Qualche settimana fa era arrivata la notizia dell’uscita, dopo ben 22 anni, di Aldo Lorenzoni dalla direzione del Consorzio di tutela del Soave. Mentre è di pochi giorni la notizia che dopo dieci anni alla sua guida Olga Bussinello ha lasciato l’incarico di direttore del Consorzio di tutela vini Valpolicella.
Un doppio colpo molto pesante nella governance di due tra i più grandi e importanti Consorzi di tutela italiani.
Al momento non giungono notizie su come verranno sostituite due personalità così rilevanti e con notevole esperienza nella gestione dei Consorzi del vino italiani.
Non sta a noi dare suggerimenti o commentare tali scelte ma queste notizie, così vicine temporalmente tra loro, che coinvolgono proprio Verona, forse la provincia vitivinicola italiana più importante del nostro Paese, fanno scaturire numerose riflessioni.
La prima è la difficoltà sempre più evidente di costruire una nuova classe dirigente per i Consorzi di tutela italiani.
L’abbiamo scritto e riscritto più volte, ma in questi ultimi vent’anni il legislatore ha dato via via compiti sempre più rilevanti ai Consorzi di tutela ma non si è mai preoccupato di dar loro anche una struttura adeguata.
Certo, si potrebbe obiettare che questo non era compito del legislatore ma delle aziende socie dei Consorzi, le prime ad avere interesse il buon funzionamento della loro casa comune.
La realtà ci ha dimostrato che nonostante il frequentissimo manifestare dell’importanza della denominazione di origine da parte di quasi tutti i nostri imprenditori del vino non è seguita un’altrettanta disponibilità ad investire nei loro Consorzi.
Affermare, infatti, che gran parte, se non quasi tutti, i Consorzi di tutela italiani siano sotto strutturati può apparire quasi pleonastico.
Ma se a perdere la propria guida, senza nemmeno una sostituzione immediata, sono oggi due Consorzi così strategici come quello del Soave e del Valpolicella allora le domande inevitabilmente aumentano come pure le perplessità.
Abbiamo avuto modo in questi anni di collaborare nella ricerca di qualche direttore di Consorzio e abbiamo toccato con mano, qualora ce ne fosse stato ancora bisogno, che non ci sono oggi “sul mercato” (passateci questa terminologia brutale) responsabili di strutture consortili già pronti e preparati per un incarico così complesso.
Ma questo deve far riflettere molto perché significa che nessuno si è preoccupato seriamente della formazione di una classe dirigente per i Consorzi di tutela. Si è continuato a pensare che alla fine poteva essere sufficiente qualsiasi “figura” rubata a qualche azienda o ad una organizzazione professionale.
E questo è veramente incredibile perché se da un lato si è evidenziata la grande importanza di valorizzare, tutelare, promuovere il brand territoriale, dall’altro non ci si è minimamente preoccupati di quali competenze e professionalità erano necessarie per farlo.
Il sistema produttivo, inutile nasconderlo, ha lasciato soli direttori e funzionari dei Consorzi come mai avrebbero fatto per le loro aziende.
Abbiamo raccolto migliaia di lamentale in questi anni nei riguardi dei Consorzi di tutela ma ogniqualvolta si obiettava sui limiti della struttura consortile quasi mai si è riusciti ad ottenere una risposta chiara e, perché no, anche onesta.
Siamo consapevoli che oggi sostituire due figure come Lorenzoni e la Bussinello non sia assolutamente semplice e, per certi aspetti, non vorremmo essere nei panni dei rispetti consigli di amministrazione, ma questo però deve almeno servire per iniziare una nuova e proficua riflessione su come strutturare i Consorzi di tutela del futuro.
E la prima riflessione da fare è comprendere che a compiti difficili non si può rispondere con risorse limitate o, peggio ancora, non adeguate.
L’unico aspetto incoraggiante è che all’interno dei due importanti consorzi veronesi nel frattempo hanno maturato interessanti esperienze alcuni giovani che potrebbero dare un rilevante contributo. Ma questo perché Soave e Valpolicella sono due realtà consortili che nel tempo erano riuscite, seppur parzialmente, a costruire un minimo di organizzazione. Ma si tratta di rare eccezioni perché la struttura dei Consorzi italiani è caratterizzata, in gran parte, da un paio di figure, massimo tre, tra responsabile e segreteria.
Considerando che l’attuale emergenza Coronavirus ha ulteriormente evidenziato il ruolo del brand territoriale, spesso unico punto di riferimento per moltissime piccole e medie imprese italiane, si riesce facilmente a capire quanto è importante, se non addirittura fondamentale, investire in Consorzi di tutela forti.
Forse le scelte di Lorenzoni e Bussinello serviranno a far comprendere meglio questo grande fabbisogno.