmente ai vini: Lugana doc “Marangona” 2022, dell’omonima cantina; Lugana doc “”Back to Silence” 2021 di Ottella; Lugana doc “L’Artigianale” 2018; Lugana doc Vendemmia Tardiva “Filo di Arianna” di Tenuta Roveglia.
I quattro “internazionali” erano: Chenin Blanc “L’Insolite Saumur” 2021 di Domaine des Roches Neuves (Loira/Francia); Sauvignon Blanc “Heida” 2021 di St. Jodern Kellerei Visperterminen (Svizzera); Chardonnay “Rully” 2018 di Rully la Crée (Borgogna/Francia); Savagnin 2018 di Bénédicte et Stéphane Tissot (Jura/Francia).
Quattro diverse interpretazioni del Lugana a confronto con 4 grandi vini internazionali, dall’iper modaiolo (ma di ottima fattura) Chardonnay “Rully” all’estremo Savagnin del Jura (con maturazione a “botte scolma”), dal mitico Sauvignon Heida frutto del vigneto probabilmente più alto d’Europa (quasi 1.200 m slm), all’originale Chenin Blanc “L’Insolite Saumur”.
Una sfida di altissimo livello che, ripeto, ha visto il Lugana reggere alla grande il confronto.
Forse l’unica annotazione meno positiva è il confronto sui prezzi, dove il Lugana, pur essendo una delle denominazioni italiane dal miglior posizionamento, rimane ancora lontana dalle tipologie di vini internazionali con i quali si è confrontata.
Ma, anche in questa direzione, confronti di questa natura saranno preziosi per i produttori del Lugana per comprendere meglio il loro valore e di conseguenza il miglior posizionamento da dare ai propri vini.