“Un tempo il Made in Italy era una potente strategia di marketing in grado di attirare i consumatori ad acquistare prodotti italiani. Era un simbolo di qualità, creatività e autenticità. Per decenni, il Made in Italy è stato il segno distintivo della moda, del design, del cibo e dell’artigianato italiani. Ma i tempi sono cambiati, il Made in Italy ha perso il suo fascino e non funziona più come una volta”.

Affermazioni decise e in controtendenza quelle di Marco Baldocchi, professore e direttore della ricerca di Neuromarketing all’associazione italiana delle Neuroscienze applicate, esperto e autore per Hoepli di “Neurofood”. Soprattutto in un momento storico in cui in Italia non si fa che parlare di sovranità alimentare e del Made in Italy come brand da proteggere.

Come mai arriva a dire che “il Made in Italy nel marketing è morto” ?

La sazietà semantica è un fenomeno psicologico che si verifica quando una parola o una frase viene ripetuta così tante volte da perdere il suo significato e il suo impatto.
Made in Italy ne è un esempio perfetto.
La frase è stata abusata nel marketing, nella pubblicità e nel branding. È diventata un’etichetta generica che non differenzia più i prodotti italiani da altri prodotti.

Ma lei arriva a dire che addirittura c’è un’inversione di percezione sul brand Made in Italy…

Si, secondo recenti ricerche il “Made in Italy” è stato associato ad alcune connotazioni negative, come lo sfruttamento, la contraffazione e la manodopera a basso costo. I consumatori sono ora scettici sull’autenticità e la qualità dei prodotti “Made in Italy” e chiedono maggiore trasparenza, sostenibilità e produzione etica.

I consumatori, soprattutto negli Stati Uniti, non sono più impressionati dal “Made in Italy”, che non distingue più i prodotti dalla concorrenza. In breve, la frase “Made in Italy” è morta.

Ci spiega meglio come è nato il concetto di “sazietà semantica”?

Nel 1962, un brillante professore di psicologia di nome Leon James, del College of Social Sciences dell’Università delle Hawaii, ideò un termine che avrebbe rivoluzionato il nostro modo di pensare al linguaggio. James lo chiamò “sazietà semantica” e, nella sua tesi di dottorato alla McGill University, condusse diversi esperimenti per esplorare l’effetto di questo concetto sulla mente umana.

Secondo James, la “sazietà semantica” è una sorta di stanchezza che si manifesta quando una cellula cerebrale si attiva ripetutamente. Quando la stessa parola viene ripetuta più volte, il suo significato continua a essere reiterato fino a quando diventa refrattario, ovvero più resistente a essere sollecitato. James riteneva che qualsiasi parola potesse essere preda della “sazietà semantica”, ma il tempo necessario perché una parola perda il suo significato può variare. Per esempio, le parole che evocano forti emozioni, come esplosione, possono sembrare prive dell’effetto di “sazietà” perché il cervello si concentra su altre associazioni con la parola, rendendola meno suscettibile di causare disorientamento.

Quindi si tratta di studiare nuove associazioni mentali?

In un certo senso si. Quando lo stimolo viene riproposto più volte, si diventa più resistenti ad esso, il che può portare a una mancanza di reattività. James ha condotto un primo studio che presentava un suono a un gatto addormentato. Il gatto si svegliava immediatamente al suono. Tuttavia, quando il tono veniva riprodotto ripetutamente, il gatto impiegava ogni volta un po’ più di tempo per svegliarsi, finché alla fine continuava a dormire. Tuttavia, quando il tono veniva leggermente variato, il gatto si svegliava immediatamente. Questo dimostra come il cervello possa adattarsi agli stimoli e come stimoli diversi possano indurre il cervello a prestare attenzione e a reagire in modi nuovi.

Mi sembra di capire quindi che forse più che “il Made in Italy è morto” è il caso di dire che bisogna attualizzare il Made in Italy come concetto per risvegliare l’interesse dei consumatori?

Esatto. Per superare il declino del “Made in Italy”, le aziende italiane devono adottare nuove strategie di marketing in grado di attrarre i consumatori moderni. Devono concentrarsi su innovazione, sostenibilità, esperienza del cliente e soprattutto sulla sua percezione. Devono abbracciare le nuove tecnologie, come le neuroscienze applicate al branding e al marketing.

Innanzitutto, devono capire che oggi i consumatori cercano qualcosa di più di una semplice etichetta. Vogliono prodotti che soddisfino le loro esigenze e forniscano benefici tangibili. Pertanto, i responsabili del marketing dovrebbero concentrarsi sull’evidenziare le caratteristiche e i vantaggi dei loro prodotti piuttosto che affidarsi esclusivamente all’etichetta “Made in Italy”.

Cosa suggerisce?

Gli esperti di marketing dovrebbero considerare la possibilità di utilizzare le intuizioni delle neuroscienze per comprendere meglio i bisogni e i desideri inconsci dei consumatori. Le neuroscienze possono aiutare gli esperti di marketing a sfruttare i fattori emotivi e psicologici che guidano il comportamento dei consumatori. Comprendendo questi fattori si possono creare prodotti e messaggi che risuonano con i consumatori a un livello più profondo e creare campagne di marketing più efficaci.