“Una storia di fughe e rincorse, ma soprattutto, un cammino ricco di coincidenze”. Marina Orlandi Contucci racconta così il suo rapporto ancestrale con la cultura del vino, come un legame complesso, di amore e passione, di coraggio e di timore, sostenuto e incentivato da molte relazioni umane e professionali.
Titolare di Colle Manora dal 2001 insieme al marito Giorgio Schön (imprenditore e gentlemen driver), Marina ha sfruttato i suoi studi economici e le sue esperienze in ambito vitivinicolo per realizzare una profonda trasformazione in azienda, con l’impianto di nuovi vigneti ed il rinnovamento della struttura e della tecnologia della cantina.
Colle Manora è un’azienda che nasce nel cuore del Monferrato, in Piemonte, in un anfiteatro naturale i cui 21 ettari di vigna sono circondati da querce, ciliegi selvatici e prati. Colle Manora si estende su una superficie di 100 ettari, sul 45° parallelo (da sempre l’ubicazione migliore per la coltivazione della vite). Dei diversi cascinali che si trovano all’interno della proprietà e che battezzano alcune delle vigne, è l’antico casale dell’800 – Manora, che rappresenta l’azienda stessa.
La perfetta geometria dei vigneti e la loro “pulizia” raccontano la filosofia produttiva di Colle Manora: vitigni profondamente autoctoni e altri elegantemente internazionali, che rappresentano una vera e propria sintesi dei valori Made in Italy: Qualità, Eleganza, Passione.
Ci introduca al mondo di Colle Manora: cosa può raccontarci sulle origini dell’azienda e sul suo personale legame con i vini?
Colle Manora è entrata nella mia vita grazie all’incontro con Giorgio (Schön, ndr) ed ha una storia che potremmo definire romantica, se vogliamo. La sua genesi è profondamente collegata al mio vissuto precedente e alla mia storia familiare: infatti, sono arrivata a credere che l’agricoltura in senso lato, e il vino in seguito, fanno parte del mio DNA. Da sempre, le proprietà agricole hanno fatto parte della storia della mia famiglia d’origine. Quando cresci a contatto con il mondo agricolo e vitivinicolo, lo assorbi e impari tutto dall’esperienza che vivi, senza averne la consapevolezza.
Ciò nonostante, da giovane le mie scelte sugli studi universitari sono state fatte prescindendo da questo contesto.
Tuttavia, il filo che mi univa all’agricoltura e alla viticoltura ha lavorato sottotraccia, il mio primo marito si occupava della sua azienda agricola e, dopo, la società finanziaria per cui ho poi iniziato a lavorare a Milano (guarda caso!) possedeva un’azienda vitivinicola a Montalcino che ho seguito in quegli anni. Riflettendoci, c’erano tante coincidenze casuali… era come se il vino mi inseguisse.
Quindi possiamo dire che non sia stata tanto lei a scegliere il vino, quanto il vino a scegliere lei.
Esatto, è proprio questo che è divertente: io non cercavo il vino, ma è come se il vino mi stesse chiamando e, ad un certo punto, mi avesse inchiodato dicendomi: “Adesso ti tocca”.
In seguito alla morte di mia madre, ho iniziato ad occuparmi dell’azienda di famiglia e l’ho presa come responsabilità personale, scegliendo di lasciare il mio lavoro.
Fu l’incontro con Donato Lanati nel 1992 a dare una svolta alla mia vita; Donato mi aiutò a trasformare la proprietà, che fino ad allora conferiva le uve ad una Cantina Sociale, in una vera e propria azienda vitivinicola, costruendo il marchio e il mercato. In seguito, mi invitò ad un corso ad Alessandria dove conobbi Giorgio ed iniziò l’avventura di Colle Manora.
L’azienda era stata lasciata dagli eredi della precedente proprietà nelle mani di un amministratore, per sei anni, quasi abbandonata. E’ sopravvissuta grazie all’affetto ed alla dedizione di Valter Piccinino, che tutt’ora è il Responsabile di Cantina.
Colle Manora ha i suoi vitigni autoctoni (Barbera d’Asti, Barbera del Monferrato, Albarossa) e poi ha questo carattere internazionale unico dato dal Pinot Nero, il Merlot, il Cabernet Sauvignon, il Sauvignon Blanc, il Viognier e lo Chardonnay che furono anch’essi piantati negli anni ’80 dalla precedente proprietà. L’internazionalità di Colle Manora, tuttavia, non è necessariamente voluta: è un elemento di riflesso delle storie che hanno fatto l’azienda e che si sono intrecciate e tramandate. Io stessa ne sono un esempio: sono figlia di un diplomatico, sono cresciuta ed ho studiato all’estero, la mia prima lingua è il francese e tutti questi aspetti fanno parte di me e inevitabilmente si riversano in quello che faccio e quindi nel mosaico identitario di Colle Manora.
Ma Colle Manora è più di questo: più la conosco e più mi rendo conto che il suo “terroir” è il vero punto di forza dell’azienda. Abbiamo affinato la nostra impostazione agronomica e produttiva per esaltarne le potenzialità, preservare la sua integrità, per farlo esprimere nei vini che produciamo.
Possiamo dire che Colle Manora sia stata plasmata da diverse influenze, moda e motori fra tutte: come si integrano queste passioni parallele nella vostra azienda?
Le esperienze e le passioni della nostra famiglia si sono intrecciate per confluire nell’identità di Colle Manora; le abbiamo introdotte in azienda quasi involontariamente perché ognuno di noi ha portato una parte di sé nella propria attività.
La moda è l’impronta di Mila (Schön, ndr), che era più interessata al lato creativo ed estetico della tenuta. Non è mai stata direttamente coinvolta nella gestione di Colle Manora. Tuttavia, anche lei ha saputo imprimere parte della sua personalità nell’azienda e per noi è stato inevitabile dedicarle il vino Mila, che è uno Chardonnay e Viognier fermentato in legno. Alla maniera di uno Chablis che nonostante l’affinamento in legno rimane fresco ed elegante. Come era lei!
Per quanto riguarda i motori, si tratta di una passione che ci abbiamo in comune con Giorgio.
Il nostro stesso logo è stato inventato da Giorgio in un minuto, unendo la scocca rossa della 750 che abbiamo appesa in cantina ad un grappolo d’uva che rappresenta la nostra attività. La linea rossa rappresenta il profilo della macchina e compone il tralcio del grappolo.
Alla nostra passione per le macchine abbiamo dedicato anche il vino Rosso Barchetta da uve Cabernet Sauvignon e Merlot: un vino intenso, persistente e dal retrogusto complesso.
Queste passioni sono le nostre vite, che si legano ed intrecciano nel tessuto identitario di Colle Manora.
Che ruolo occupa l’accoglienza nel mondo di Colle Manora?
Mi piacerebbe che occupasse un posto importante. Ma, per dare una risposta più esaustiva, mi piacerebbe partire da una domanda: come mai c’è così poco passaggio di enoturisti nella zona del Monferrato? Non abbiamo nulla da invidiare alle Langhe o al Chianti classico, ma temo che manchi un’azione congiunta di promozione del nostro territorio. La comunicazione sta diventando sempre più importante per aprirsi ai consumatori e per incentivare l’enoturismo e per fare conoscere da vicino la realtà vitivinicola piemontese.
Stiamo preparando dei piccoli programmi per la primavera. Proporremo dei picnic tematici in vigna: la nostra struttura si presta molto bene a questo genere di eventi perché può ospitare più di 120 persone sedute. Abbiamo inoltre ristrutturato una cascina da cui sono nati due appartamenti adibiti a b&b, e nel futuro mi piacerebbe impostare un bosco didattico per coinvolgere più bambini nel nostro ecosistema.
Per il momento, attiriamo soprattutto appassionati di automobili. Ma succede per un passa parola, tra conoscenze. Mi piacerebbe fare di più per incrementare il movimento turistico sul nostro territorio. I nostri paesaggi sono splendidi ed incontaminati. Ciò che ho notato è che tutte le imprese, nel loro piccolo, fanno le loro attività di promozione, però ognuna lavora per sé. Credo che unendo le forze e facendoci aiutare da chi è competente riusciremo ad ottenere dei risultati eccellenti.
Marina, lei è un’imprenditrice, una manager e una Donna del Vino, ma soprattutto una figura peculiare del panorama vitivinicolo italiano: può parlarci delle sue esperienze di vita più significative e di come hanno influito sul suo lavoro a Colle Manora?
Ciò che posso dirvi è che gestire un’azienda vitivinicola (che, nell’immaginario collettivo, viene rappresentato come qualcosa di romantico e bucolico) è un’impresa molto più complessa ed articolata rispetto ad altre attività imprenditoriali.
Non si può prescindere dal proprio vissuto quando si vive un’impresa così intensamente: io, ad esempio, ho capito ben presto che non potevo fare a meno di applicare nella gestione aziendale i concetti che avevo appreso durante la vita.
Ho frequentato le scuole francesi dall’asilo fino all’Università, scegliendo un indirizzo misto classico ed economico. Successivamente mi sono spostata in Inghilterra per proseguire gli studi in ambito economico e storico, trasferendomi a Roma poco dopo e sono rimasta in Italia per poi lavorare in finanza e frequentare un master alla Bocconi.
Di fatto non ho mai frequentato corsi specifici di agraria o enologia ma solo corsi brevi di approfondimento: ho appreso tutto ciò che so sull’agricoltura crescendo in campagna a contatto con personaggi, a volte incredibili, che popolano le aziende vitivinicole, ognuna con il suo “sapere” e con i tecnici che, inevitabilmente, fanno parte delle attività aziendali.
Le aziende vitivinicole sono sistemi molto seri e impegnativi, che ragionano con concetti industriali e imprenditoriali, talvolta resi rigidi dalle normative stringenti ed adempimenti amministrativi complicati. Sono centri produttivi in cui si hanno settore primario, secondario e terziario (materia prima agricola, trasformazione della stessa e commercializzazione) in un unicum. Questo richiede una visione, una preparazione a 360° e la conoscenza del mercato, ma anche la consapevolezza che, dall’altra parte dello scenario, troviamo un cliente mediamente poco informato sul prodotto vino. Ci rivolgiamo ad un mercato complesso spesso poco educato al tema.
Bisognerebbe fare un lavoro di squadra per far capire al consumatore che il prezzo del vino non può essere inferiore al prezzo dell’acqua. Chi beve deve sapere che in un bicchiere di vino c’è un’azienda, degli investimenti importanti, ci sono dei processi produttivi lunghi, dei valori, una storia; sta a noi riuscire a comunicare tutto questo.