L’enoturismo sta assumendo un ruolo propulsivo per le cantine italiane: la progettazione dell’esperienza, l’allestimento della struttura, l’individuazione e la formazione delle risorse dedicate all’accoglienza, la gestione della vendita diretta in azienda, sono temi che ormai entrano nella formulazione dei piani strategici della maggior parte delle nostre cantine.

Per quanto riguarda la ricerca della clientela da accogliere in azienda, ci sono cantine che si affidano esclusivamente al proprio sito aziendale, cantine che si affidano a tour operator e cantine che individuano gestori di piattaforme di prenotazione, in grado di convogliare in azienda flussi interessanti di visitatori.

Abbiamo intervistato Nicholas Manfredini, che dirige Winalist, una piattaforma in 11 lingue, che convoglia enoturisti di tutto il mondo verso 1000 cantine di 4 Paesi, Italia, Spagna, Francia e Portogallo.
Winalist è nata nel 2017, ha la propria sede nello Champagne, e uffici in ognuno dei Paesi in cui opera.

Nicholas, come è nata l’idea che ha dato vita a Winalist?

Dopo alcune esperienze all’estero sono tornato in Francia e mi sono reso conto che anche per me, francese e naturalmente francofono, non era affatto semplice scegliere l’esperienza enoturistica che avevo in mente, nel mare delle proposte disponibili. Ho voluto quindi creare una piattaforma che selezionasse le migliori esperienze di un territorio, le descrivesse in modo trasparente e le rendesse disponibili per il pubblico degli eno-appassionati.

Nicholas, ci sono dei criteri oggettivi sulla base dei quali selezionate le cantine con cui lavorare?

I nostri parametri di selezione sono numerosi e, a seconda della circostanza, hanno maggiore o minore peso: il tipo di esperienza offerta, l’originalità dell’azienda, il prestigio della location, l’unicità del territorio, la qualità dei vini, la ricchezza delle esperienze offerte, sono tutti elementi che entrano nella scelta. In una parola, selezioniamo cantine che valga la pena visitare, ma può trattarsi ad esempio di esperienze che hanno budget molto diversi tra di loro, dall’entry level alla VIP experience.

Quante risorse lavorano nella selezione e nell’assistenza delle cantine che lavorano con voi?

Abbiamo un team di circa 10 persone che si specializzano in host relationship, supportando i nostri clienti nell’andare on line, nell’utilizzare la piattaforma nel modo corretto, nella selezione del materiale fotografico. In termini generali riscontriamo che le aziende italiane sono più avanti delle altre: ad esempio la qualità delle fotografie che le cantine italiane forniscono è molto elevata, la capacità di offrire un lodging si sta sviluppando sempre di più e questo aumenta l’interesse dei turisti.

A vostro avviso quali sono invece gli aspetti sui quali le cantine italiane potrebbero lavorare meglio?

Le cantine soffrono spesso di un problema di risorse, soprattutto al crescere della propria attività enoturistica: quello della dotazione organizzativa e della formazione delle risorse è molto sentito anche in Italia. Inoltre molte cantine, anche interessanti, sono penalizzate per la loro scarsa propensione digitale: le cantine sono poco online e questo taglia fuori tutta una tipologia di consumatori, in quanto senza un’opportuna comunicazione diventa difficile vendere un’experience, anche quando sia praticamente unica nel suo genere.

Come supportate le cantine che soffrono di questi problemi per così dire culturali?

Abbiamo sviluppato della modulistica-tipo, molto semplice da utilizzare, attraverso la quale le cantine possono agevolmente offrire le informazioni che le riguardano; abbiamo creato un supporto molto semplice, per andare incontro anche alle aziende che non hanno familiarità con il digitale.

Come funziona il rapporto con le cantine?

Pratichiamo una collaborazione basata su una fee, che matura soltanto se procuriamo visitatori all’azienda: abbiamo scelto una modalità di pagamento anticipato da parte della clientela delle cantine, che riduce sensibilmente le possibilità dei “no-show”.

Nei progetti futuri di Winalist c’è sicuramente lo sviluppo internazionale, in primo luogo attraverso l’espansione in altri Paesi Europei, poi aprendosi a mercati oltre-oceano come gli Stati Uniti o il Sud America.