Il dopo fiera è l’occasione per riordinare le idee, dare forma alle sensazioni, capitalizzare ciò che si è maturato. Abbiamo ascoltato i protagonisti del vino sul loro percepito, abbiamo intervistato centinaia di persone e osservato molto.
Ringrazio il titolare di un’azienda che mi ha chiesto al termine della fiera: qual è l’errore che vedi più frequentemente nelle fiere?
Questa domanda è lo spunto per condividere, a partire dall’articolo di oggi, alcune considerazioni, che non hanno l’obiettivo di puntare il dito, ma al contrario quello di stimolare una reazione positiva e indurre a spendere sempre meglio il proprio tempo e i propri soldi in fiera.
Ci lamentiamo troppo
Il lamentarsi è uno stile italiano, un abito mentale che ci porta a vedere i problemi sempre al di fuori di noi: ci lamentiamo dello sciopero che non permette alle persone di raggiungere la fiera, della logistica, dell’Ente Fiera che non fa in modo che ci siano buyer per tutti, del padiglione che ci hanno assegnato, degli importatori che pensano solo al prezzo.
Non voglio negare che certi aspetti siano migliorabili, anzi, al contrario, certamente dietro ogni lamentela c’è un po’ di verità, ma mi chiedo, il più delle volte, a cosa serve esprimere sempre il proprio malcontento?
Siamo stati anche noi, come Wine Meridian, a stimolare commenti e riflessioni, anche chiedendovi cosa cambiereste della fiera, ma sta proprio qui il punto: una cosa è lamentarsi, un’altra è cercare opportunità e soluzioni di miglioramento.
Ed è proprio questo che abbiamo cercato di fare con il vostro aiuto, con le vostre osservazioni, con la vostra voce.
Va bene osservare ciò che è migliorabile, ma non è accettabile rimbalzare le proprie delusioni sugli altri.
C’è poi una lamentela che trovo ancor meno accettabile: quella riguardo il proprio ambiente di lavoro. Ho sentito troppi manager lamentarsi della propria azienda o dei propri titolari. Ecco, giudicherei questo atteggiamento inutile e controproducente: intanto credo che sia necessario molto rispetto per chi si fa carico di riconoscerci una fonte di reddito; siamo tutti liberi di cambiare azienda, mansioni, percorsi lavorativi. Allo stesso tempo, credo che criticare la propria azienda dall’interno abbia un potere negativo molto forte e molto pericoloso, in quanto agisce in modo nascosto e alimenta il malcontento di altri, danneggiando l’immagine aziendale e il clima di lavoro per tutti.
E se dedicassimo tempo ad ascoltare e ad approfondire?
Siamo troppo concentrati sul nostro segmento di lavoro, sul nostro business, sul nostro immediato raggio di azione e non ci preoccupiamo di approfondire, di analizzare, di ascoltare e di leggere criticamente le informazioni che ci arrivano. Ci manca lo sguardo di assieme, la logica sistemica, la lettura globale delle informazioni: e spesso ci manca la capacità di dare valore all’esperienza degli altri.
Ogni interlocutore può essere fonte di informazioni preziose; capire cosa cercano i buyer, piuttosto che voler vendere a tutti i costi; captare trend, intercettare tendenze; carpire suggerimenti. Il buyer non è soltanto colui che deve assaggiare il nostro vino, non è soltanto il tramite per mettere una bandierina in un altro Paese del globo: il buyer è portatore di conoscenza, di esperienza del mercato che rappresenta.
Impariamo a leggere le informazioni che ci raggiungono, sotto qualunque forma: l’opinione di un buyer, i dati di un mercato: facciamo analisi ponderate su tutti gli input che raccogliamo. Da questo punto di vista, la fiera è davvero un’occasione unica e irripetibile.
Riflettiamoci! Abbiamo parecchi mesi per pensarci e per prepararci alla prossima fiera con un atteggiamento più propositivo, attento e flessibile.