Nei tanti webinar organizzati nell’ambito di wine2wine 2020, è emersa spesso una problematica che sembrava quasi sepolta in quest’ultimo decennio, quella dell’eccessiva frammentazione del sistema produttivo italiano.

Per molti anni, soprattutto tra metà degli anni 90 e i primi anni di questo millennio erano molti i protagonisti del vino italiano che denunciavano come principale limite del sistema vino Italia la presenza di troppe piccole imprese. Uno tra tutti Gianni Zonin che anche nella veste di presidente di Unione Italiana Vini più volte evidenziò questo a suo parere grande limite del vino italiano.

Poi, alla luce della capacità del nostro settore vitivinicolo di essere più flessibile di altri competitor internazionali e di intercettare quindi anche le nuove tendenze dei mercati, sembrò che non solo questo problema si fosse ridimensionato ma che forse era proprio la frammentazione la forza del vino italiano.

Ora la pandemia ha riportato in auge questa problematica e sono stati parecchi i produttori e i manager intervenuti durante wine2wine che hanno evidenziato nella “dimensione troppo ridotta” parte delle problematiche, anche attuali. Alcuni hanno anche chiesto un intervento del legislatore al fine di agevolare la possibilità delle imprese di diventare più “grandi”.

Siamo onesti, a noi questo dibattito non ci convinceva oltre vent’anni fa e non ci entusiasma nemmeno oggi perché lo consideriamo fuorviante.

Siamo troppo vecchi per non sapere che il problema, quello vero, non sta nella dimensione quanto nell’organizzazione aziendale.

Certo, qualcuno potrebbe obiettare che una piccola realtà fa molta più fatica a darsi una corretta organizzazione, ad avere una struttura capace di dare risposte adeguate ai diversi input, in particolare quelli del mercato. 

C’è ovviamente del vero in questa obiezione ma è altrettanto corretto evidenziare che vi sono piccole realtà, molte per la verità, che sono riuscite ad ovviare alla loro dimensione ridotta con una organizzazione eccellente e con una straordinaria capacità di costruirsi un brand autorevole e riconoscibile, sfida non sempre vinta anche da grandi realtà.

Per questa ragione riteniamo anche sbagliato limitarsi a riflessioni sulle dimensioni delle aziende italiane perché si rischia di creare un pericoloso alibi a tutte quelle piccole realtà che pensano che il loro vero limite sia proprio la dimensione. 

La realtà ci dice, invece, che le aziende che riescono ad avere una struttura, seppur piccola ma con le competenze giuste, nelle posizioni adeguate, è in grado di ottenere risultati che possono fare invidia anche a grandi realtà male organizzate (e Dio sa quante ce ne sono!).

Questo non significa che ci sia una legittima volontà di alcune imprese di diventare più grandi. Noi guardiamo sempre con piacere questo tipo di investimento perché significa che vi è un sano desiderio imprenditoriale di vedere accrescere il proprio business.

Ma proprio in quest’ultima riflessione che si annida un’altra importante considerazione e cioè che ogni impresa deve darsi i giusti obiettivi e, come spesso abbiamo sottolineato, capire in quale “campionato giocare”.

Probabilmente anche questa maledetta pandemia ha accelerato quello che già stava avvenendo, e cioè la necessità che le imprese si diano visioni più coerenti alla loro dimensione e organizzazione.

Troppe volte, complici anche le misure di finanziamento comunitarie, alcune (tante) aziende hanno realizzato investimenti che le hanno rese più grandi ma non più organizzate. Molte addirittura hanno realizzato investimenti spropositati anche dal punto di vista finanziario trovandosi, oggi più che mai, in gravi difficoltà.

Anche questo evidenzia in maniera chiara che il vero problema non è la dimensione aziendale ma la capacità dell’impresa di avere una visione precisa, un’identità chiara e riconoscibile e, soprattutto, risorse umane competenti, capaci di rispondere ai diversi fabbisogni sia sul fronte produttivo che commerciale.

Siamo ormai quasi stanchi di denunciare il limite delle risorse umane del nostro settore vitivinicolo. Qui, scusateci, la dimensione conta fino ad un certo punto perché molte aziende, anche molto piccole, hanno e stanno facendo investimenti faraonici sul fronte della produzione (vigna, cantina, ecc.) ma poi si bloccano davanti ad un costo di poche decine di migliaia di euro all’anno per un export manager, un agente Italia o un hospitality manager per dare finalmente avvio alla propria attività enoturistica e di vendita diretta.

Insomma ci auguriamo che questa fase così difficile non faccia riemergere falsi problemi che potrebbero impedire a molte imprese di cogliere le nuove opportunità che stanno nascendo e che anche questo wine2wine ancora una volta ha messo in luce.