Dopo la prima ondata di questa maledetta pandemia ci eravamo promessi di non scrivere più articoli sul Covid-19 a parte le conseguenze di questo virus sulla nostra economia vitivinicola.

Poi, purtroppo, è arrivata questa seconda ondata, per tanti aspetti facilmente prevedibile, e con essa la funesta comunicazione terroristica e le incomprensibili scelte governative.

Su questi ultimi due punti vorremmo essere chiari per evitare pericolosi fraintendimenti: per comunicazione terroristica non intendiamo che ciò che viene detto, dalle istituzioni e dai principali media italiani, non sia la verità, ma consideriamo i toni completamente errati e l’utilizzo di fonti in continua contraddizione tra di loro una modalità comunicativa pericolosa perché genera costante disorientamento. 

E paura e disorientamento, come abbiamo scritto più volte anche durante la prima ondata pandemica, sono di quanto più pericoloso un Governo, un’amministrazione pubblica può diffondere ai suoi cittadini utilizzando anche i cosiddetti media a larga diffusione, tv pubblica in primis.

Se a questo aggiungiamo le recenti scelte governative per rallentare la diffusione del virus, a noi sembra che non solo la confusione regni sovrana ma ci sia ormai una sorta di roulette russa giocata sulla testa soprattutto della categoria della ristorazione in tutte le sue forme.

Che la ristorazione, assieme al settore dello spettacolo e del fitness, siano quelli più danneggiati anche dall’ultimo Dpcm, ormai appare chiaro a tutti. 

E non appaiono certo consolatori gli annunci di sostegni a questi comparti quando tutti sanno che fino ad oggi tantissime imprese, soprattutto le più piccole, i lavoratori indipendenti, molti liberi professionisti, le cosiddette partite Iva, ma anche moltissimi dipendenti sono in attesa ancora oggi delle poche risorse messe a disposizione dalla cassa integrazione e di altre misure che sono rimaste solo nelle comunicazioni istituzionali.

Insomma è molto difficile oggi avere fiducia in istituzioni che si sono dimostrate fragili sia nella gestione del virus sia, ancor di più, nel supporto ai propri cittadini, lavoratori, imprese.

In un quadro di questa natura, quindi, ci rendiamo conto non sia semplice trovare elementi di positività.

Se però andiamo a guardare più in profondità dal nostro punto di vista l’attuale grave crisi, che ha ulteriormente inasprito le problematiche del mondo della ristorazione, ha fatto finalmente emergere una solidarietà fortissima da parte del nostro settore vitivinicolo, generando una nuova relazione che noi siamo convinti potrà dare frutti molto ricchi al termine di questa pandemia.

Qualcuno potrebbe obiettare che la solidarietà attuale svanirà immediatamente alla fine di questa crisi, che si tratta di un atteggiamento solo opportunistico da parte di alcuni protagonisti della produzione vitivinicola italiana.

Innanzitutto nell’aggettivo “opportunistico” non solo non c’è nulla di male, anzi, riteniamo che mai come oggi si sia capito chiaramente che ristoratori e produttori di vino sono legati da un matrimonio d’interesse di straordinaria importanza.

C’è voluta questa odiosa pandemia per farci rendere conto di questo legame che è importantissimo e che va coltivato quotidianamente come una pianta preziosa e delicata al tempo stesso.

Abbiamo concluso in questi giorni la nostra indagine su vino e ristorazione e ci dispiace che questa nostra analisi abbia coinciso con probabilmente la crisi più drammatica che il canale Horeca abbia mai conosciuto nel passato.

La nostra indagine, però, ha fatto emergere in maniera chiara la volontà, il forte desiderio di questi due “mondi” di comunicare meglio tra loro, di trovare nuove sinergie, di evidenziare, soprattutto, il ruolo chiave che hanno ristorazione e vino anche nella diffusione di cultura nel nostro Paese.

Per queste ragioni questi due comparti non devono perdere questa occasione per costruire nuovi modelli di relazione capaci di dare quel sostegno reciproco che è alla base del successo di qualsiasi impresa.

Perché questa pandemia, questa crisi epocale ha evidenziato un aspetto che riteniamo sia ormai chiaro a tutti: nessuna impresa è in grado di difendersi da sola, nemmeno quella apparentemente più strutturata.

Gli stessi “egoismi” dei singoli comparti devono essere considerati anacronistici.

Oggi, pertanto, in quel tanto declamato “new normal”, dobbiamo per forza inserire anche un nuovo modello di economia dove finalmente i comparti, soprattutto quelli contigui tra di loro, operano in logiche comuni, attraverso strategie condivise.

Un sogno? Forse no se le parole di oggi di ristoratori e produttori di vino rimarranno bene impresse nella memoria anche domani.