“L’ingegno ha molte forme ma sempre la stessa scintilla. Una pulsione che ti spinge a guardare oltre, a fare un passo in avanti e costruire – perché no – la tua idea del mondo”. Queste sono le parole di Vittorio Moretti, fondatore di Bellavista in Franciacorta, che spiegano chiaramente cosa ci sia alla base della nascita di una maison così famosa nel mondo: creatività, energia, gioia di vivere.
Oggi il testimone dell’azienda è passato alla figlia Francesca, che in questa intervista ci racconta cosa rappresenta per lei questo cambio generazionale, partendo proprio dal vino iconico dedicato al padre, la Riserva Vittorio Moretti, che quest’anno presenta la sua annata 2016.
Francesca, partiamo dalle parole di suo padre. Quale idea del mondo del vino trasmette e rappresenta questo vino icona di Bellavista?
La Riserva Vittorio Moretti rappresenta l’eccellenza del pensiero enologico di Bellavista. Una cuvée che racconta la gioia di vivere, la creatività e lo spirito coraggioso di mio padre. È la sua utopia che si fa vino, lui è stato un grande sognatore che ha reso concreti i suoi sogni. Un vino che nasce solo nelle annate di vendemmia eccezionali, prodotto esclusivamente con la prima spremitura. Le vigne più vecchie, i migliori suoli, le migliori esposizioni, i migliori frazionamenti di vendemmia. In cantina un passaggio in piccole botti di rovere bianco, il lungo “élevage” sui lieviti è nobilitato dall’utilizzo del tappo in sughero. “Remuage” manuale, così come la vestizione della bottiglia. Un percorso strettamente legato all’uomo e alla sua capacità di creare.
Questa Riserva è l’espressione del cuore della vostra azienda, della Franciacorta.
Può raccontarci cosa lega la vostra famiglia alla Franciacorta e perché è iniziata nel 1977 l’avventura imprenditoriale nel mondo del vino, nonostante Vittorio fosse già un affermato imprenditore in un altro settore?
Mio padre viene da una famiglia di costruttori, che operano fin dal 1400 in Franciacorta. Suo nonno paterno era costruttore, ed anche suo padre. L’amore per la terra, invece, l’ha ereditato dal nonno materno. Un amore profondo, i ricordi più belli della sua infanzia sono proprio legati alle estati nella campagna franciacortina, così da fargli decidere, “da grande” di fare agricoltura e di scoprirsi vignaiolo. La sua determinazione fa sì che l’intuizione prenda forma. Così nasce Bellavista. In principio si tratta di pochi ettari, una casa di famiglia e adiacente la cantina, con il desiderio di fare del buon vino da condividere con gli amici. Determinanti saranno i viaggi in Francia e la sua voglia di costruire un territorio, prima della cantina.
Con che aggettivo definirebbe l’annata 2016 della Vittorio Moretti? E perché?
Se devo sceglierne solo uno direi luminoso. Perché la luce, soprattutto quella bianca, è composta da tutti i colori dello spettro, è pura complessità. Una luce equilibrata, compiuta, energica, che rasenta la perfezione.

Nel 2021 c’è stato un cambio di guardia, avete salutato lo storico enologo Mattia Vezzola, ed il testimone è passato a lei con la consulenza di Richard Geoffroy. Cosa è cambiato – se qualcosa è cambiato – nelle scelte enologiche?
Le scelte enologiche cambiano ogni anno, sono strettamente legate alla vendemmia. Non cambia però lo stile, non cambia il metodo, non cambia la visione e la tensione verso l’eccellenza. Bellavista continua a fare ciò che ha sempre fatto: grande attenzione alla campagna, all’uomo, ai gesti, all’artigianalità e alla manualità. Ma noi siamo soprattutto degli osservatori, ogni annata è diversa e noi dobbiamo saperla interpretare alla luce del nostro territorio, senza mai dimenticare la nostra memoria.
Cosa sta imparando dallo “chef de cave”?
Da Richard sto imparando soprattutto a guidare la squadra di enologi ed agronomi, a costruire con loro il futuro di Bellavista, sto imparando ad ascoltare e portare nel bicchiere tutta la mia sensibilità. È un grande professionista, ma soprattutto un uomo di animo nobile e generoso.
Cosa significa prendere il testimone di un imprenditore importante come suo padre?
Significa custodire il suo sogno e non smettere di sognare. Significa condurre Bellavista nel futuro, e insegnare alla prossime generazioni a prendersene cura.
Cose le piace e non le piace in questo momento del mondo del vino?
Mi piace l’attenzione all’ambiente. Io sono un’ecologista da sempre, credo molto nella sostenibilità ambientale, umana, sociale e credo che dobbiamo impegnarci a fondo affinché non si abbassi mai la guardia, si continui a lavorare nella direzione del produrre vino con estrema attenzione a tutto ciò che ci circonda, rispettosi dei territori, delle persone e delle imprese.
Il mondo del vino potrebbe fare di più e meglio.